La Cassazione conferma l’orientamento più rigoroso in tema di prova liberatoria nel reato di omesso versamento dell’I.V.A.

Si segnala ai lettori del blog la  sentenza n. 23796/2019 – depositata il 22.05.2019, che nel decidere sul reato di omesso versamento dell’Iva, ha negato l’applicabilità della scriminante della forza maggiore in caso di crisi finanziaria della società, riconoscendo la volontarietà dell’omissione anche se generata dal mancato incasso dell’Iva esposta nelle fatture rimaste impagate.

La sentenza in commento è interessante per gli operatori del diritto che si occupano a vario titolo della materia della fiscalità di impresa per la chiarezza con cui viene ricostruito lo stretto percorso difensivo che solo può portare alla definizione assolutoria del processo penale.

L’imputazione e lo svolgimento del processo di merito.

La Corte di Appello di Ancona confermava la penale responsabilità dell’imputato  tratto a giudizio per il reato di cui all’art 10-terd.lgs 74/2000 quale legale rappresentante di una società per avere omesso di versare nel termine di legge  l’IVA autoliquidata nell’anno 2010 per  un importo pari ad €491.394,00.

Il ricorso per cassazione.

Contro la sentenza della Corte distrettuale interponeva ricorso per cassazione il giudicabile articolando plurimi motivi di ricorso impingenti, tra gli altri, il punto della sentenza di appello che aveva  ritenuto sussistente l’elemento psicologico del reato in capo al prevenuto.

Il giudizio di legittimità ed i principi di diritto.

Il Supremo Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano più significati passaggi della motivazione di interesse per gli operatori di diritto in materia di reati tributari e omesso versamento dell’Iva:

  1. Sulla forza maggiore data l’impossibilità di assolvere al pagamento generata da fatture emesse ma non pagata:

“Successivamente (Sez. 3, n. 3647 del 12/7/2017 (dep. 2018), Botter, Rv. 272073), analizzando le differenze intercorrenti tra il delitto in esame e quello di cui all’art. 10-bis d.lgs. 74/2000, si è osservato che, nel primo reato, a differenza del secondo, le somme da versare all’erario potrebbero non essere nella disponibilità del soggetto passivo di imposta a causa dell’insolvenza del debitore nei cui confronti è stata emessa la fattura, anche se, per quanto riguarda l’imposta sul valore aggiunto, non sempre e non necessariamente la fattura deve essere emessa anteriormente al pagamento del corrispettivo. Viene fatto l’esempio delle prestazioni di servizio, che si considerano normalmente effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo stesso (art. 6, comma terzo, d.P.R. n. 633 del 1972), ricordando anche che, nel caso in cui beneficiario delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizio sia lo Stato o altro ente pubblico o altro ente indicato dall’art. 6, comma quinto, d.P.R. n. 633 del 1972, la costituzione del rapporto obbligatorio tributario è sempre subordinata al pagamento del corrispettivo, per cui, se la fattura viene emessa anticipatamente, l’immediata esigibilità dell’imposta, a prescindere dal pagamento del dovuto, deriva da una libera scelta dell’autore della cessione/prestazione (art. 6, commi quarto e quinto, d.P.R. n. 633 del 1972). Nella medesima decisione si è quindi affermato che, nel caso in cui l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto sia conseguenza dell’inadempimento altrui, resta ferma la necessità di dover spiegare in modo rigoroso la ragione per la quale la fattura è stata emessa prima del pagamento del corrispettivo. Si tratta di principi che il Collegio condivide ed ai quali intende dare continuità, affermando che il reato di omesso versamento di Iva di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 è punito a titolo di dolo generico ed ai fini dell’esclusione della colpevolezza è irrilevante la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo nonché, nel caso in cui l’omesso versamento dipenda dal mancato incasso dell’IVA per altrui inadempimento, dei motivi che hanno determinato l’emissione della fattura antecedentemente alla ricezione del corrispettivo.”

  1. Sull’elemento psicologico del reato di cui all’art 10-ter d.lgs 74/2000:

Invero, le Sezioni Unite (Sez. U, n. 37424 del 28/3/2013, Romano, Rv. 25575701) hanno chiarito, con riferimento al delitto in esame, che lo stesso è punibile a titolo di dolo generico e per la sua commissione è sufficiente la coscienza e volontà (che deve investire anche la soglia di punibilità) di non versare all’Erario le ritenute effettuate nel periodo considerato.La prova del dolo è insita, in genere, nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta e che deve, quindi, essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia entro il termine lungo previsto.Si è pure stabilito che il debito verso il fisco relativo ai versamenti IVA è collegato al compimento delle operazioni imponibili, sicché, ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni, riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria. L’introduzione della norma penale, precisano ancora le Sezioni Unite, stabilendo nuove condizioni e un nuovo termine per la propria applicazione, estende evidentemente la detta esigenza di organizzazione su scala annuale, con la conseguenza che non può essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta. Tale ultima affermazione è stata successivamente confermata (Sez. 3, n.15416 del 8/1/2014, Tonti, non massimata) ed, in tale occasione, si è anche affermato che ben potrebbero verificarsi casi in cui sia possibile invocare l’assenza del dolo o l’assoluta impossibilità di adempiere all’obbligazione tributaria ed il cui apprezzamento è devoluto al giudice del merito (e, come tale, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato), ma si è anche aggiunto che sarebbe in ogni caso necessario l’assolvimento degli oneri di allegazione che, per ciò che concerne la crisi di liquidità, devono avere attinenza non soltanto all’aspetto della non imputabilità al sostituto di imposta della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito l’azienda, ma anche alla circostanza che detta crisi non possa essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto. Segnatamente, è necessaria la prova che il contribuente non sia stato in grado, per cause indipendenti dalla sua volontà, di reperire le necessarie risorse per l’adempimento dell’obbligo tributario nonostante abbia posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un’improvvisa crisi di liquidità, le somme necessarie (veniva richiamata, a tale proposito, Sez. 3, n. 5905 del 9 ottobre 2013, Maffei, non massimata. V. anche Sez. 3, n. 5467 del 5/12/2013 (dep. 2014), Mercutello, Rv. 258055).”

