Diagnosi differenziale e colpa medica: la responsabilità penale omissiva del sanitario deve essere provata scientificamente sulla base dei dati anamnestici a disposizione e del quadro clinico della paziente.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.22211/2019 depositata il 22.05.2019, resa dalla Corte di Cassazione in materia di responsabilità sanitaria di interesse per gli operatori del diritto e della sanità sul tema della condotta colposa omissiva del medico subentrante,  che non può essere tacciato di negligenza allorché non disponga di elementi clinici tali da poter escludere la patologia cardiaca causa dell’exitus finale.

La sentenza affronta i due temi fondanti della difesa del medico in sede penale: la condotta (omissiva o commissiva) colposa ed il nesso causale.

Il caso clinico, l’imputazione e il processo di merito.

La Corte di appello di Firenze confermava la penale responsabilità del sanitario che, nella qualità di specialista pediatra in servizio presso l’ospedale, era stato tratto a giudizio con l’accusa di omicidio colposo per il decesso della paziente avvenuto per arresto cardio-respiratorio.

Dalla lettura della sentenza si ricava che il pediatra, nel prestare servizio presso la struttura ospedaliera dalle ore 14 alle ore 20 del giorno in cui si verificava l’exitusinfausto, somministrava ad una paziente già ricoverata e per la quale altro sanitario aveva in precedenza diagnosticato una gastroenterite, un trattamento terapeutico per la reidratazione che, tuttavia, secondo l’accertamento medico legale autoptico,  avrebbe causato il decesso per scompenso cardiocircolatorio.

All’imputata veniva, quindi, contestata una colposa omissiva legata ad un atteggiamento attendista nel disporre esami ematici.

Sempre dalla lettura della sentenza in commento si apprende che durante l’istruttoria dibattimentale sarebbe emerso, altresì, che all’interno della cartella clinica visionata dal medico subentrante –  rinviato a giudizio – non risultava annotato l’intervento subito dalla paziente per una grave patologia cardiaca e la somministrazione di terapia antibiotica dei giorni precedenti al ricovero.

La decisione della Cassazione ed il principio di diritto.

Avverso la sentenza della Corte di appello fiorentina proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputata, articolando motivi di censura inerenti violazione di legge e vizio motivazionale in riferimento alla condotta omissiva ed al travisamento della prove assunte con riguardo alla ritenuta “urgenza” di ulteriori accertamenti nei confronti della paziente, l’assenza di prova del rapporto eziologico tra condotta omessa ed exitusinfausto

La Suprema Corte ha ritenuto fondate le censure sollevate con l’impugnazione di legittimità, annullando la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio.

Di seguito si riportano i passaggi di maggiore interesse per gli operatori di diritto estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento:

  1. Sul travisamento della prova in tema di responsabilità colposa del medico con riguardo alla “ritenuta urgenza”:

Quanto alla condotta colposa, la sentenza si limita a sostenere che la ricorrente avrebbe dovuto esaminare immediatamente le analisi del sangue disposte con urgenza dalla collega (omissis), ma tale “urgenza” viene giustificata sostanzialmente solo sulla base della circostanza che la bambina era affetta da sindrome di Down, il che- secondo la Corte territoriale-avrebbe dovuto indurre il medico a prestare “maggiore attenzione”, trattandosi di patologia congenita «che comporta frequentemente, fra gli altri, deficit del sistema immunitario e cardio-circolatorio».

“(…) La ritenuta situazione di “urgenza”, considerata come essenziale dalla Corte territoriale per muovere all’imputata il rimprovero di negligenza, si pone, in realtà, in irrimediabile contrasto con la riscontrata visita approfondita della bambina compiuta dalla (omissis) fino alle ore 15:00 e con la relativa diagnosi di gastroenterite acuta- analoga a quella che era stata effettuata il giorno precedente da altro medico- derivante da una ritenuta (ma erronea, vedi infra) condizione di disidratazione acuta della piccola paziente, da correggere-sempre secondo la valutazione della (omissis)- con l’infusione per endovena. E’ stato, altresì’, accertato che la (omissis) non aveva riportato nella cartella clinica che la bimba era affetta da una patologia cardiaca.L’erroneità dell’approccio terapeutico adottato dalla omissis è stato certificato dall’esame autoptico, che ha dato contezza del versamento pleurico e delle dimensioni e del peso del cervello della bambina, risultati essere fuori norma in quanto accresciute dal liquido assunto, nonché dal peso riscontrato nella bambina prima e dopo il ricovero, che invece di diminuire era aumentato, chiaro indice incompatibile con una situazione di disidratazione in atto. Al riguardo la ricorrente ha evidenziato l’errata attribuzione del carattere di urgenza delle analisi ematiche disposte all’atto del ricovero, frutto di un vero e proprio travisamento della prova compiuto dalla Corte territoriale, risultando esclusa l’urgenza delle dette analisi da plurimi elementi, specificamente indicati e allegati al ricorso: la cartella clinica non segnalava alcuna urgenza, la dr.ssa l’aveva esclusa in sede di esame, così come il consulente tecnico della parte civile dott. (omissis), tutti gli elementi oggettivi dai quali poteva evincersi che si trattavi di esami di routine. Le stesse deposizione delle infermiere escludono la configurabilità di una situazione di urgenza, come segnalato dalla teste (omissis), infermiera che accettò in ospedale la piccola, che ha riferito della attribuzione alla stessa di un codice di “non imminente urgenza” in quanto la bambina «si presentava vigile e reattiva».

