Reati tributari e crisi di mercato: la Cassazione conferma l’orientamento rigoroso che esclude la forza maggiore anche in caso di conclamata illiquidità dell’impresa.
Si segnala ai lettori del blogla pronuncia n. 22458/2019 -depositata il 22.05.2019, che dando continuità ad un consolidato orientamento di legittimità nello scrutinare una fattispecie di omesso versamento dell’Iva, ha negato l’applicabilità della scriminante della forza maggiore in caso di dissesto finanziario della società, il cui legale rappresentante rimane punibile per dolo generico.
La sentenza in commento, conferma, altresì, il principio dell’assenza di violazione del bis in idemcon riferimento alla dedotta illegittimità della condanna penale allorché per lo stesso illecito tributario sia stata inflitta una sanzione tributaria in danno della società connessa al mancato pagamento dell’imposta indiretta.
L’imputazione e lo svolgimento del processo di merito.
La Corte di appello di Roma confermava la sentenza di primo grado che aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato tratto a giudizio per il delitto p. e p. dall’art 10-terd.lgs 74/2000nella qualità di legale rappresentante della società.
Il ricorso per cassazione.
Contro la sentenza della Corte distrettuale interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato articolando plurimi motivi di ricorso impingenti, tra gli altri, anche i capi della sentenza di appello che avevano ritenuto sussistente l’elemento psicologico del reato in capo al giudicabile e rigettato il motivo di impugnazione con il quale si lamentava la violazione del principio del ne bis in idemex art 649 c.p.p;
Il giudizio di legittimità ed i principi di diritto.
Il Supremo Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Di seguito si riportano più significati passaggi della motivazione che indagano i temi della colpevolezza e del ne bis in idem per la dedotta duplicazione delle sanzioni:
- Sul dolo generico del reato tributario ex art 10-ter d.lgs 74/2000 e l’esclusione della scriminante della forza maggiore:
“ (…) secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 37424 del 28/03/2013, Romano, Rv. 255757), a cui si aderisce, il reato ex art. 10-ter d.lgs. 74/2000 è punibile a titolo di dolo e consiste nella coscienza e volontà di non versare all’Erario l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, sottoscritta dal contribuente, non essendo richiesto che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte. La prova del dolo generico è insita nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia, entro il termine lungo previsto. Il debito verso il fisco relativo ai versamenti IVA è normalmente collegato al compimento delle operazioni imponibili. Ogni qualvolta il soggetto effettua tali operazioni riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria. L’introduzione della norma penale, stabilendo nuove condizioni e un nuovo termine per la propria applicazione, estende evidentemente la detta esigenza di organizzazione su scala annuale. Hanno altresì affermato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che non può, quindi, essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta.”
“La giurisprudenza successivamente formatasi ha osservato che il reato de quo è a dolo generico; il dolo del reato in questione è integrato dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità. Il mancato pagamento alla scadenza del termine concretizza il dolo; come correttamente osservato da Cass. Sez. 3, n. 43599 del 09/09/2015, Mondini, Rv. 265262, la scelta di non pagare l’imposta dovuta prova il dolo.”
2.La mancata violazione del principio ne bis in idemper la diversità soggettiva tra persona fisica e persona giuridica che impedisce di ritenere duplicate le sanzioni.