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Quadro normativo di riferimento in materia di omesso pagamento dell’imposta all’Erario:

Art 10-ter del d.lgs 74/2000, omesso versamento dell’Iva:

  1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta. 

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Quadro giurisprudenziale in tema di dolo e cause di giustificazione nel reato di omesso versamento dell’Iva:

Cassazione penale sez. III, 12/12/2018, n.9:

Per la configurabilità del reato di omesso versamento IVA in capo al legale rappresentante di un’impresa non rileva quale causa di forza maggiore lo stato di crisi finanziaria imputabile alla precedente gestione laddove l’agente, al momento della nomina, sia consapevole della crisi di liquidità.

Cassazione penale sez. III, 10/10/2018, n.16035:

In tema di omesso versamento i.v.a. ex art. 10-ter d.lg. n. 74/2000, va riconosciuta una causa di esclusione dell’elemento soggettivo del reato in caso di difficoltà o crisi finanziaria dell’impresa, previa dimostrazione che tale situazione non è addebitabile all’imputato e che non era possibile fronteggiare la crisi con misure idonee.

Cassazione penale sez. III, 06/07/2018, n.52971:

Ai fini del reato di omesso versamento IVA, la decisione dell’imprenditore di garantire il pagamento dei crediti da lavoro dipendenti, omettendo il versamento dell’imposta sul valore aggiunto, è il risultato di una deliberata e consapevole scelta, non riconducibile alla causa di forza maggiore, difettando la necessità assoluta di violare la legge e l’imprevedibile e improvvisa insorgenza di una situazione di oggettiva mancanza di liquidità al momento dell’adempimento dell’obbligazione tributaria.

Cassazione penale sez. III, 07/06/2018, n.39211:

In tema di omesso versamento di ritenute fiscali e IVA, l’inesigibilità di una condotta alternativa diversa da quella omissiva tenuta dall’imputato, in presenza di una grave situazione di crisi aziendale, richiede una prova specifica che va oltre quella della contingenza negativa in cui versava la società.

Corte appello L’Aquila, 16/05/2018, n.1266:

L’omesso pagamento dell’I.V.A. per far fronte ad una crisi di liquidità dovuta a cause imprevedibili e non ascrivibili a colpa esclude il dolo nel reato di omesso versamento dell’I.V.A. (Nel caso di specie il mancato pagamento era stato causato da rilevanti perdite venutesi a creare per un appalto e l’imprenditore preferì pagare il personale e i subappaltatori e i fornitori in quanto l’omesso pagamento di questi ultimi avrebbe impedito l’incasso per i lavori fatti con il conseguente blocco dell’attività e il fallimento ma nell’anno successivo adempieva al pagamento delle rate previste per il piano di rientro).

Cassazione penale sez. III, 28/03/2018, n.46684:

In tema di omesso versamento Iva, il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque frutto di una scelta politica/imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente rilevante sia stato concausato dal mancato pagamento alle singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico.

Cassazione penale sez. III, 23/01/2018, n.38594:

Per escludere la punibilità per il reato di cui all’articolo 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 7 4 invocando la causa di forza maggiore, questa non può fondarsi sulla semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso, ma deve sostanziarsi nell’assoluta impossibilità di far fronte al versamento dell’imposta collegata a eventi che sfuggono al dominio finalistico dell’agente. Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato concausato dai mancati accantonamenti e dal mancato pagamento alle singole scadenze mensili (cfr. articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997) e quindi da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico.

Cassazione penale sez. III, 09/11/2017, n.11035:

In tema di reati tributari l’omesso versamento dell’Iva può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, a cui lo stesso non abbia potuto porvi rimedio per cause estranee alla sua volontà. Pertanto, è irrilevante la cosiddetta “crisi di liquidità” del debitore alla scadenza del termine per operare il versamento dell’Iva, poiché il debitore ha l’obbligo non solo di accantonare le risorse necessarie per l’adempimento dell’obbligazione tributaria, ma anche di adottare tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo. Ad affermarlo è la Cassazione per la quale soltanto la comprovata assoluta impossibilità di adempimento dell’obbligo tributario è idonea a escludere la punibilità del reato di omesso versamento dell’Iva, ma non di certo la mera difficoltà di porre in essere il comportamento omesso.

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