Sicurezza sul lavoro: la Cassazione fa il punto sull’operatività della causa di estinzione del reato per oblazione prevista al D.Lgs n. 758 del 1994.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n.15122/2019 in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e violazione delle norme penali di natura contravvenzionale.
La vicenda processuale.
Il Procuratore della Repubblica di Asti ricorreva per cassazione contro la sentenza del locale Tribunale di esito assolutorio per l’imputato tratto a giudizio per i reati di cui agli artt. 97 comma 3 lett. a), 159 comma 2 lett. c) del d.lvo n. 81 del 2008 (capo a) e artt. 163 comma 1 e 165 comma 1 lett. a) del D.Lgs. n. 81 del 2008 (capo b), chiedendone l’annullamento e deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge in relazione all’erronea applicazione 2 del d.lgs n. 758 del 1994.
Argomentava il Procuratore che il Giudice di prime cure avrebbe erroneamente assolto l’imputato confondendo i due profili: quello della verifica della sussistenza del fatto di reato e quello dell’operatività della causa di estinzione, per effetto dell’adempimento delle prescrizioni e pagamento della sanzione amministrativa, che presuppone l’accertamento del reato.
Ha sostenuto il PG nell’impugnazione di legittimità che Il Tribunale avrebbe assolto l’imputato in conseguenza di un comportamento successivo all’accertamento delle violazioni che rileverebbe ai fini dell’applicazione della causa di estinzione del reato – oblazione – ma non per la declaratoria di assoluzione.
La decisione della cassazione ed il principio di diritto.
Il ricorso è stato accolto dalla Suprema Corte per le ragioni riportate nella parte motiva della sentenza di seguito riportate per la parte di interesse:
“Come osservato dal ricorrente, il Giudice ha confuso i due profili, quello della sussistenza del reato e quello, necessariamente successivo, della sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 24 del d.lgs n. 758 del 1994, causa di estinzione del reato che presuppone l’accertamento della sussistenza del reato in tutti i suoi elementi oggettivo e soggettivo. All’esito della verifica della sussistenza del reato, il Giudice deve verificare l’operatività della speciale causa di estinzione di cui al citato art. 24 e procedere secondo il disposto normativo, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità e del giudice delle leggi.
Giova ricordare che il procedimento di estinzione delle contravvenzioni, come disciplinato dal d.lgs n.758 del 1994, prevede una articolata disciplina. Secondo quanto stabilito dall’art. 20 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (intitolato “Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro”), nel caso in cui l’organo di vigilanza abbia accertato la commissione di un reato in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, esso impartisce al contravventore, allo scopo di eliminare la contravvenzione, un’apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario (comma 1); prescrizione con la quale l’organo può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro (comma 3). A mente dell’art. 21, rubricato “verifica dell’adempimento”, del d.lgs. n. 758 del 1994, entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione (comma 1). E quando risulta l’adempimento alla prescrizione, l’organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione accertata. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’organo di vigilanza comunica al Pubblico ministero l’adempimento alla prescrizione nonché l’eventuale pagamento della predetta somma (comma 2) quando, invece, risulta l’inadempimento alla prescrizione, l’organo di vigilanza ne dà comunicazione al Pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione (comma 3). Ai sensi del successivo art. 23, rubricato “sospensione del procedimento penale”, il procedimento penale per la contravvenzione è sospeso dal momento dell’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen., fino al momento in cui il Pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all’art. 21, commi 2 e 3. Infine, secondo il disposto di cui all’art. 24, rubricato “estinzione del reato”, se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall’art. 21, comma 2, la contravvenzione si estingue e il Pubblico ministero richiede l’archiviazione della notitia criminis.
Peraltro, in tema di sicurezza ed igiene del lavoro, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 19 e ss. d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 (Corte cost. n. 19 del 1998), l’organo di vigilanza deve ammettere il contravventore al pagamento della sanzione amministrativa, con effetto estintivo del reato contravvenzionale, anche in caso di tempestiva eliminazione delle sue conseguenze dannose o pericolose con modalità diverse da quelle stabilite nella prescrizione di regolarizzazione, situazione che, sempre secondo la corte di legittimità, esclude che la violazione di tale obbligo da parte dell’autorità di vigilanza sia causa di improcedibilità dell’azione penale, potendo l’imputato estinguere il reato mediante oblazione in sede giudiziaria ai sensi dell’art. 24, comma 3, d.lgs. citato (Sez. 3, n. 3671 del 30/11/2017, Vallone, Rv. 272454 – 01). Nel caso in esame, il Giudice ha dato atto che, sebbene dal verbale di rivisita risultava che l’organo di vigilanza aveva rilevato che la regolarizzazione era avvenuta oltre i termini e in modo da ritenersi non congruo, ha ritenuto le motivazioni non convincenti e, sulla scorta, di ciò ha assolto l’imputato per non aver commesso il fatto. Il giudizio di non congruità della regolarizzazione espresso dall’organo di vigilanza, è stato sindacato dal Giudice che, tuttavia, ne ha tratto una conclusione errata in diritto. Non l’assoluzione dell’imputato doveva seguire, bensì l’ammissione dell’imputato a fruire del meccanismo di estinzione del reato attraverso l’accesso all’oblazione in via giudiziale ai sensi dell’art 24, comma 3, d.lgs. 758/1994”.
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Arresti giurisprudenziali richiamati nella sentenza in commento:
Cassazione penale, sez. III, 30/11/2017 , n. 3671
Un’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 19 ss. d.lg. 19 dicembre 1994, n. 758 , conduce a ritenere che l’organo di vigilanza debba ammettere il contravventore al pagamento della sanzione amministrativa, con effetto estintivo del reato contravvenzionale, anche in caso di tempestiva eliminazione delle sue conseguenze dannose o pericolose con modalità diverse da quelle stabilite nella prescrizione di regolarizzazione .
Corte Costituzionale, 18/02/1998 , n. 19
Non sono fondate, con riferimento all’art. 3 cost., le q.l.c. dell’art. 24 comma 1 d.lg. 19 dicembre 1994 n. 758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro) – nella parte in cui non prevede che possano essere ammessi alla definizione in via amministrativa con conseguente dichiarazione di estinzione del reato coloro i quali abbiano regolarizzato la violazione prima che l’autorità di vigilanza abbia impartito la prescrizione, o abbiano regolarizzato la violazione nonostante l’organo di vigilanza abbia omesso di impartire la prescrizione, ovvero l’abbia impartita senza osservare le forme legislativamente richieste.
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