Incidente sul lavoro: la Cassazione annulla la sentenza di condanna del datore di lavoro perché non provata la conoscenza o conoscibilità della condotta imprudente del lavoratore infortunato.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n.20833/2019, depositata in data 15.05.2019, in materia di responsabilità penale connessa alla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro con la quale la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla posizione di garanzia del datore di lavoro e sulla delimitazione dell’area di governo del rischio che assume la parte datoriale in caso di infortunio del dipendente.

 

L’incidente occorso al dipendente, l’imputazione ed il doppio grado di merito.

Il caso sottoposto al vaglio di legittimità riguarda l’infortunio che si verificava ai danni del dipendente dell’impresa mentre era impegnato, nella lavorazione di alcuni tubicini in plastica mediante alcune macchine spezzonatrici: i tubicini in plastica, una volta lavorati e tagliati dalla singola macchina con un’apposita lama, venivano raccolti in una scatola ove si posizionavano dopo essere transitati da uno scivolo della macchina stessa; durante l’operazione, la persona offesa dal reato, per raccogliere un tubicino dalla scatola, infilava una mano nello scivolo e la spingeva fino al punto ove era posizionata la lama, così da subire l’amputazione della falange distale del terzo dito della mano destra: lesioni giudicate guaribili in 91 giorni.

All’imputato è stato contestato di avere agito, nella sua qualità datoriale, senza adottare le necessarie misure di sicurezza, con particolare riguardo al dispositivo di protezione originariamente apposto sulla macchina (fissato con apposite viti) e idoneo a impedire che le mani e le dita potessero passare all’interno dello scivolo, mettendo a disposizione del lavoratore un macchinario non conforme alle  norme di sicurezza in quanto privato del suddetto dispositivo di protezione, nonché omettendo di prendere le misure necessarie all’utilizzo in sicurezza dell’apparecchiatura.

Il prevenuto veniva condannato nel doppio grado di merito per lesioni aggravate dalla violazione delle norme poste a presidio della sicurezza sul lavoro ex artt. 590 e 71 comma 4, l. a) del D.lgs 81/2018.

Invero, la Corte distrettuale di Milano, conformemente a quanto statuito dal Tribunale, ha ritenuto punibile il datore di lavoro per la condotta omissiva non  avendo assicurato la conformità degli strumenti utilizzati dai dipendenti alle norme di sicurezza, con particolare riguardo alla rimozione del dispositivo di protezione installato sul macchinario.

 

Il ricorso per cassazione.

Avverso la sentenza della Corte ambrosiana la difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione denunciando  vizio di motivazione e travisamento della prova raccolta in dibattimento incidente sulla valutazione della condotta della parte datoriale e del lavoratore.

 

Il giudizio di legittimità ed i principi di diritto.

Il Collegio di legittimità ha accolto il ricorso, disponendo l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte distrettuale.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza di maggiore interesse per gli operatori di diritto:

 “La Corte di merito ha sostanzialmente ritenuto sussistente la violazione dell’art. 71 D.Lgs. 81/2008, che fa obbligo al datore di lavoro di verificare la sicurezza delle macchine introdotte nella propria azienda e di rimuovere le fonti di pericolo per i lavoratori addetti all’utilizzazione di una macchina; al riguardo, secondo la Corte ambrosiana, il rischio nella specie concretizzatosi (derivante da un uso improprio e non sicuro delle macchine spezzonatrici) sarebbe stato conosciuto o quanto meno conoscibile da parte del datore di lavoro, ma non sarebbe stato da lui adeguatamente fronteggiato.”

“(…)Da ciò, la Corte ambrosiana inferisce che l’(omissis) pur mettendo a disposizione degli operatori un’apparecchiatura provvista di un dispositivo di sicurezza, sarebbe stato a conoscenza della sopra descritta prassi elusiva (ossia del fatto che tale dispositivo veniva in alcuni casi rimosso) e, nonostante ciò, non avrebbe preteso che l’uso dell’apparecchiatura avvenisse in conformità alle norme d’impiego, omettendo di attivarsi per impedire che le macchine spezzonatrici fossero impiegate senza il dispositivo di protezione e che i dipendenti, anche solo accidentalmente, posizionassero le dita o le mani in corrispondenza della zona di taglio, come accadde all’(omissis).”