“Vanno pertanto ribaditi i principi espressi da Cass. Sez. 3, n. 35156 del 01/03/2017, Palumbo, Rv. 270913, in tema di confisca, e da Cass. Sez. 3, n. 54372 del 16/10/2018, Benedetti, sul reato di cui all’articolo 10-quater del d.lgs. 74/2000: non sussiste la violazione del principio del ne bis in idem convenzionale, come interpretato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa A e B c. Norvegia del 15 novembre 2016, nel caso in cui con la sentenza di condanna per reati tributari commessi in qualità di amministratore di una società sia disposta, nei confronti della società, anche la sanzione tributaria. Le sanzioni conseguenti alle violazioni tributarie sono state disposte nei confronti della persona giuridica e non della persona fisica: sono dunque insussistenti i presupposti per ravvisare una duplicazione di sanzioni nei confronti del medesimo soggetto a seguito delle medesime condotte, difettando il connotato ineludibile della identità dei soggetti sanzionati.La Corte di Cassazione, con la sentenza Palumbo, ha ricordato che la Corte di giustizia UE, IV sezione, nella sentenza 5 aprile 2017, Orsi (C-217/15) e Baldetti (C-350/15), ha posto un punto fermo in relazione alla legittimità dell’articolazione normativa del doppio binario punitivo in materia tributaria nel nostro ordinamento. La Corte di giustizia UE ha affermato che «L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente di avviare procedimenti penali per omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto dopo l’irrogazione di una sanzione tributaria definitiva per i medesimi fatti, qualora tale sanzione sia stata inflitta ad una società dotata di personalità giuridica, mentre detti procedimenti penali sono stati avviati nei confronti di una persona fisica», sottolineando la necessità, per l’applicazione del divieto di bis in idem, che debba essere la stessa persona ad essere sottoposta ad una doppia sanzione per uno stesso fatto.”
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Quadro normativo di riferimento in materia di omesso pagamento dell’imposta all’Erario:
Art 10-ter del d.lgs 74/2000, omesso versamento dell’Iva:
- È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.
Art 649 c.p.p:
- L’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabilinon può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il gradoper le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69comma 2 e 345.
- Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimentoo di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo.
Art 50 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato:
- Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge.
Art. 4, Protocollo n. 7 alla CEDU (ne bis in idem):
- Nessuno potrà essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un’infrazione per cui è già stato scagionato o condannato a seguito di una sentenza definitiva conforme alla legge ed alla procedura penale di tale Stato.
- Le disposizioni di cui al paragrafo precedente non impediranno la riapertura del processo, conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato, se dei fatti nuovi o degli elementi nuovi o un vizio fondamentale nella procedura antecedente avrebbero potuto condizionare l’esito del caso.
- Nessuna deroga a questo articolo può essere autorizzata ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione
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Quadro giurisprudenziale in tema di dolo e cause di giustificazione nel reato di omesso versamento dell’Iva:
Cassazione penale sez. III, 12/12/2018, n.9:
Per la configurabilità del reato di omesso versamento IVA in capo al legale rappresentante di un’impresa non rileva quale causa di forza maggiore lo stato di crisi finanziaria imputabile alla precedente gestione laddove l’agente, al momento della nomina, sia consapevole della crisi di liquidità.
Cassazione penale sez. III, 10/10/2018, n.16035:
In tema di omesso versamento i.v.a. ex art. 10-ter d.lg. n. 74/2000, va riconosciuta una causa di esclusione dell’elemento soggettivo del reato in caso di difficoltà o crisi finanziaria dell’impresa, previa dimostrazione che tale situazione non è addebitabile all’imputato e che non era possibile fronteggiare la crisi con misure idonee.
Cassazione penale sez. III, 06/07/2018, n.52971:
Ai fini del reato di omesso versamento IVA, la decisione dell’imprenditore di garantire il pagamento dei crediti da lavoro dipendenti, omettendo il versamento dell’imposta sul valore aggiunto, è il risultato di una deliberata e consapevole scelta, non riconducibile alla causa di forza maggiore, difettando la necessità assoluta di violare la legge e l’imprevedibile e improvvisa insorgenza di una situazione di oggettiva mancanza di liquidità al momento dell’adempimento dell’obbligazione tributaria.
Cassazione penale sez. III, 07/06/2018, n.39211:
In tema di omesso versamento di ritenute fiscali e IVA, l’inesigibilità di una condotta alternativa diversa da quella omissiva tenuta dall’imputato, in presenza di una grave situazione di crisi aziendale, richiede una prova specifica che va oltre quella della contingenza negativa in cui versava la società.
