La prova della consumazione del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale non discende automaticamente dai dati ricavabili dalle scritture contabili.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n. 15789/2019, depositata il 10.04.2019, in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, con particolare riferimento all’onere di motivazione che incombe sul giudice di merito circa la prova della contestata distrazione.
L’imputazione e lo svolgimento del processo di merito
La Corte di appello di Messina confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva dichiarato l’imputato responsabile, quale amministratore unico di una s.r.l. dichiarata fallita nel 2009, del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per aver distratto la cassa della società per un ammontare pari ad euro 49.859, corrispondenti alla differenza tra la somma risultante dalla situazione patrimoniale della società alla data del fallimento e la somma rinvenuta dal curatore) condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
Il giudizio di cassazione e il principio di diritto
Avverso l’indicata sentenza interponeva ricorso per cassazione la difesa del giudicabile, articolando due motivi di ricorso inerenti l’errata valutazione del compendio probatorio agli atti ritenuto insufficiente a fondare il giudizio di penale responsabilità con correlativo vizio di motivazione.
La Suprema corte ha accolto il ricorso, disponendo, per l’effetto, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Di seguito si riporta il passaggio della motivazione di maggiore interesse per gli operatori di diritto:
“Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti, posto che la responsabilità dell’imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante ex art. 87 I. fall. sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a carico dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato (Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015 – dep. 2016, Aucello, Rv. 267710; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 11095 del 13/02/2014, Ghirardelli, Rv. 262740). Il principio di diritto richiamato (e valorizzato anche dalla sentenza impugnata) presuppone comunque, alla luce di un indirizzo del pari indiscusso nella giurisprudenza di questa Corte, l’accertamento, indipendentemente da qualsiasi presunzione, della previa disponibilità, in capo alla società fallita, dei beni non rinvenuti (…) in altri termini, l’accertamento della previa disponibilità da parte dell’imputato dei beni non rinvenuti in seno all’impresa non può fondarsi sulla presunzione di attendibilità dei libri e delle scritture contabili dell’impresa prevista dall’art. 2710 cod. civ., dovendo invece le risultanze desumibili da questi atti essere valutate – soprattutto quando la loro corrispondenza al vero sia negata dall’imprenditore – nella loro intrinseca attendibilità, anche alla luce della documentazione reperita e delle prove concretamente esperibili, al fine di accertare la loro corrispondenza al reale andamento degli affari e delle dinamiche aziendali (Sez. 5, n. 52219 del 30/10/2014, Ragosa, Rv. 262197; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 55805 del 03/10/2018, Barattelli, Rv. 274621).
La Corte di appello non ha fatto buon governo dei princìpi di diritto richiamati e, in particolare, ha affidato la prova della previa, effettiva disponibilità, in capo alla fallita, delle somme oggetto dell’imputazione di bancarotta per distrazione al dato contabile, la cui attendibilità, tuttavia, era stata oggetto di censure da parte dell’appellante alle quali la sentenza impugnata non ha replicato con motivazione esente dai vizi denunciati”.
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Riferimenti normativi
Art. 216 R.D. n. 267/1942. Bancarotta fraudolenta.
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
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Arresti giurisprudenziali citati in sentenza:
Cassazione penale, sez. V , 03/10/2018 , n. 55805
In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento della precedente disponibilità da parte dell’imputato dei beni non rinvenuti in seno all’impresa non può fondarsi sulla presunzione di attendibilità dei libri e delle scritture contabili prevista dall’ art. 2710 cod. civ. , dovendo invece le risultanze desumibili da questi atti essere valutate – anche nel silenzio del fallito – nella loro intrinseca attendibilità, sicchè il giudice dovrà congruamente motivare ove l’attendibilità della scrittura contabile non sia apprezzabile per l’intrinseco dato oggettivo.
Cassazione penale, sez. V , 22/09/2015 , n. 8260
In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti.
Cassazione penale, sez. V , 30/10/2014 , n. 52219
In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento della previa disponibilità da parte dell’imputato dei beni non rinvenuti in seno all’impresa non può fondarsi sulla presunzione di attendibilità dei libri e delle scritture contabili dell’impresa prevista dall’art. 2710 cod. civ., dovendo invece le risultanze desumibili da questi atti essere valutate – soprattutto quando la loro corrispondenza al vero sia negata dall’imprenditore – nella loro intrinseca attendibilità, anche alla luce della documentazione reperita e delle prove concretamente esperibili, al fine di accertare la loro corrispondenza al reale andamento degli affari e delle dinamiche aziendali.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di bancarotta fraudolenta c.d. patrimoniale:
Cassazione penale, sez. V, 01/02/2019, n. 8431
Il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga altra dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale.
