Omessa dichiarazione fiscale: la Cassazione ritiene utilizzabile la prova indiziaria per il superamento della soglia di punibilità.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 26196/2019 – depositata il 13.06.2019, resa per il reato di omessa dichiarazione, con cui è stato validato il criterio ermeneutico della prova indiziaria e per presunzioni adottato dai giudici di merito per ricavare l’effettiva base imponibile e l’imposta evasa, ritenendo utilizzabili per il computo di quest’ultima anche gli elementi indiziari e le risultanze non documentate, quando la contabilità prodotta dall’indagato appare inattendibile.

L’imputazione e il doppio grado di merito

La Corte di appello di Palermo confermava in punto di penale responsabilità la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Trapani nei confronti dell’imputato tratto a giudizio nella qualità di legale rappresentante di una società di capitali per rispondere del delitto di cui all’art 5 d.lgs. 74/2000.

In particolare, la società, secondo la tesi accusatoria, non aveva presentato nell’anno 2012 la dichiarazione ai fini IVA, con evasione dell’imposta indiretta per € 245.207,00 riferita all’anno 2011.

Il ricorso per cassazione.

Contro la sentenza della Corte distrettuale palermitana interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, denunciando violazione di legge in riferimento all’art 5 d.lgs 74/2000, non essendo stata raggiunta la prova –  ogni oltre ragionevole dubbio –  del superamento della soglia di punibilità, considerato che le due pronunce di merito dello stesso segno avevano applicato i principi della prova indiziaria ad un giudizio per reati fiscali.

Il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dando ampio spazio nel compendio motivazionale ai criteri di natura “oggettiva” che rendono più che verosimili le presunzioni di vendite extracontabili e quindi la relativa individuazione induttiva dell’imposta evasa elemento costitutivo del reato contestato al giudicabile.

Il principio di diritto dettato dalla Suprema Corte in ordine alla prova presuntiva ed indiziaria del superamento della soglia di punibilità fissata dall’art 5 d.lgs 74/2000:

La sentenza impugnata ha ritenuto superata la soglia di punibilità di 50.000,00 euro con riferimento alla imposta evasa relativamente all’anno 2011 da parte della società “omissis s.r.l.”, di cui era amministratore il ricorrente, sulla base di una pluralità di elementi. In particolare, dopo la premessa concernente la incontestata mancanza di presentazione delle dichiarazioni fiscali ai fini I.V.A. ed I.R.A.P. per l’anno d’imposta 2011, si osserva che: a) la società, avente ad oggetto al commercializzazione di prodotti ittici, per quanto risulta dalla sua stessa documentazione contabile, nell’anno 2011, ha venduto merce acquistata per un prezzo complessivo di 9.893.057,84 euro e la ha rivenduta ricavando “soltanto” 7.695973,24 euro, così da operare con cessioni “sottocosto” del 22 % per l’intero anno; b) la medesima società, sempre per quanto risulta dalla sua stessa documentazione contabile, nell’anno 2010, aveva venduto la stessa tipologia di merce con percentuale di ricarico %; c) secondo gli studi di settore, la percentuale ordinaria di ricarico per le imprese operanti in quel segmento di mercato era pari al 10 %; d) la contabilità della società in questione, nel 2011, si presenta come inattendibile, in quanto, ad esempio, il conto cassa per ben otto giorni ha presentato un saldo negativo, quando, al peggio, avendo ad oggetto il denaro contante a disposizione, può essere pari a zero; e) sempre nell’anno 2011, a fronte di vendite “sottocosto”, sono stati effettuati ingenti finanziamenti da parte dei soci (precisamente l’imputato ed il fratello), pari a circa 1.300.000,00, pur non avendo detti soci redditi “ufficiali” tali da spiegare queste operazioni, sicché le stesse apparivano come dirette a «giustificare il “reingresso” (nella società) di capitali acquisiti mediante vendite “in nero”». Sulla base di questi elementi, la sentenza impugnata ha ritenuto che, sulla merce acquistata, debba applicarsi un indice di ricarico, in relazione alle vendite, pari al 10 0/0, comunque prudenziale rispetto a quello effettivamente accertato per l’anno precedente in relazione alla società. Di conseguenza, la Corte di appello ha osservato che, siccome la merce acquistata è relativa ad un prezzo complessivo di 9.893.057,84 euro, applicando la percentuale di ricarico del 10%, l’I.V.A. a debito è pari a 1.088.236,00. Ha, quindi, rilevato che, essendo l’imposta risultante dalle fatture effettivamente contabilizzate pari a 843.029,00 euro, tra questo e quello di 1.088.236,00 euro, risultante dall’applicazione di un ragionevole margine di ricarico alle vendite, emerge una differenza di 245.207,00 euro. Ha perciò concluso che questo importo, il quale costituisce l’I.V.A. evasa, è ampiamente superiore alla soglia di punibilità di 50.000,00 euro, e che, quindi, il reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 è sicuramente sussistente.”