Corte appello L’Aquila, 16/05/2018, n.1266:
L’omesso pagamento dell’I.V.A. per far fronte ad una crisi di liquidità dovuta a cause imprevedibili e non ascrivibili a colpa esclude il dolo nel reato di omesso versamento dell’I.V.A. (Nel caso di specie il mancato pagamento era stato causato da rilevanti perdite venutesi a creare per un appalto e l’imprenditore preferì pagare il personale e i subappaltatori e i fornitori in quanto l’omesso pagamento di questi ultimi avrebbe impedito l’incasso per i lavori fatti con il conseguente blocco dell’attività e il fallimento ma nell’anno successivo adempieva al pagamento delle rate previste per il piano di rientro).
Cassazione penale sez. III, 28/03/2018, n.46684:
In tema di omesso versamento Iva, il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque frutto di una scelta politica/imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente rilevante sia stato concausato dal mancato pagamento alle singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico.
Cassazione penale sez. III, 23/01/2018, n.38594:
Per escludere la punibilità per il reato di cui all’articolo 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 7 4 invocando la causa di forza maggiore, questa non può fondarsi sulla semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso, ma deve sostanziarsi nell’assoluta impossibilità di far fronte al versamento dell’imposta collegata a eventi che sfuggono al dominio finalistico dell’agente. Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato concausato dai mancati accantonamenti e dal mancato pagamento alle singole scadenze mensili (cfr. articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997) e quindi da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico.
Cassazione penale sez. III, 09/11/2017, n.11035:
In tema di reati tributari l’omesso versamento dell’Iva può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, a cui lo stesso non abbia potuto porvi rimedio per cause estranee alla sua volontà. Pertanto, è irrilevante la cosiddetta “crisi di liquidità” del debitore alla scadenza del termine per operare il versamento dell’Iva, poiché il debitore ha l’obbligo non solo di accantonare le risorse necessarie per l’adempimento dell’obbligazione tributaria, ma anche di adottare tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo. Ad affermarlo è la Cassazione per la quale soltanto la comprovata assoluta impossibilità di adempimento dell’obbligo tributario è idonea a escludere la punibilità del reato di omesso versamento dell’Iva, ma non di certo la mera difficoltà di porre in essere il comportamento omesso.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento sul tema dell’applicabilità del divieto di bis in idemnei reati tributari:
Cassazione penale sez. III, 01/03/2017, n.35156:
Non sussiste violazione del principio del ne bis in idem laddove a fronte dell’instaurazione del procedimento penale, con correlativa condanna, nei confronti di amministratore di persona giuridica (nella specie per reati tributari), la confisca sia stata invece disposta in via diretta nei confronti della persona giuridica stessa, difettando i presupposti per ravvisare una duplicazione di sanzioni nei confronti del medesimo soggetto a seguito delle medesime condotte, a fronte del connotato ineludibile della identità dei soggetti sanzionati.
Cassazione penale sez. III, 07/11/2017, n.23839:
Non sussiste la preclusione all’esercizio dell’azione penale di cui all’art. 649 cod. proc. pen., quale conseguenza della già avvenuta irrogazione, per lo stesso fatto, di una sanzione formalmente amministrativa ma avente carattere sostanzialmente “penale” ai sensi dell’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, allorquando non vi sia coincidenza fra la persona chiamata a rispondere in sede penale e quella sanzionata in via amministrativa. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la violazione del divieto di “bis in idem” con riferimento a persona imputata ai sensi dell’art. 10-ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 per il mancato versamento dell’acconto IVA, fatto per il quale era stata inflitta sanzione amministrativa alla società cooperativa dello stesso soggetto legalmente rappresentata).
Cassazione penale sez. II, 25/02/2016, n.13901:
Non sussiste la preclusione all’esercizio dell’azione penale di cui all’art. 649 cod. proc. pen., quale conseguenza della già avvenuta irrogazione, per lo stesso fatto, di una sanzione formalmente amministrativa ma avente carattere sostanzialmente “penale” ai sensi dell’art. 7 CEDU, allorquando non vi sia coincidenza fra la persona chiamata a rispondere in sede penale e quella sanzionata in via amministrativa. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la violazione del divieto di “bis in idem” con riferimento all’imputazione, a carico di un soggetto, per un fatto per il quale era stata inflitta una sanzione amministrativa ad una società a responsabilità limitata di cui egli era socio e procuratore).
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