La Cassazione definisce presupposti e perimetro applicativo della scriminante del diritto di critica ad un caso di diffamazione a mezzo Facebook.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n.3148/2019 di interesse per  gli operatori del diritto  perché riconosce l’applicabilità della causa di giustificazione del diritto di critica ad un commento negativo pubblicato su Facebook.

L’imputazione e il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Messina confermava la sentenza di condanna di un utente della rete, tratto a giudizio per aver offeso la reputazione del titolare di un’attività gastronomica, pubblicando sulla pagina Facebook dell’attività un commento negativo, scaturito da un’incongruenza fra quanto servito nell’esercizio commerciale e quanto pagato dal cliente che criticava l’operato del ristoratore.

Il ricorso per cassazione.

Contro la sentenza della Corte territoriale interponeva ricorso per cassazione la difesa del giudicabile per denunciare con unico motivo di doglianza violazione di legge e vizio motivazionale invocando l’applicazione della denegata scriminante del diritto di critica art. 51c.p.

Il giudizio di legittimità ed i principi di diritto.

Il Collegio di legittimità ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non costituisce reato, ritenendo sussistente la scriminante di cui all’art 51 c.p.

Per quanto concerne la qualificazione giuridica del fatto e l’applicazione della causa di non punibilità dal compendio motivazionale della sentenza in commento si riportano, per estratto, i seguenti passaggi:

La causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p., sub specie dell’esercizio del diritto di critica, ricorre quando i fatti esposti siano veri o quanto meno l’accusatore sia fermamente e incolpevolmente, ancorché erroneamente, convinto della loro veridicità. Il diritto di critica si concretizza in un giudizio valutativo che postula l’esistenza del fatto assunto ad oggetto o spunto del discorso critico ed una forma espositiva non ingiustificatamente sovrabbondante rispetto al concetto da esprimere, e, conseguentemente, esclude la punibilità di coloriture ed iperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o gergale, purché tali modalità espressive siano proporzionate e funzionali all’opinione o alla protesta, in considerazione degli interessi e dei valori che si ritengono compromessi (Sez. 1, n. 36045 del 13/06/2014, Surano, Rv. 261122).

“(…) Il rispetto della verità del fatto assume, in riferimento all’esercizio del diritto di critica, un rilievo più limitato e necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica. (Sez. 5, n. 25518 del 26/09/2016, dep. 2017, Volpe, Rv. 270284).

Nel caso di specie, sul carattere diffamatorio della condotta in contestazione nulla dice il Tribunale, che si ferma alla mera asserzione per cui il reato risulta provato dai documenti. La Corte di appello risolve la questione facendo leva sulla circostanza che la consegna di 750 grammi di ravioli facendosene pagare un chilogrammo non significa che l’esercente abbia “agito volontariamente”, né che lo stesso sia “aduso a porre in essere condotte truffaldine nei confronti della generalità dei clienti” (pag. 3); inoltre, secondo la Corte di appello, la critica legittima postula una manifestazione del pensiero argomentata e fondata su elementi concreti così da lasciare al pubblico dei lettori la possibilità di apprezzare il fatto, mentre l’imputato sarebbe colpevole perché “ha dapprima apoditticamente additato G. come truffatore e ha indicato il suo locale come uno dei peggiori della zona e solo nella parte finale del commento, (…) ha fatto un vago riferimento, per di più in termini ipotetici, all’acquisto dei ravioli che lo aveva visto protagonista” (pag. 3).”

L’interpretazione offerta dal giudice dì merito, di fatto, finisce per ridurre la facoltà di critica alla esposizione dei fatti e alla loro puntuale, esatta rappresentazione. Come già ricordato in premessa (paragrafo 3), a differenza della cronaca, del resoconto, della mera denunzia, la critica si concretizza nella manifestazione di un’opinione. E’ vero che essa presuppone in ogni caso un fatto che è assunto ad oggetto o a spunto del discorso critico, ma il giudizio valutativo, in quanto tale, è diverso dal fatto da cui trae spunto e a differenza di questo non può pretendersi che sia “obiettivo”. La critica postula, insomma, fatti che la giustifichino e cioè, normalmente, un contenuto di veridicità limitato alla oggettiva esistenza dei dati assunti a base delle opinioni e delle valutazioni espresse, ma non può pretendersi che si esaurisca in essi. In altri termini al fine di valutare la giustificazione di una dichiarazione contestata è sempre necessario distinguere tra dichiarazioni di fatto e giudizi di valore, perché, se la materialità dei fatti può essere provata, l’esattezza dei secondi non sempre si presta ad essere dimostrata (Sez. 1, n. 36045 del 13/06/2014, Surano, in motivazione).

