Bancarotta patrimoniale fraudolenta e misura custodiale: la Cassazione annulla gli arresti domiciliari perché nell’ordinanza cautelare non è dimostrato il pericolo concreto ed attuale di recidiva di reati della stessa indole.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.22860/2019 – depositata il 23.05.2019 che all’esito dello scrutinio di legittimità di una ipotesi di bancarotta fraudolenta infragruppo, ha annullato l’ordinanza del Tribunale della Libertà che aveva ritenuto legittima l’applicazione della misura cautelare personale che, viceversa, la Cassazione ha considerato fondata su motivazioni generiche ed astratte, quanto alla sussistenza della esigenza cautelare prevista dall’art. 274, comma 1, lett. c) c.p.p., rispetto all’indagato incensurato, malato e prossimo agli ottant’anni.
La pronuncia in commento è in linea con la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte che ritiene che l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato non possa desumersi dalla mera condotta illecita poste in essere dal prevenuto, ma debba tener conto del più ampio quadro indiziario e delle condizioni personali dell’accusato.
L’imputazione e lo svolgimento del giudizio cautelare di merito.
Il Tribunale del riesame di Brescia confermava l’originario provvedimento cautelare del G.i.p. che aveva disposto gli arresti domiciliari nei confronti dell’amministratore delegato della società fallita, ritenendo sussistente il pericolo di recidiva dell’incolpato provvisorio di bancarotta patrimoniale fraudolenta.
Si ricava dalla sentenza in commento che la difesa dell’imputato, in sede di riesame, tentava di giustificare i trasferimenti di somme effettuati a favore della società capogruppo, causa del dissesto economico della società controllata, adducendo che le ingenti disposizioni patrimoniale fossero state eseguite in adempimento di un sistema di tesoreria accentrata in essere tra le due società coinvolte, senza, tuttavia, dare prova dei vantaggi di natura compensativa derivanti da tali operazioni in capo alla società della quale era stato depauperato il patrimonio.
Il ricorso per cassazione.
Avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia proponeva ricorso per Cassazione l’accusato, censurando il provvedimento applicativo della misura cautelare personale con due motivi di doglianza:
(i) con il primo motivo la difesa del giudicabile lamenta un vizio di motivazione con riguardo alla gravità indiziaria in ordine alla consumazione del fatto-reato per cui è procedimento;
(ii) con la seconda censura, eccepisce la violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p risultando carente mancata dimostrazione dell’attualità e della concretezza delle esigenze cautelari.
Il giudizio di legittimità ed i principi di diritto.
Il Supremo Collegio ha dichiarato inammissibile la censura proposta con riferimento alla gravità indiziaria ritenendo al contrario fondato il motivo relativo alle esigenze cautelari annullando, per l’effetto, il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Brescia.
Di seguito si riportano i più significati passaggi della motivazione della sentenza in commento alla cui lettura si rimanda per ulteriori approfondimenti:
- La sussistenza della gravità indiziaria del delitto di bancarotta fraudolenta.
“Nessuna illogicità inficia il provvedimento impugnato, che ha ravvisato profili di illiceità nel trasferimento di ingenti risorse dalla controllata alla controllante, nel periodo in cui l’indagato è stato amministratore della società fallita. Al riguardo, del tutto legittimamente e logicamente è stato escluso che il sistema di tesoreria accentrata (cd. cash pooling), invocato dal ricorrente, possa fornire giustificazione alle condotte a questi addebitate, giacché, a parte il rilievo – contenuto nel provvedimento impugnato – che nessuna prova di accordo – volto a instaurare un sistema di tesoreria accentrata – intercorso tra la fallita e la società capogruppo è stata fornita (non v’è delibera societaria – precedente ai trasferimenti – che lo contempli o l’autorizzi, né un contratto sottoscritto tra gli interessati), resta il fatto che nessun “sistema”, comunque denominato o qualificato, giustifica il passaggio di risorse da una società ad un’altra, anche facenti parte dello stesso gruppo, in una situazione di conclamata sofferenza della società deprivata, senza garanzia di restituzione dei valori trasferiti e al di fuori di un credibile programma di riassestamento del gruppo, che sia rivolto a superare, in via prevalente, proprio le problematiche dell’ente in sofferenza. Tanto è stato ineccepibilmente escluso dal giudice del provvedimento impugnato, il quale ha rilevato che – proprio mentre aumentava l’esposizione della [omissis srl] verso il Fisco, fino a raggiungere la cifra di novanta milioni di euro – i trasferimenti dalla controllata alla controllante superarono sempre, per decine di milioni di euro, nei tre anni antecedenti il fallimento, quelli operati in direzione inversa, fino a determinare il dissesto definitivo della controllata. Del tutto congetturale è, quindi, l’allusione ai vantaggi compensativi che la [omissis srl] avrebbe tratto dal sistema invocato, dal momento che di essi non v’è traccia agli atti (il Tribunale del riesame li esclude e il ricorrente si dice impossibilitato a provarli) e posto che l’intervento della capogruppo a favore della fallita non è mai stato pari al drenaggio delle risorse effettuato in danno di quest’ultima.”
