Bancarotta fraudolenta documentale: la cassazione annulla la sentenza di merito che denega l’attenuante della particolare tenuità del fatto senza motivare sul danno alla massa attiva del fallimento.
In tema di reati fallimentari si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 19981/2019, depositata il 09.05.2019, con la quale la Corte di cassazione ha annullato la sentenza della Corte territoriale per violazione di legge e vizio di motivazione relativamente al capo della sentenza impugnata che aveva negato il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 219, terzo comma, r.d. n. 267 del 1942.
L’imputazione ed il processo di merito.
La Corte di appello di Milano confermava la condanna del Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Lodi che aveva affermato la penale responsabilità del prevenuto tratto a giudizio per il delitto di bancarotta fraudolenta impropria documentale, perché resosi responsabile della sottrazione o distruzione della massima parte dei libri e delle scritture contabili della società fallita, allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto o di recare danno ai creditori.
Contro la sentenza della Corte distrettuale interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato articolando diversi motivi di censura tra i quali l’assenza del dolo richiesto dalla norma incriminatrice, l’erroneo diniego dell’attenuante di cui all’art. 219, terzo comma, r.d. n. 267 del 1942 e la illegittimità della durata delle pene accessorie inflitte.
Il giudizio di legittimità ed i principi di diritto.
La Suprema corte ha accolto parzialmente il ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata.
Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale di maggiore interesse per gli operatori di diritto:
- Sull’errato diniego dell’attenuante di cui all’art. 219, terzo comma, r.d. n. 267 del 1942.
“In tema di bancarotta fraudolenta, il giudizio relativo all’attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale, di cui all’art. 219, terzo comma, r.d. n. 267 del 1942, deve essere posto in relazione alla diminuzione globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti (Sez. 5, n. 12330 del 02/11/2017 – dep. 2018, Di Niso, Rv. 27266301).
In particolare, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 219, comma terzo, legge fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori (Sez. 5, n. 19304 del 18/01/2013, Tumminelli, Rv. 25543901).
In ogni caso occorre aver riguardo non già all’entità del passivo ed alla differenza fra attivo e passivo, bensì alla effettiva diminuzione patrimoniale cagionata ai creditori dai fatti di bancarotta dei quali l’imputato deve rispondere (Sez. 1, n. 9853 del 27/09/1993, Bianchi, Rv. 19533401).
La Corte di appello, per motivare la mancata applicazione dell’invocata attenuante, ha fatto riferimento all’ammontare del passivo fallimentare, cosicché essa non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra esposti con conseguente violazione dell’art. 219, terzo comma, r.d. n. 267 del 1942. Ne consegue che la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo esame in ordine alla applicazione dell’attenuante speciale..”
- Sulla durata delle pene accessorie dopo la decisione della Consulta.
“Deve pure essere rilevata l’illegalità delle pene accessorie la cui durata è stata determinata, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 216 r.d. n. 267 del 1942, nella misura fissa di anni dieci.
Difatti, la Corte Costituzionale ha dichiarato, con la sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018, la illegittimità dell’art. 216, ultimo comma, r.d. n. 267 del 1942, nella parte in cui determina nella misura fissa di anni dieci la durata della pena accessoria da essa prevista.Per effetto di detta sentenza, la pena accessoria inflitta con la sentenza impugnata in questa sede è divenuta illegale, cosicché la sentenza deve, in tale parte, essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Peraltro, a seguito della citata sentenza della Corte Costituzionale, le Sezioni Unite hanno recentemente affermato, con sentenza adottata all’udienza del 28 febbraio 2019, in attesa di pubblicazione, che la durata delle pene accessorie deve essere determinata in concreto dal giudice in base ai criteri fissati dall’art. 133 cod. pen. e non in misura pari a quella della pena principale ai sensi dell’art. 37 cod. pen.. Ne consegue che anche per tale motivo la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per la determinazione della durata delle pene accessorie previste dall’ultimo comma dell’art. 216 r.d. n. 267 del 1942”.
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Riferimenti normativi
Art.216 R.D. n. 267/1942. Bancarotta fraudolenta.
“È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa”.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento delle più recenti pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolentadocumentale:
Cassazione penale , sez. V, 01/10/2018, n. 53193
In tema di irregolare tenuta dei libri contabili, nel reato di bancarotta semplice l’illiceità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, mentre nella fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale l’elemento oggettivo della condotta ricomprende tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi anche se non obbligatori.