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Quadro normativo di riferimento

Art 595 c.p., diffamazione:

  1. 1. Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
  2. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
  3. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.

Art 51 c.p., diritto di critica:

  1. L’esercizio di un dirittoo l’adempimento di un dovereimposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità.

Art 21 Cost, libertà di manifestazione del pensiero:

  1. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di diffamazione commessa a mezzo social network e scriminante del diritto di critica :  

Cassazione penale sez. V, 12/06/2017, n.34160:

In tema di diffamazione, l’esercizio del diritto di critica richiede la verità del fatto attribuito e assunto a presupposto delle espressioni criticate, in quanto non può essere consentito attribuire ad un soggetto specifici comportamenti mai tenuti o espressioni mai pronunciate. Ne consegue che, limitatamente alla verità del fatto, non sussiste alcuna apprezzabile differenza tra l’esimente del diritto di critica e quella del diritto di cronaca, costituendo per entrambe presupposto di operatività sicché colui che, con riferimento alla causa di giustificazione ex art. 51 c.p., invochi la scriminante dell’esercizio del diritto di critica, non può limitarsi alla mera allegazione dell’esistenza del fatto che intende criticare, essendo invece onerato di indicare e fornire tutti gli elementi comprovanti la dedotta causa di giustificazione al fine di porre il giudice in condizione di valutare seriamente la fondatezza di tale argomento difensivo.

Cassazione penale, sez. I, 02/12/2016, n. 50:

È del tribunale penale la competenza a giudicare la condotta consistente nella diffusione di messaggi minatori e offensivi attraverso il social network Facebook, configurando i reati di minacce e diffamazione aggravata ex art. 595, comma 3 c.p.

 

Cassazione penale sez. V, 23/09/2014, n.49570:

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il rispetto della verità del fatto assume in riferimento all’esercizio del diritto di critica politica un limitato rilievo necessariamente affievolito rispetto alla diversa incidenza sul versante del diritto di cronaca, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione del giudice di merito che ha affermato la responsabilità, in ordine al reato di cui all’art. 595 c.p., dell’imputato che, in qualità di assessore comunale alla cultura, aveva inviato una lettera ad un noto quotidiano, affermando – nell’ambito di un contesto di conflittualità originato da una convenzione tra il Comune ed un consorzio di ricerche – che per il Presidente di quest’ultimo la realizzazione di un dato progetto aveva rappresentato la “gallinella dalle uova d’oro” e che, comunque, gli interessi del detto presidente non erano di carattere esclusivamente scientifico; la S.C. ha, invece, ritenuto sussistente l’esimente di cui all’art. 51 c.p., sub specie di critica politica, annullando la decisione impugnata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato).

Cassazione penale sez. I, 13/06/2014, n.36045Il diritto di critica si concretizza in un giudizio valutativo che postula l’esistenza del fatto assunto ad oggetto o spunto del discorso critico ed una forma espositiva non ingiustificatamente sovrabbondante rispetto al concetto da esprimere, e, conseguentemente, esclude la punibilità di coloriture ed iperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o gergale, purchè tali modalità espressive siano proporzionate e funzionali all’opinione o alla protesta, in considerazione degli interessi e dei valori che si ritengono compromessi. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato di diffamazione militare aggravata nei confronti di un agente della finanza, il quale aveva denunciato su un sito “internet”, comportamenti violenti e persecutori dei suoi superiori nell’amministrazione della disciplina militare, usando espressioni quali “angherie”, “Ghestapo salentina” “stato di terrore”).

Cassazione penale sez. I, 27/09/2013, n.40930:

In tema di diffamazione a mezzo stampa, è configurabile la scriminante putativa dell’esercizio del diritto di critica quando, pur risultando il fatto oggetto dell’elaborazione critica obiettivamente falso, il giornalista abbia assolto all’onere di controllare accuratamente il fatto riferito in guisa che l’errore sulla verità dello stesso non sia frutto di negligenza, imperizia o colpa non scusabile.

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