 “Ma, a parte tale aspetto, quand’anche volesse ritenersi assodato che i sorveglianti fossero a conoscenza della prassi anzidetta, la loro posizione di soggetti subordinati gerarchicamente allo [omissis] nella sua qualità di direttore general,) non può dirsi ex se sufficiente a trarne la conclusione, come fa apoditticamente la Corte ambrosiana, che l’odierno ricorrente fosse necessariamente messo da costoro a conoscenza del fatto che i suoi dipendenti rimuovevano, più o meno abitualmente, la protezione posizionata sulle macchine spezzonatrici: il rapporto di dipendenza del personale di vigilanza dal datore di lavoro non costituisce di per sé prova né della conoscenza, né della conoscibilità, da parte di quest’ultimo, di prassi aziendali (più o meno ricorrenti) volteeludere i dispositivi di protezione presenti sui macchinari messi a disposizione dei dipendenti.”

“(…) Ciò che si intende affermare é che il datore di lavoro è, bensì, responsabile del mancato intervento finalizzato ad assicurare l’utilizzo in sicurezza di macchinari e apparecchiature provvisti di dispositivi di protezione e, in tal senso, del fatto di non esigere che tali dispositivi non vengano rimossi; ma, nel caso di infortuni derivanti dalla rimozione delle protezioni a corredo dei macchinari, anche laddove tale rimozione si innesti in prassi aziendali diffuse o ricorrenti, non si può ascrivere talecondotta omissiva al datore di lavoro laddove non si abbia la certezza che egli fosse a conoscenza di tali prassi, o che le avesse colposamente ignorate.Diversamente opinando, si porrebbe in capo al datore di lavoro una responsabilità penale “di posizione” tale da eludere l’accertamento della prevedibilità dell’evento – imprescindibile nell’ambito dei reati colposi – e da sconfinare, in modo inaccettabile, nella responsabilità oggettiva.”

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Quadro normativo di riferimento:

Art 590 c.p., lesioni personali colpose:

  1. Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309.
  2. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239.
  3. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

 

Articolo 71 D.Lgs 81/2008 – Obblighi del datore di lavoro.