Cassazione penale, sez. V, 23/10/2018, n. 57125
In tema di misure di prevenzione patrimoniali, la nozione di “traffici delittuosi”, di cui all’art. 1 lett. a), d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159 , ricomprende non solo attività delittuose riferite alle ipotesi di commercio illecito di determinati beni materiali (ad esempio armi, stupefacenti, banconote contraffatte ecc.), ma anche condotte “latu sensu” negoziali dalle quali sia derivato un provento illecito, o ancora condotte che non sono delittuose in relazione all’oggetto della negoziazione ma lo diventano per l’intrinseca illiceità della causa negoziale che ha determinato la condotta stessa. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretto il giudizio di pericolosità del ricorrente espresso dai giudici di merito, in relazione ad una serie di operazioni contabili e negoziali fraudolente commesse all’interno delle società riconducibili all’imputato, finalizzate alla consumazione di reati di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta).
Cassazione penale, sez. V, 26/09/2018, n. 54490
In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.
Cassazione penale, sez. V, 10/07/2018, n. 42591
Ai fini della configurabilità, in capo al socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo dichiarata fallita, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni del suo patrimonio personale è necessario che il fallimento sia stato esteso nei suoi confronti ai sensi dell’ art. 147 legge fall ..
Cassazione penale, sez. V, 05/07/2018 , n. 49499
Un comportamento postumo del terzo extraneus non è idoneo a configurare la fattispecie del concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’ intraneus , dovendo la condotta del terzo essere anteriore o comunque concomitante a quella distrattiva dell’imprenditore fallito (o dell’amministratore della società fallita).
Cassazione penale, sez. V, 19/06/2018 , n. 42568
In tema di reati fallimentari, le rettifiche contabili attuate ai sensi della legge 27 dicembre 2002, n. 289 in materia di condono, anche se effettuate per manipolare le scritture contabili, rendere più difficile l’attività ricostruttiva degli organi fallimentari e nascondere le attività distrattive poste in essere, non possono integrare di per sé una condotta di bancarotta per distrazione, se ad esse non segue un effettivo depauperamento delle garanzie patrimoniali per i creditori.
Cassazione penale, sez. V, 15/06/2018 , n. 49489
Integra gli elementi costitutivi della bancarotta fraudolenta per distrazione la stipula, in epoca precedente la dichiarazione di fallimento, di un contratto di locazione di beni aziendali dell’impresa fallita senza che i relativi canoni siano versati nelle casse aziendali.
Cassazione penale, sez. V, 05/06/2018 , n. 30105
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell’”an”, non è determinato anche nel “quantum”. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non è giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore).
Cassazione penale, sez. V, 30/05/2018 , n. 53399
Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è escluso dal fatto che i beni distratti siano pervenuti alla società, poi dichiarata fallita, con sistemi illeciti (nella specie mediante truffe), atteso che il patrimonio di una società deve ritenersi costituito anche dal prodotto di attività illecite realizzate dagli amministratori in nome e per conto della medesima, ed altresì che i beni provenienti da reato, fino a quando non siano individuati e separati dagli altri facenti parte di un determinato patrimonio, non possono considerarsi ad esso estranei.
Cassazione penale, sez. V, 14/05/2018 , n. 34464
Integra il reato di bancarotta fraudolentapatrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale; nè assume rilievo, al riguardo, il dettato dell’ art. 2560, comma 2, cod. civ. in ordine alla responsabilità dell’acquirente rispetto ai pregressi debiti dell’azienda, costituendo tale garanzia un “post factum” della già consumata distrazione.
Cassazione penale, sez. V, 13/09/2017, n. 44901
Integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, e non già il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (di cui all’art. 388, comma terzo, cod. pen.), la condotta di occultamento di un bene sottoposto a sequestro giudiziario da parte di soggetto fallito.
Cassazione penale, sez. V, 19/07/2017, n. 49507
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la condotta di occultamento, distrazione o sottrazione di beni del patrimonio sociale non può essere costituita da un mero dato contabile, contenuto in una rettifica del valore del bene iscritto in bilancio, in assenza di prova del dato fisico della mancanza dei beni.
Cassazione penale, sez. V, 23/06/2017, n. 38396
La fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale è reato di pericolo concreto, sicché, per il suo perfezionamento, è esclusa la necessità di un nesso causale tra i fatti di bancarotta ed il successivo fallimento, laddove i fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa ancora non versava in condizioni di insolvenza. In quanto reato di pericolo concreto è comunque necessario che il fatto di bancarotta abbia determinato un effettivo depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la integrità del patrimonio dell’impresa, da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori.
Cassazione penale, sez. V, 30/05/2017, n. 34836
La condotta di omesso versamento di contributi previdenziali, non incidendo direttamente sulla consistenza patrimoniale dell’impresa, non configura il reato di bancarotta fraudolenta per dissipazione, che si realizza in presenza di operazioni incoerenti con le esigenze dell’impresa, tali da ridurne il patrimonio.
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