“(…) Il principale profilo di colpa attribuito alla pediatra è dunque frutto di un ragionamento illogico, il cui percorso è viziato da travisamento delle prove (situazione di urgenza/emergenza smentita dai dati probatori acquisiti), da considerazioni apodittiche e congetturali (su patologie legate “frequentemente”- ma non sempre- a sindrome di Down) e da argomentazioni che omettono di considerare e valutare con prudente apprezzamento le peculiarità del caso concreto (bimba già visitata da altra collega, diagnosi di gastroenterite trattata con terapia specifica, patologia cardiaca non indicata in cartella ecc).

  1. Sul nesso eziologico fra condotta omissiva contestata al sanitario ed evento lesivo prodotto:

“L’imputata sarebbe stata negligente nel non curarsi di esaminare prontamente il referto delle analisi e tale ritardo, con conseguente tardiva interruzione della terapia disposta dalla (omissis), avrebbe contribuito a determinare la morte della bimba per arresto cardiaco. Si tratta di argomentazione in cui non è, però, spiegato sulla base di quali concreti elementi l’interruzione della reidratazione intorno alle ore 16:10 (orario in cui, secondo la Corte di merito, la prevenuta avrebbe dovuto immediatamente visionare le analisi), o comunque poco dopo, avrebbe impedito l’exitus: lo si dà per scontato. Né si considera che, in ogni caso, la ricorrente appena visionate le analisi, introno alle ore 17:00, aveva disposto l’interruzione della forte reidratazione per endovena, ma che ciò non aveva interrotto il decorso causale. In buona sostanza, non è dato comprendere dalla motivazione della sentenza impugnata sulla base di quali elementi scientifici, corroborati dai dati indiziari processualmente emersi, si trae la convinzione che se l’interruzione del trattamento fosse avvenuta circa quaranta minuti prima di quanto effettivamente disposto da parte della ricorrente, si sarebbe avuto un sicuro effetto salvifico che avrebbe impedito, con alta probabilità logica, il decesso della paziente. In conclusione il nesso causale fra omissione e reato va accertato sulla base di dati scientifici corroborati da elementi indiziari, nel caso totalmente pretermessi e non indicati nel percorso logico-motivazionale della sentenza impugnata.

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Quadro normativo di riferimento in materia responsabilità penale del medico nell’espletamento della professione sanitaria:

Art. 590-sexies, Responsabilità  colposa  per  morte o lesioni personali in ambito sanitario:

  1. Se i fatti di cui agli articoli 589590sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.
  2. Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto. Articolo inserito dall’articolo 6, comma 1, della l. 8 marzo 2017, n. 24.

Articolo 589 Codice penale, omicidio colposo:

Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

  • Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
  • Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 43 – Elemento psicologico del reato:

–     il delitto: è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione;

–     è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente;

–     è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.

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Rassegna giurisprudenziale in materia di punibilità del medico per condotto omissiva e sulla valutazione del nesso eziologico tra colpa del sanitario ed evento lesivo verificatosi:

Cassazione penale sez. IV, 22/06/2018, n.47748:

L’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca a inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga a un inquadramento erroneo ma anche qualora si ometta, di eseguire o disporre controlli e accertamenti doverosi, ai fini di una corretta formulazione della diagnosi. D’altronde, allorché il sanitario si trovi di fronte a una sintomatologia idonea a condurre alla formulazione di una diagnosi differenziale, la condotta è colposa allorquando non si proceda alla stessa e ci si mantenga invece nell’erronea posizione diagnostica iniziale.

