Il profitto del reato derivante da dichiarazione infedele può essere sequestrato in capo alla persona giuridica che non può mai considerarsi terza estranea al reato.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.17840/2019 – depositata il 01.05.2019, resa dalla III Sezione della Corte di Cassazione in materia penale-tributaria.

Oggetto dello scrutinio di legittimità, per quanto di interesse per il presente commento, è la legittimità o meno della ablazione dei beni della società e la sua qualificazione giuridica rispetto  all’attività illecita svolta dal commercialista in concorso con il legale rappresentante della persona giuridica beneficiaria dell’illecito risparmio di imposta.

 

L’incolpazione provvisoria ed il giudizio cautelare di merito

In sede cautelare reale il legale rappresentante di una società cooperativa presentava domanda di riesame contro il  decreto del G.i.p. del Tribunale di Milano che, sulla ritenuta sussistenza indiziaria del reato di cui agli artt. 110, 81, cpv., cod. pen., 3, d.lgs. n. 74 del 2000, ascritto al commercialista in concorso con l’amministratore della società, aveva ordinato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, delle somme di denaro costituenti profitto conseguito dalla società.

Il Tribunale della Libertà rigettava l’impugnazione cautelare di merito confermando il decreto di sequestro preventivo sul presupposto della legittimità dell’ablazione della liquidità rinvenuta nella disponibilità della società.

Il giudizio di legittimità ed il principio di diritto

La Suprema corte ha dichiarato inammissibile il ricorso ritenendolo manifestamente infondato; sulla denunciata illegittimità del sequestro preventivo eseguito sui beni della società, la sentenza in commento, della quale si riproduce per estratto la parte motiva di maggior interesse per gli operatori di diritto, richiama i noti principi fissati con la sentenza Gubert  (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert. Rv. 258647):

Il ricorrente non contesta che le somme sequestrate alla società da lui rappresentata costituiscono profitto del reato, come peraltro espressamente affermato dall’ordinanza impugnata. Ne consegue che, poiché il reato ascritto al [commercialista] è contestato come commesso in concorso con il legale rappresentante della società che ha materialmente presentato la dichiarazione fraudolenta, l’ente non può essere considerato terza estranea al reato stesso, con conseguente possibilità di disporre il sequestro preventivo diretto del profitto che sia rimasto nella sua disponibilità (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert. Rv. 258647, secondo cui è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l’ente una persona estranea al detto reato).

Costituisce, dunque, postulazione difensiva indimostrata (e contrastante con quel che risulta dall’ordinanza impugnata) che il legale rappresentante della società beneficiaria della condotta fraudolenta del commercialista sia persona terza rispetto al fatto ad essa ascritto a titolo di concorso, non rilevando, in senso contrario, che il decreto sia stato adottato nell’ambito del procedimento iscritto nei confronti del solo commercialista.

Nè di certo può essere definito terzo estraneo colui il quale, presentando la dichiarazione fiscale fraudolenta, concorre materialmente nel reato generatore di profitti confiscabili.

In ogni caso, a prescindere dai profili di responsabilità del legale rappresentante, l’ente che trae profitto dall’altrui condotta illecita non può mai essere considerato “estraneo” al reato ai fini della confisca diretta del profitto medesimo (cfr., sul punto, Corte cost. sentenza n. 2/1987 secondo cui l’art. 27, comma primo, Cost., non consente che si proceda a confisca di cose pertinenti a reato, ove chi ne sia proprietario al momento in cui la confisca debba essere disposta non sia l’autore del reato o non ne abbia tratto in alcun modo profitto; in senso analogo, Sez. 1, n. 3118 del 08/07/1991, Rv. 188391, aveva affermato il principio che la confisca, come misura di sicurezza patrimoniale, è applicabile 2 Corte di Cassazione nei confronti di soggetti (quali le società) sforniti di capacità penale.

Ciò sul rilievo che l’estraneità al reato esige che la persona cui le cose appartengono non abbia partecipato con attività di concorso o altrimenti connesse, ancorché si tratti di persona non punibile perché priva di capacità penale; nello stesso senso Sez. 3, n. 3390 del 19/01/1979, Rv. 141690, aveva affermato che può ritenersi estraneo al reato soltanto colui che alla commissione del reato medesimo non abbia partecipato in alcun modo con una qualsiasi attività di concorso o altrimenti connessa, ancorché non punibile. Costituisce declinazione di tali insegnamenti il principio affermato da Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258647, sopra riportato; nel senso che la nozione di “persona estranea al reato” cui appartiene e va restituita la cosa sequestrata (art. 240 cod. pen.) è diversa da persona estranea al procedimento penale, in quanto richiede la estraneità al fatto – reato, che non ricorre in chi sia sfuggito al procedimento penale, Sez. 1, n. 7855 del 28/01/1988, Rv. 178817).

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