- Sulla valutazione delle esigenze cautelari per l’applicazione delle misure cautelari personali e l’erronea analisi del periculum libertatis:
“In tema di misure cautelari personali, il pericolo di reiterazione del reato di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., deve essere non solo concreto – fondato cioè su elementi reali e non ipotetici – ma anche attuale, nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita (ex multis, cass. n. 47837 del 4/10/2018). Nella specie, l’attualità e concretezza del pericolo sono state ravvisate, sostanzialmente, nella gravità della condotta tenuta da [omissis] per il periodo in considerazione, sia per la molteplicità dei trasferimenti illeciti che per l’entità del danno procurato ai creditori. Non è stato tenuto conto, invece, delle condizioni personali dell’indagato, della sua personalità e del contesto in cui è maturata la condotta illecita, sebbene un accenno a tali condizioni sia rinvenibile nel riferimento alla “singolare abilità e professionalità nel delitto” e alla “non comune spregiudicatezza criminale” di cui sarebbe stata data prova, con cui il Tribunale ha inteso rafforzare il giudizio di pericolosità formulato.
Trattasi, però, di allegazioni generiche e astratte, che originano dalla sola considerazione della gravità del delitto e non trovano corrispondenza nella storia personale di [omissis] , soggetto incensurato, dedito ad una normale attività lavorativa, prossimo agli ottant’anni e (circostanza evidenziata dal Tribunale) malandato in salute. Né appare adeguatamente considerato il dissolvimento della compagine societaria in cui sono maturate le condotte illecite: fatto che ha indubbiamente azzerato le possibilità di reiterazione del reato nel contesto finora sfruttato dal prevenuto.”
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Quadro normativo di riferimento in materia di esigenze cautelari e periculum libertatis:
Art 274 c.p.p., Esigenze cautelari:
Le misure cautelari sono disposte:
- a) quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indaginirelative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto e attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova [292, 301], fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullitàrilevabile anche d’ufficio [292]. Le situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti );
- b) quando l’imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudiceritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione. Le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede;
- c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto e attuale pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delittidi criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa speciedi quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare [284, 285, 286] sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali é prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni. Le situazioni di concreto e attuale pericolo, anche in relazione alla personalità dell’imputato, non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede.
Articolo 216 Legge fallimentare, bancarotta patrimoniale:
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
- ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
- ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di esigenze cautelari riferito al rischio reiterazione del reato nella bancarotta patrimoniale fraudolenta:
Cassazione penale sez. IV, 04/10/2018, n.47837
In tema di misure cautelari personali, il pericolo di reiterazione del reato di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) c.p.p., deve essere non solo concreto – fondato cioè su elementi reali e non ipotetici – ma anche attuale, nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che ha applicato la misura cautelare in relazione alla commissione di furti, frutto di accurata preparazione, ripetuti nel giro di poche settimane, nonché risalenti a un arco temporale non particolarmente lungo e non così distante, da far ritenere affievoliti i rischi di recidivanza).
Cassazione penale sez. II, 19/10/2016, n.47619
In tema di esigenze cautelari, l’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., nel testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto (fondato, cioè, su elementi non ipotetici, ma reali), ma anche attuale, nel senso che l’analisi della personalità e delle concrete condizioni di vita dell’indagato deve indurre a ritenere probabile una ricaduta nel delitto “prossima” – anche se non specificamente individuata, nè tanto meno imminente – all’epoca in cui la misura viene applicata. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la valutazione prognostica non può estendersi alla previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice).
Cassazione penale sez. II, 14/04/2016, n.18745
In tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma sta invece ad indicare la continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare. (Nella specie, la S.C. ha reputato immune da censure l’ordinanza cautelare che aveva valorizzato le specifiche modalità di realizzazione delle numerose e reiterate condotte criminose e dei comportamenti successivi ai fatti, oltre al contesto in cui i reati erano maturati e alla personalità spiccatamente delinquenziale del ricorrente, elementi, questi, ritenuti idonei a “neutralizzare” il carattere risalente dei precedenti, rendendo, così, concreto ed attuale il pericolo di recidiva). (Conf. n..18746/16 n.m.).
Cassazione penale sez. VI, 27/11/2015, n.15978
In tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare.
Cassazione penale sez. V, 14/10/2014, n.9280
In tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta, il tempo trascorso dalla commissione del fatto deve essere determinato avendo riguardo all’epoca in cui le condotte illecite sono state poste in essere e non al momento in cui è intervenuta la dichiarazione di giudiziale di insolvenza, la quale, ancorché determini il momento consumativo del reato, non costituisce riferimento utile per vagliare il comportamento dell’indagato, ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen., collocandosi fuori della sua sfera volitiva.
Cassazione penale sez. V, 14/12/1993
In tema di esigenze cautelari, l’interpretazione dell’espressione “concreto pericolo che commetta delitti della stessa specie di quello per cui si procede”, contenuta nell’art. 274 lett. c) c.p.p., non dev’essere ristretta nell’ambito di un concetto di similarità assoluta, in quanto essa intende esprimere piuttosto l’analogia degli elementi strutturali della fattispecie da considerare di volta in volta. (Fattispecie in tema di bancarotta per dissipazione, nella quale la S.C. ha censurato il giudizio prognostico favorevole, formulato dal giudice del riesame, secondo il quale l’indagato denotava attitudine a commettere “violazioni delle norme penali poste a tutela del corretto svolgimento dell’attività finanziaria”, sia perché generico, sia perché inappropriato al parametro del reato in questione).
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