  1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie. (arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro il datore di lavoro e il dirigente)
  2. All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione: a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso. (arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro il datore di lavoro e il dirigente)
  3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell’ ALLEGATO VI. (Il datore di e il dirigente sono puniti con la pena dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 1.000 a 4.800 euro – cfr allegato VI) (sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 1.800 il datore di lavoro ed il dirigente –    limitatamente ai punti dell’allegato VI, diversi da quelli sopra indicati per una  precisa identificazione delle fattispecie cfr allegato VI )
  4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché: a) le attrezzature di lavoro siano: 1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d’uso; 2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso e libretto di manutenzione; 3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all’articolo 18, comma1, lettera z); D. lgs. 9 aprile 2008, n. 81 integrato con il Decreto legislativo n. 106/2009 Aggiornamento del D. Lgs. 81/08 a cura di Rolando Dubini, avvocato www.puntosicuro.it vers. 9.0 – 23/11/2009 – Pagina 80 di 404 b) siano curati la tenuta e l’aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto. (arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro il datore di lavoro e il dirigente n‐ per una più precisa identificazione delle fattispecie si veda l’allegato VI)
  5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all’articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza “in rapporto alle previsioni del comma 1, ovvero del comma 4, lettera a), numero 3” non configurano immissione sul mercato ai sensi dell’articolo 1, comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.
  6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l’uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell’ergonomia. (sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 1.800 il datore di lavoro ed il dirigente)
  7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché: a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto [una formazione adeguata e specifica] “informazione, formazione ed addestramento adeguati”; b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti. (arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro il datore di lavoro e il dirigente)
  8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro “, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida,” provvede affinché: a) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l’installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova località di impianto, al fine di assicurarne l’installazione corretta e il buon funzionamento; b) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte: 1. [a controlli] “ad interventi di controllo” periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi; 2. [a controlli] “ad interventi di controllo” straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività. c) [i controlli] “Gli interventi di controllo” di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l’efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente. (arresto da tre a sei mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro il datore di lavoro e il dirigente)
  9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza. (sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 1.800 il datore di lavoro ed il dirigente)
  10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al di fuori della sede dell’unità produttiva devono essere accompagnate da un documento attestante l’esecuzione dell’ultimo controllo con esito positivo. (sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 1.800 il datore di lavoro ed il dirigente)
  11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate in ALLEGATO VII a verifiche periodiche “volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza,”, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. [La prima di tali verifiche è effettuata dall’ISPESL e le successive dalle ASL. ] “La prima di tali verifiche è effettuata dall’ISPESL che vi provvede nel termine di sessanta giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il D. lgs. 9 aprile 2008, n. 81 integrato con il Decreto legislativo n. 106/2009 Aggiornamento del D. Lgs. 81/08 a cura di Rolando Dubini, avvocato www.puntosicuro.it vers. 9.0 – 23/11/2009 – Pagina 81 di 404 quale il datore di lavoro può avvalersi delle ASL o di soggetti pubblici o privati abilitati con le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate dai soggetti di cui al precedente periodo che vi provvedono nel termine di 30 giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il datore di lavoro può avvalersi di soggetti pubblici o privati abilitati con le modalità del comma 13”. Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro. (sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 1.800 il datore di lavoro ed il dirigente)
  12. Per l’effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e l’ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.
  13. Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’ ALLEGATO VII, nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali [e della previdenza sociale] “di concerto con il Ministro dello sviluppo economico”, sentita con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 14. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali [e della previdenza sociale], [sentiti i Ministri della salute e dello sviluppo economico], “di concerto con il Ministro dello sviluppo economico” d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui all’articolo 6, vengono apportate le modifiche all’ ALLEGATO VII relativamente all’elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.

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Quadro giurisprudenziale (penale e della sezione lavoro) di riferimento in tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle norme antinfortunistiche ed interruzione del nesso causale per condotta abnorme del lavoratore.

 

Cassazione penale, sez. IV , 17/10/2018 , n. 54813

In tema di infortuni sul lavoro e di responsabilità del titolare della posizione di garanzia, è interruttiva del nesso di condizionamento tra la condotta di questi e l’evento lesivo per il lavoratore la condotta abnorme del lavoratore, quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso: tale comportamento è “interruttivo”, cioè, non perché “eccezionale”, ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (cfr. sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri).

Cassazione penale, sez. IV, 19/07/2018 , n. 43852

In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta colposa del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia eccezionale ed imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. Non integra il “comportamento abnorme”, idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento lesivo o mortale patito dal lavoratore, il compimento da parte di quest’ultimo di un’operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulti eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo, che il garante è chiamato a governare.

Cassazione penale sez. IV, 29/05/2018, n.26858

Il comportamento colposo concausativo dell’infortunio del lavoratore non esclude la responsabilità primaria del suo superiore e non deve essere confuso con la condotta abnorme del dipendete, che è la sola che può condurre all’esonero del datore di lavoro.

Cassazione civile sez. lav., 10/10/2018, n.25102

La responsabilità datoriale per l’infortunio occorso al dipendente può fondarsi sulla violazione degli obblighi di informazione e formazione del lavoratore quanto ai pericoli connessi allo svolgimento della specifica operazione lavorativa ed alle misure di sicurezza per prevenirli. La condotta del dipendente, non abnorme, benché imprudente, non può considerarsi concausa dell’evento dannoso quante volte, la stessa imprudenza, sia riconducibile all’inadempimento del datore di lavoro e questi non dimostri di aver fornito al lavoratore tutte le necessarie istruzioni per evitare di commettere l’errore che fu causa dell’infortunio.

