Reati fiscali e decreto di sequestro probatorio: deve essere annullata l’ordinanza del Tribunale della Libertà che rigetta il riesame senza la trasmissione del fascicolo del PM.

Si segnala ai lettori del blogla sentenza di legittimità n.17084/2019, depositata il 18 aprile 2019, in materia di reati tributari e mezzi di ricerca della prova, con la quale Suprema Corte ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame, che confermava il sequestro probatorio disposto dal PM in danno dell’indagato, nell’ambito delle indagini per il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, adducendo l’impossibilità materiale per il Collegio cautelare di giudicare in ordine al fumuscommissi delicti del reato per la mancata trasmissione degli atti di indagine da parte dell’Autorità procedente.

Il giudizio di riesame della misura cautelare.

Il Tribunale cautelare di Catanzaro, pronunciando in sede di riesame, confermava il provvedimento di sequestro probatorio emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lamezia Terme avente ad oggetto documentazione cartacea e dati prelevati da supporti informatici nello studio professionale dell’indagato, in relazione al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di occultamento o distruzione di documenti contabili e di compensazione di crediti inesistenti al fine di evadere le imposte, commessi anche nell’interesse di una società di capitali, legalmente rappresentata dalla medesima persona sottoposta ad indagine.

La decisione della Suprema Corte ed il principio di diritto.

Contro la decisione del Tribunale calabrese interponeva ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p. la difesa dell’indagato lamentando la mancanza di motivazione – stigmatizzata come meramente apparente – in ordine al fumus commissi delicti, nella pronuncia con la quale il Tribunale della Libertà aveva rigettato l’impugnazione di merito considerato che al Collegio del Riesame non erano mai stati trasmessi gli atti posti a fondamento del decreto di perquisizione e sequestro.

La Suprema Corte ha accoglie il ricorso e annulla con rinvio l’ordinanza impugnata per i motivi di seguito riportati.

Nella vicenda in esame, il Tribunale ha confermato il sequestro, effettuato all’esito di perquisizione nello studio del ricorrente, di documentazione cartacea e dichiarato inammissibile il riesame avverso l’acquisizione di dati informatici, compiuta nella medesima occasione, mediante trasferimento dai computer presenti in quel luogo ad un hard disk. A fondamento della decisione, per quanto riguarda il sequestro degli elementi cartacei, si rileva che lo stesso «trova giustificazione, sul piano del fumus commissi delicti, dalla prospettazione della emissione di fatture per operazioni inesistenti, finalizzata alla evasione delle imposte e dalla indicazione, in compensazione, nella dichiarazione dei redditi anno 2012, di crediti inesistenti al fine di evadere le imposte […]». Per quanto attiene alla acquisizione dei dati informatici, si osserva che gli stessi sono stati acquisiti mediante estrazione di copia e non è stata evidenziata l’esistenza di un interesse concreto ed attuale alla disponibilità esclusiva delle informazioni. L’ordinanza, peraltro, rappresenta che la Procura della Repubblica procedente, sebbene più volte sollecitata, «non ha provveduto alla trasmissione degli atti relativi al procedimento nell’ambito del quale è stato disposto il sequestro oggetto di riesame», e che le copie del decreto di perquisizione e sequestro e del verbale di esecuzione della polizia giudiziaria sono state trasmesse solo dalla parte istante.

L’odierno ricorrente ha proposto istanza di riesame «anche nel merito», e, nella camera di consiglio del 18 ottobre 2018, secondo quanto riportato a verbale, il difensore «insiste[va] per l’accoglimento del gravame illustrandone i motivi, contestando il quadro indiziario».

Sulla base dei principi giuridici richiamati e degli elementi indicati, deve ravvisarsi la illegittimità della decisione impugnata. Il Tribunale, infatti, nonostante le espresse richieste di una valutazione «anche nel merito», ha giudicato in totale carenza di atti; lo stesso, quindi, non poteva effettuare alcun controllo, pur doveroso, né sull’esistenza del fumus commissi delicti, né sull’esistenza di un interesse concreto ed attuale del ricorrente alla disponibilità esclusiva delle informazioni”.

*****

Art. 8 D.Lgs. n. 74/2000. Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

  1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
  2. Ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.
  3. Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a lire trecento milioni per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.

*****

Quadro di riferimento in tema di reato di art.8 D.Lgs. n. 74/2000:

Cassazione penale sez. II  07/06/2018 n. 30401  

In materia di reati tributari, ai fini del sequestro e successiva confisca, il prezzo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è identificabile nel compenso pattuito o riscosso per eseguire il delitto.

Cassazione penale sez. VI  13/10/ 2016 n. 52321  

Integra il reato di emissione di fatture inesistenti al fine di eludere le imposte dirette e l’IVA, previsto dall’art. 8, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’emissione di fatture aventi ad oggetto la prestazione di servizi di consulenza, al fine di “coprire” l’erogazione di somme di denaro in esecuzione di un accordo corruttivo, essendo tali operazioni riconducibili alla categoria delle “operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte” prevista dall’art. 1, comma primo, lett. a), D.Lgs. n. 74 del 2000.

Cassazione penale sez. III  20/09/2016 n. 47972  

L’amministratore condannato per il reato di cui all’art. 8 d.lg. n. 74/2000, relativo all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, per invocare l’esimente dello stato di necessità, ex art. 54 c.p., ha l’onere di allegare di aver agito per insuperabile stato di costrizione, avendo subito la minaccia di un male imminente non altrimenti evitabile (nel caso di specie, l’amministratore di diritto sosteneva di essere una mera “testa di legno” e di aver sottoscritto le fatture sotto la minaccia di licenziamento da parte dell’amministratore di fatto)

Cassazione penale sez. III  15/10/2014 n. 50628  

In tema di reati tributari, non integra la fattispecie di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 d.lg. n. 74 del 2000) la consegna di fattura priva dei requisiti di forma e contenuto indicati dall’art. 21, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, che costituiscono gli elementi necessari affinché si possa presumere la veridicità di quanto rappresentato nel documento, così da renderlo idoneo a costituire titolo per il contribuente ai fini della deduzione del costo relativo. (Fattispecie di rilascio a terzi di bollettari, in bianco, completi di partita i.v.a. e del timbro con la ragione sociale dell’impresa).

© RIPRODUZIONE RISERVATA