Cassazione penale , sez. V , 26/09/2018 , n. 1925
In materia fallimentare, la ricostruzione della documentazione contabile, attraverso il ricorso a una contabilità parallela in nero, creata per occultare condotte distrattive e di evasione di imposta, non esclude la bancarotta fraudolenta documentale. La necessità di acquisire i dati patrimoniali e finanziari dalla contabilità in nero è, infatti, la prova che la tenuta dei libri e delle altre scritture era tale da non rendere possibile un’affidabile ricostruzione del patrimonio o del movimento dì affari della società. A precisarlo è la Cassazione che ha respinto il ricorso dell’amministratore unico di una Srl dichiarata fallita e dl una sua collaboratrice per aver sottratto dalle casse sociali due milioni e 600mila euro e falsificato libri e scritture, creando una contabilità parallela e occulta. Per la Corte, in particolare, i semplici appunti, sia manoscritti che informatici, provenienti dall’imputato, specie se destinati a restare clandestini, non possono essere considerati scritture informali di supporto, ma solo documenti clandestini utilizzabili solo da chi, all’interno del gruppo, era a conoscenza dei ricavi in nero.
Cassazione penale, sez. V, 26/09/2018, n. 54490
In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.
Cassazione penale, sez. V, 05/07/2018 , n. 49499
Il comportamento postumo del terzo extraneus non configura il concorso con il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’intraneus; la condotta deve essere anteriore o concomitante. Ad affermarlo è la Cassazione che ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna emessa dai giudici di merito nei confronti di un commercialista a titolo di terzo extraneus nel delitto di bancarotta patrimoniale e documentale commesso dall’amministratore di due Srl. La condotta contestata, ovvero l’adoperarsi per ritardare la dichiarazione di fallimento, era però successiva a quella della manager, sicché per il professionista non può esservi partecipazione nel reato. Per i giudici di legittimità, infatti, l’individuazione del momento della consumazione del reato “non può portare alle estreme e fuorvianti conseguenze di considerare quale condotta di concorso in un atto distrattivo dell’intraneus un comportamento posto in essere dall’extraneus in modo autonomo, senza preventivo concerto e in un’epoca successiva alla condotta dell’intraneus nel frattempo già esaurita”.
Cassazione penale, sez. V, 19/06/2018 , n. 42568
Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’ art. 216, comma primo, n. 2, L. fall .
Cassazione penale, sez. V, 19/06/2018 , n. 42568
In tema di reati fallimentari, nell’ipotesi di incorporazione per fusione di società in cui il fallimento riguarda solo la società incorporante, è possibile configurare i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a carico degli amministratori e dei concorrenti esterni della società incorporata anche in relazione a condotte illecite riguardanti quest’ultima e commesse prima della fusione, in quanto i rapporti giuridici facenti capo all’incorporata non si estinguono, ma si trasferiscono alla società incorporante.
Cassazione penale, sez. V, 15/03/2018 , n. 21920
La chiusura del fallimento conseguente all’esito positivo del concordato previsto dagli artt. 124 e seguenti della legge fallimentare non comporta l’estinzione dei reati fallimentari contestati (nella specie la bancarotta documentale fraudolenta) posto che, invece, l’indicata chiusura non rimuove la dichiarazione di insolvenza della società contenuta nella pronuncia del fallimento, che può essere annullata solo impugnando la stessa. (In motivazione, la Corte ha precisato che solo l’annullamento della sentenza dichiarativa di fallimento determinerebbe l’insussistenza dei reati fallimentari per il mancato avveramento della condizione obiettiva di punibilità, costituita dalla predetta pronuncia).
Cassazione penale , sez. V, 13/02/2018, n. 16744
In tema di reati fallimentari, il reato previsto dagli artt 16, n. 3 e 220 legge fall ., relativo all’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, nonché il delitto di bancarotta documentale semplice, devono ritenersi assorbiti dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, qualora i fatti addebitati abbiano ad oggetto le medesime scritture contabili, in quanto, a fronte dell’omogeneità della struttura e dell’interesse sotteso alle predette figure di reato, prevale la fattispecie più grave connotata dall’elemento specializzante del dolo specifico.
Cassazione penale, sez. V, 13/11/2017, n. 11049
È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 2, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’ art. 10 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 , che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato. .
Cassazione penale, sez. V, 28/06/2017, n. 43966
In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico.
Cassazione penale, sez. V, 20/06/2017, n. 35591
È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.
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