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.43852

In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta colposa del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia eccezionale ed imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. Non integra il “comportamento abnorme”, idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento lesivo o mortale patito dal lavoratore, il compimento da parte di quest’ultimo di un’operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulti eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo, che il garante è chiamato a governare.

Cassazione civile sez. lav., 23/05/2018, n.12807

Il rischio elettivo si determina allorquando venga tenuto dal lavoratore una condotta “abnorme, inopinabile ed esorbitante” che si pone al di fuori dell’attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico” con la prestazione e quindi non rientrante nella copertura dell’obbligo di sicurezza datoriale, notoriamente esteso, viceversa, alla prevenzione rispetto ad eventuali comportamenti meramente colposi del lavoratore (confermata, nella specie, la responsabilità del datore per l’infortunio occorso al lavoratore causato dalla caduta del dipendente che in quel momento stava fumando appoggiato al camion della raccolta rifiuti e si era sorretto alla barra laterale e non a quella orizzontale, così finendo con la mano schiacciata tra tale barra ed il muro del limitrofo edificio).

Cassazione penale sez. IV, 29/03/2018, n.31615

In tema di responsabilità per violazione della normativa antinfortunistica, compito del datore di lavoro, titolare della posizione di garanzia, è quello di evitare che si verifichino eventi lesivi dell’incolumità fisica intrinsecamente connaturati all’esercizio dell’attività lavorativa, anche nell’ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti a eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele. Il garante, dunque, ove abbia negligentemente omesso di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, la legittima aspettativa in ordine all’assenza di condotte imprudenti, negligenti o imperite da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa. Il datore di lavoro, quindi, non può essere considerato esente da responsabilità ove il lavoratore esplichi un incombente che, anche se inutile e imprudente, rientri comunque nelle sue attribuzioni e non risulti eccentrico rispetto alle mansioni a lui specificatamente assegnate, nell’ambito del ciclo produttivo. Vi è però esonero da responsabilità del datore di lavoro ove, a norma dell’articolo 41, comma 2, del Cp, il nesso causale tra la sua condotta in ipotesi colposa e l’evento lesivo risulti interrotto da una causa sopravvenuta, sufficiente sa sola a determinare l’evento, ciò che si verifica nei casi in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto incongruo rispetto al rischio originario, attivato dalla prima condotta. Tale interruzione del nesso causale è ravvisabile qualora il lavoratore ponga in essere una condotta del tutto esorbitante dalle procedure operative alle quali è addetto e incompatibile con il sistema di lavorazione ovvero non osservi precise disposizioni antinfortunistiche, ponendo in essere un comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. In questi casi è configurabile la colpa dell’infortunato nella produzione dell’evento, con esclusione della responsabilità penale del titolare della posizione di garanzia (nella specie, la Corte ha annullato la sentenza di condanna pronunciata a carico del titolare della posizione di garanzia evidenziando come nella eziologia dell’incidente fosse subentrata una manovra compiuta dall’infortunato che aveva innescato una categoria di rischio del tutto nuova rispetto a quella determinata dal difetto di un’adeguata manutenzione del macchinario oggetto di contestazione: il comportamento del lavoratore doveva considerarsi abnorme essendosi risolto, nella vicenda, in una condotta radicalmente, ontologicamente, lontana dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, scelte, anche imprudenti, di un lavoratore, nell’esecuzione del lavoro, con conseguente esonero da responsabilità del titolare della posizione di garanzia).