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

In tema di colpa, l’imprudenza consiste nella realizzazione di un’attività positiva che non si accompagni nelle speciali circostanze del caso a quelle cautele che l’ordinaria esperienza suggerisce di impiegare a tutela dell’incolumità e degli interessi propri e altrui (affermazione resa nell’ambito di procedimento a carico di un medico, cui era stata qualifica come “imprudente” la condotta che si assumeva colposa assunta nella vicenda che aveva portato al decesso una paziente; la Corte, nell’annullare con rinvio la decisione di condanna, ha osservato come impropriamente fosse stata ravvisata l’imprudenza sul rilievo che la condotta tenuta dal medico, più che un’attività positiva, era consistita – secondo la stessa corte di merito – in un’omessa o incompleta diagnosi, accompagnata da una sottovalutazione della sintomatologia che la paziente presentava, dall’omessa prescrizione di accertamenti strumentali a fini diagnostici e dalla prescrizione di un presidio terapeutico generico: situazioni che, semmai, potevano ascriversi al profilo della negligenza, in parte, e sotto altro profilo, a quello dell’imperizia).

Cassazione penale sez. IV, 10/10/2017, n.50038:

L’errore nella trasfusione di sangue di gruppo diverso al paziente è un errore di gravità tale da dover essere considerato come dotato di “esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento” anche rispetto ad un precedente errore medico, conseguendone che il processo causale innescato dalla consegna di sangue di un particolare gruppo destinato ad un paziente diverso dalla vittima è caratterizzato esclusivamente da errori che rappresentano lo sviluppo ulteriore dell’originario iter eziologico.

Cassazione penale sez. un., 24/04/2014, n.38343:

Nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. (Fattispecie in cui la suprema Corte ha escluso il nesso causale tra la condotta omissiva consistita nella mancata realizzazione di un impianto antincendio automatico e l’aggravante di cui all’art. 437, comma 2, c.p., alla stregua del giudizio controfattuale per cui, valutate le circostanze concrete in ordine ai necessari tempi di realizzazione, l’impianto non sarebbe stato comunque ultimato in epoca antecedente alla verificazione del disastro).

Cassazione penale sez. IV, 10/05/2012, n.20650:

In tema di responsabilità omissiva del medico per la morte del paziente, la verifica dell’esistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva del sanitario e l’evento lesivo presuppone l’effettuazione del cd. “giudizio controfattuale” diretto a stabilire se l’azione o le condotte positive ritenute doverose e invece omesse, nel caso concreto, ove ipotizzate come poste in essere dall’imputato, sarebbero state idonee a evitare l’evento o a ritardarne significativamente la sopravvenienza: tale verifica deve in concreto operarsi, in termini di ragionevole certezza (“alto grado di credibilità razionale” o “probabilità logica”), secondo tutte le circostanze che connotano il caso, e non già in termini di mera probabilità statistica pur rivelatrice di “serie e apprezzabili probabilità di successo” per l’azione impeditiva dell’evento, Sezioni Unite, 10 luglio 2002, Franzese. (Nella fattispecie, si contestava ai medici l’avvenuto decesso del paziente, sul rilievo che questi, pur in presenza di una sintomatologia – dolore toracico intermittente – che avrebbe dovuto indurre il sospetto di un’angina ingravescente, avevano omesso di richiedere una consulenza cardiologia e di effettuare i necessari accertamenti diagnostici – il dosaggio degli enzimi cardiaci – che avrebbero consentito di instaurare con urgenza la terapia necessaria, dimettendo anzi il paziente, poi deceduto, con l’errata diagnosi di patologia di origine gastrica: la Corte ha annullato con rinvio la decisione, rilevando come fosse mancato il suindicato giudizio controfattuale, risolto in modo apodittico e immotivato con l’affermazione che se il paziente “fosse rimasto in ospedale, anche nell’ipotesi in cui non fossero stati effettuati gli esami ematochimici… avrebbe potuto ricevere le cure necessarie e salvarsi”).

Cassazione penale sez. IV, 06/11/2007, n.840:

In tema di responsabilità professionale medica, è da ritenersi di natura commissiva e non omissiva la condotta del medico che adotti una terapia errata (e quindi ometta di somministrare quella corretta), con la conseguenza che in tale caso il giudizio controfattuale si esaurisce nella verifica delle conseguenze derivanti dall’eliminazione mentale della condotta realmente posta in essere, non dovendosi spingere alla valutazione delle conseguenze della condotta impeditiva nei fatti non realizzata (nella specie, la Corte ha ravvisato la responsabilità del medico a titolo di omicidio colposo per aver somministrato le terapie in dosaggi superiori a quelli previsti e senza tener conto della pericolosità dei fattori di accumulo).

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