Bancarotta fraudolenta: il giudice non può presumere la distrazione del patrimonio sociale dalle irregolarità nella tenuta delle scritture contabili omettendo di valutare le prove offerte a discarico.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n.14636/2019 (depositata il 03.04.2019) in materia di bancarotta fraudolenta, con la quale la Suprema Corte ha definito l’estensione dell’obbligo di motivazione gravante sul giudice di merito in ordine prova della distrazione del patrimonio della società fallita, nel caso di specie presunta da irregolarità rilevate nelle scritture contabili.

Nel merito della vicenda processuale, la Corte di appello di Roma, confermando la sentenza del locale Tribunale, riteneva i due imputati responsabili del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, quale socio accomandatario, l’uno, e quale amministratore di fatto, l’altro, di una s.a.s., dichiarata nel 2006.

La penale responsabilità degli imputati veniva affermata per aver distratto i beni strumentali della società, per non aver tenuto il libro giornale, il libro degli inventari e il libro mastro e per non aver aggiornato il registro dei beni ammortizzabili omettendo di annotarvi i beni strumentali.

Contro la sentenza di secondo grado ricorrevano per cassazione gli imputati denunciando, tra l’altro, violazione di legge e vizio di motivazione in punto di valutazione del materiale probatorio come operata dalla Corte territoriale, nonché vizio di legittimità sulla ritenuta sussistenza  dell’elemento soggettivo del delitto in contestazione.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso per le ragioni in diritto di seguito sommariamente riportate estratte dal tessuto motivazionale della sentenza in commento:

“… è vero altresì che la motivazione della sentenza impugnata si riduceva sostanzialmente nel ribadire che i beni strumentali non erano stati ritrovati dalla curatela; asserzione, questa, che all’evidenza non si confrontava con rilievi difensivi che attenevano per un verso al differente profilo dell’effettiva acquisizione dei beni da parte della fallita, e per altro alla possibilità che la mancanza di determinati beni dipendesse non da alienazioni non contabilizzate, ma da riapprensioni ad opera delle società fornitrici. Per questo aspetto, la motivazione della sentenza impugnata è dunque viziata da omessa motivazione su questioni decisive ai fini dell’affermazione di responsabilità per il reato in esame. 

(…) La motivazione della sentenza impugnata era invero incentrata in proposito sulla considerazione per la quale le irregolarità contabili erano finalizzate ad occultare l’effettiva destinazione dei beni strumentali non rinvenuti, tenuto conto della concomitanza delle stesse con la contestata distrazione di tali beni. A questo punto, però, il rilevato difetto motivazionale sulla prova di detta distrazione si riverbera inevitabilmente sull’argomentazione della Corte territoriale in ordine alla finalizzazione delle irregolarità al pregiudizio per i creditori nell’occultamento di parte del patrimonio della fallita. Anche per questo aspetto, dunque, la motivazione della sentenza impugnata si rivela carente”.

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Riferimenti normativi

Art. 216 R.D. n. 267/1942. Bancarotta fraudolenta.

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di bancarotta fraudolenta c.d. patrimoniale:

Cassazione penale, sez. V, 01/02/2019, n. 8431

Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga altra dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale.

Cassazione penale, sez. V, 23/10/2018, n. 57125

In tema di misure di prevenzione patrimoniali, la nozione di “traffici delittuosi”, di cui all’art. 1 lett. a), d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159 , ricomprende non solo attività delittuose riferite alle ipotesi di commercio illecito di determinati beni materiali (ad esempio armi, stupefacenti, banconote contraffatte ecc.), ma anche condotte “latu sensu” negoziali dalle quali sia derivato un provento illecito, o ancora condotte che non sono delittuose in relazione all’oggetto della negoziazione ma lo diventano per l’intrinseca illiceità della causa negoziale che ha determinato la condotta stessa. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretto il giudizio di pericolosità del ricorrente espresso dai giudici di merito, in relazione ad una serie di operazioni contabili e negoziali fraudolente commesse all’interno delle società riconducibili all’imputato, finalizzate alla consumazione di reati di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta).