Cassazione penale sez. IV, 20/03/2018, n.17404

Nel sistema della normativa antinfortunistica, per potere considerare interrotto il nesso causale tra l’incidente e la condotta del datore di lavoro, è necessario che la condotta del lavoratore cui si vuole ricondurre la causa esclusiva dell’evento sia caratterizzata dalla cosiddetta “abnormità”; ossia da quel comportamento del lavoratore che assume valenza interruttiva nel nesso di causalità fra la condotta del garante in tema di sicurezza e l’evento dannoso verificatosi a suo danno: tale condizione, peraltro, si verifica non perché il comportamento del lavoratore qualificato come abnorme sia “eccezionale”, ma perché esso risulta eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (cfr. sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn e altri) (ciò che la Corte, nella specie, ha escluso, versandosi in un’ipotesi disciplinata dall’articolo 71, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, che pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di mettere “a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo 70, idonee ai fini della salute e della sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie”).

Cassazione civile sez. lav., 15/01/2018, n.749

L’art. 2087 c.c., nella misura in cui costruisce quale oggetto dell’obbligazione datoriale un facere consistente nell’adozione delle “misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità dei prestatori di lavoro”, permette di imputare al datore di lavoro non qualsiasi evento lesivo della salute dei propri dipendenti, ma solo quello che concretizzi le astratte qualifiche di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, dovendo per contro escludersi la responsabilità datoriale ogni qualvolta la condotta sia stata diligente ovvero non sia stata negligente (imprudente, imperita, ecc.) in ordine allo specifico pericolo di cagionare proprio quell’evento concreto che in fatto si è cagionato (nella specie, relativa all’infortunio occorso ad una insegnante colpita ad un occhio da un tappo di bottiglia aperta da un alunno durante dei festeggiamenti, il non aver proibito l’iniziativa del festeggiamento attesa la partecipazione di ragazzi maggiorenni o comunque prossimi alla maturità, e dunque in età adolescenziale avanzata, e il carattere usuale della stessa, non consentivano di ravvisare un aggravamento del rischio professionale; non vi erano elementi che consentivano di affermare che l’uso di alcolici fosse stato assentito; non vi era evidenza che la manovra inopinata dell’alunno fosse in qualche modo determinata da sue condizioni di alterazione per intossicazione alcolica. La condotta abnorme e imprevedibile dell’alunno non consentiva di ravvisare una serie causale prevedibile e adeguata rispetto alla permessa organizzazione del festeggiamento durante l’ordinario orario di lezione scolastiche).

Cassazione penale sez. IV, 13/12/2016, n.15124

In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’abnormità della condotta di due lavoratori che erano deceduti, per mancanza di ossigeno, all’interno di una cisterna in cui si erano calati per svolgere le proprie mansioni, ma senza attendere l’arrivo del responsabile della manutenzione e senza utilizzare dispositivi di protezione).

Cassazione penale sez. IV, 30/09/2016, n.44327

Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine a incidenti derivanti da sua negligenza, imprudenza e imperizia, sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore e all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Piuttosto, è interruttiva del nesso causale la condotta abnorme del lavoratore se e quando si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso: tale comportamento è interruttivo non perché “eccezionale” ma perché “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri) (fattispecie in cui si è esclusa la valenza interruttiva della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore, il quale imprudentemente aveva utilizzato un macchinario cui era stata rimossa la protezione per sveltire le operazioni di lavoro trattandosi di situazione appartenente all’area di rischio lavorativo rientrante nei compiti di controllo del titolare della posizione di garanzia).

 Cassazione penale sez. IV, 22/10/2015, n.44811

L’unica circostanza idonea ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, che abbia violato le norme in materia antinfortunistica, è la condotta abnorme del lavoratore, dovendosi intendere con tale espressione il comportamento che, per la sua imprevedibilità, si collochi al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’attuazione delle misure di prevenzione; la mera colpa concorrente del lavoratore, dunque, non esclude la responsabilità del datore di lavoro (fattispecie relativa all’infortunio occorso ad un lavoratore dipendente che aveva usato un

Cassazione penale sez. IV, 14/07/2015, n.36882

Posto che, in caso di infortunio subìto dal lavoratore, soltanto la condotta c.d. abnorme di quest’ultimo è idonea ad interrompere il nesso causale tra la condotta ascritta al datore di lavoro e l’evento lesivo, sussiste la responsabilità di quest’ultimo in caso di carenza dei dispositivi di sicurezza poiché la stessa non può essere sostituita dall’affidamento sull’osservanza, da parte del lavoratore, di una condotta prudente e diligente.