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Riferimenti normativi di riferimento:

Art. 5 d.lgs74/2000, omessa dichiarazione:

  1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila. 

1-bis.  E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila. 

  1. Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto. 

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Rassegna giurisprudenziale relativa alla individuazione della soglia di punibilità nel reato previsto e punito dall’art. 5 d.lgs74/2000:

Cassazione penale sez. III, 16/07/2018, n.53980:

Ai fini della configurabilità dei reati in materia di Iva, la determinazione della base imponibile, e della relativa imposta evasa, deve avvenire solo sulla base dei costi effettivamente documentati, non rilevando l’eventuale sussistenza di costi non documentati, mentre è possibile tenere conto di questi ultimi nelle ipotesi di reati concernenti le imposte dirette. (In motivazione la Corte ha precisato che l’Iva è collocata in un sistema chiuso di rilevanza sovranazionale, che prevede la tracciabilità di tutte le fatture, attive e passive, emesse nei traffici commerciali, a nulla rilevando l’eventuale sussistenza di costi effettivi non registrati che, invece, possono essere considerati con riferimento alle imposte dirette, non vincolate al rispetto di stringenti oneri documentali).

Comm. trib. reg., (Lazio) sez. IV, 05/10/2018, n.6949:

Nel caso di omessa dichiarazione, per la relativa annualità compete il riconoscimento del credito I.V.A., purché lo stesso sia documentato con gli estratti del libro giornale e con i registri I.V.A. da cui si evincono le liquidazioni periodiche ed il riporto del credito che non risulti utilizzato in compensazione dal contribuente.

Cassazione penale sez. III, 18/12/2017, n.21639:

In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva (art. 5 d.lgs.30 ottobre 2000 n. 74 del 2000), qualora vengano accertati ulteriori ricavi rispetto a quelli dichiarati dal contribuente, nelle determinazione del debito imponibile il giudice penale deve accertare l’ammontare della imposta evasa tenendo conto di tutti gli elementi – costi, ricavi, proventi e oneri – che concorrono alla sua formazione.

Cassazione penale sez. III, 06/06/2017, n.35579:

In materia di omessa dichiarazione dell’imposta sul valore aggiunto, è rimesso al giudice penale il compito di accertare l’ammontare dell’imposta evasa, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra l’I.V.A. risultante dalle fatture emesse e l’I.V.A. detraibile sulla base delle fatture ricevute, mediante una verifica che sia volta a privilegiare il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento fiscale, che non può, pertanto, ritenersi inficiata dal difetto di allegazione di eventuali fatture passive incombente sull’imputato.

Cassazione penale sez. III, 18/05/2011, n.36396:

Ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione ai fini di evasione dell’imposta sui redditi (art. 5 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74), spetta esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l’ammontare dell’imposta evasa, da intendersi come l’intera imposta dovuta, attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria.

Cassazione penale sez. III, 26/11/2008, n.5490:

In sede penale il giudice non può applicare le presunzioni legali, sia pure di carattere relativo, o i criteri di valutazione validi in sede tributaria, limitandosi a porre l’onere probatorio in ordine alla esistenza di costi deducibili a carico dell’imputato, ma deve, invece, procedere di ufficio agli accertamenti del caso.

Cassazione penale sez. III, 26/02/2008, n.21213:

Ai fini dell’individuazione del superamento o meno della soglia di punibilità di cui all’art. 5 d.lg. n. 74 del 2000, spetta esclusivamente al giudice penale il compito di procedere all’accertamento e alla determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi ed anche ad entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario.

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