Cassazione penale, sez. V, 26/09/2018, n. 54490

In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.

 Cassazione penale, sez. V, 10/07/2018, n. 42591

Ai fini della configurabilità, in capo al socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo dichiarata fallita, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni del suo patrimonio personale è necessario che il fallimento sia stato esteso nei suoi confronti ai sensi dell’ art. 147 legge fall ..

Cassazione penale, sez. V, 05/07/2018 , n. 49499

Un comportamento postumo del terzo extraneus non è idoneo a configurare la fattispecie del concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’ intraneus , dovendo la condotta del terzo essere anteriore o comunque concomitante a quella distrattiva dell’imprenditore fallito (o dell’amministratore della società fallita).

Cassazione penale, sez. V, 19/06/2018 , n. 42568

In tema di reati fallimentari, le rettifiche contabili attuate ai sensi della legge 27 dicembre 2002, n. 289 in materia di condono, anche se effettuate per manipolare le scritture contabili, rendere più difficile l’attività ricostruttiva degli organi fallimentari e nascondere le attività distrattive poste in essere, non possono integrare di per sé una condotta di bancarotta per distrazione, se ad esse non segue un effettivo depauperamento delle garanzie patrimoniali per i creditori.

Cassazione penale, sez. V, 15/06/2018 , n. 49489

Integra gli elementi costitutivi della bancarotta fraudolenta per distrazione la stipula, in epoca precedente la dichiarazione di fallimento, di un contratto di locazione di beni aziendali dell’impresa fallita senza che i relativi canoni siano versati nelle casse aziendali.

Cassazione penale, sez. V, 05/06/2018 , n. 30105

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell’”an”, non è determinato anche nel “quantum”. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non è giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore).

Cassazione penale, sez. V, 30/05/2018 , n. 53399

Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è escluso dal fatto che i beni distratti siano pervenuti alla società, poi dichiarata fallita, con sistemi illeciti (nella specie mediante truffe), atteso che il patrimonio di una società deve ritenersi costituito anche dal prodotto di attività illecite realizzate dagli amministratori in nome e per conto della medesima, ed altresì che i beni provenienti da reato, fino a quando non siano individuati e separati dagli altri facenti parte di un determinato patrimonio, non possono considerarsi ad esso estranei.

Cassazione penale, sez. V, 14/05/2018 , n. 34464

Integra il reato di bancarotta fraudolentapatrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale; nè assume rilievo, al riguardo, il dettato dell’ art. 2560, comma 2, cod. civ. in ordine alla responsabilità dell’acquirente rispetto ai pregressi debiti dell’azienda, costituendo tale garanzia un “post factum” della già consumata distrazione.

Cassazione penale, sez. V, 13/09/2017, n. 44901

Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, e non già il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (di cui all’art. 388, comma terzo, cod. pen.), la condotta di occultamento di un bene sottoposto a sequestro giudiziario da parte di soggetto fallito.

Cassazione penale, sez. V, 19/07/2017, n. 49507

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la condotta di occultamento, distrazione o sottrazione di beni del patrimonio sociale non può essere costituita da un mero dato contabile, contenuto in una rettifica del valore del bene iscritto in bilancio, in assenza di prova del dato fisico della mancanza dei beni.

Cassazione penale, sez. V, 23/06/2017, n. 38396

La fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale è reato di pericolo concreto, sicché, per il suo perfezionamento, è esclusa la necessità di un nesso causale tra i fatti di bancarotta ed il successivo fallimento, laddove i fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa ancora non versava in condizioni di insolvenza. In quanto reato di pericolo concreto è comunque necessario che il fatto di bancarotta abbia determinato un effettivo depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la integrità del patrimonio dell’impresa, da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori.

Cassazione penale, sez. V, 30/05/2017, n. 34836

La condotta di omesso versamento di contributi previdenziali, non incidendo direttamente sulla consistenza patrimoniale dell’impresa, non configura il reato di bancarotta fraudolenta per dissipazione, che si realizza in presenza di operazioni incoerenti con le esigenze dell’impresa, tali da ridurne il patrimonio.

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