Cassazione penale sez. IV, 17/06/2015, n.29794

In linea di principio, la condotta colposa del lavoratore infortunato può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità e dell’abnormità, potendosi attribuire però tale carattere non solo alla condotta del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite (come ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi a un’altra macchina o a un altro lavoro, magari esorbitando nelle competenze attribuite ad altro lavoratore), ma anche a quella che, pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore, sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro (da queste premesse, rigettando il ricorso del datore di lavoro, la Corte ha comunque escluso potesse attribuirsi il carattere di comportamento abnorme e imprevedibile a un comportamento definito come “istintivo” del lavoratore, che non risultava abnorme ed esorbitante rispetto alla procedura di lavoro da determinare l’interruzione del nesso causale e di cui si doveva piuttosto tener conto nella previsione delle procedure di sicurezza del lavoro).

Cassazione penale sez. IV, 05/05/2015, n.41486

Nel sistema della normativa antinfortunistica, trasformatosi ormai da un modello iperprotettivo, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, a un modello collaborativo, in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi gli stessi lavoratori, il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, ma una volta che abbia fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione e abbia adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà dell’evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore. Ciò non solo, ovviamente, in presenza di un comportamento abnorme del lavoratore (nozione che si riferisce a quelle condotte poste in essere in maniera imprevedibile dal prestatore di lavoro al di fuori del contesto lavorativo e che, quindi, nulla hanno a che vedere con l’attività svolta), ma anche in presenza di un comportamento esorbitante del lavoratore (nozione che riguarda quelle condotte che fuoriescono dall’area di rischio che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva, e che non rientrano nell’ambito delle mansioni, ordini, disposizioni concernenti il contesto lavorativo). (Nella specie, peraltro, la Corte ha escluso che potesse invocarsi la colpa del lavoratore, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, giacché era rimasto provato che quest’ultimo aveva omesso di valutare il rischio nel piano di sicurezza, non potendosi ritenere sufficiente il richiamo a una pretesa prassi operativa aziendale, inidonea a essere considerata equipollente al documento di valutazione dei rischi).

Cassazione penale sez. IV, 25/09/2014, n.46437

L’ipotesi tipica del comportamento ‘abnorme’ è quella del lavoratore che provochi l’infortunio ponendo in essere, colposamente, un’attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite, realizzando in tal modo un comportamento esorbitante rispetto al lavoro che gli è proprio, assolutamente imprevedibile (ed inevitabile) per il datore di lavoro (esclusa, nella specie, l’abnormità della condotta del lavoratore che, nello smontare, sporgendosi, degli elementi di un ponteggio, privo della cintura di sicurezza collegata alla fune di trattenuta, era precipitato da un’altezza di circa 14 metri).

Cassazione penale sez. IV, 25/06/2014, n.46820

In materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (nella fattispecie, si è escluso costituisse comportamento abnorme quello tenuto dal lavoratore che aveva utilizzato in modo anomalo una scala, giacché trattavasi di condotta tenuta durante l’ordinaria attività di lavoro mentre si utilizzava un mezzo di lavoro messo a disposizione dall’azienda).

Cassazione penale sez. IV, 03/11/2004, n.3455

In tema di infortuni sul lavoro, poiché le norme di prevenzione mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza e imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo di adozione delle misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore del tutto imprevedibile e opinabile e tale, dunque, da presentare i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, sempre che l’infortunio non risulti determinato da assenza o inidoneità delle misure di sicurezza, nel qual caso nessuna efficienza causale può essere attribuita alla condotta del lavoratore che abbia dato occasione all’evento.

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