Bancarotta fraudolenta documentale: va annullata la pronuncia di merito che afferma la responsabilità dell’imputato senza specifica motivazione sull’elemento psicologico del reato.

Si segnala ai lettori del blogla recentissima sentenza  di legittimità n.26613 /2019 – depositata il 17/06/2019 che affrontando il tema dell’indagine sull’elemento psicologico del reato nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, esclude che dal fatto materiale della mera irregolarità della tenuta delle scritture contabili si possa ricavare la fraudolenza dell’omissione richiesta dall’art 216, comma 1 n.2 l.f.

L’imputazione ed il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Milano confermava la penale responsabilità dell’imputata, tratta a giudizio anche per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, per non avere, nella qualità di legale rappresentante di una società di capitali, tenuto regolarmente le scritture contabili, non consentendo la ricostruzione del patrimonio e del volume degli affari dell’attività.

Viceversa la Corte distrettuale assolveva la giudicabile per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di truffa e esercizio abusivo di attività finanziaria inizialmente ascritti.

 

Il ricorso per cassazione.

Contro la sentenza resa in grado di appello, veniva   interposto   ricorso per la cassazione della sentenza impugnata, denunciando vizio di legge e di motivazione sui capi e punti della sentenza per il cui apprezzamento si rimanda alla lettura della allegata sentenza in commento.

 

Il giudizio di legittimità ed i principi di diritto.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso cassando con rinvio la sentenza impugnata, dando così continuità all’orientamento giurisprudenziale maggiormente garantista in ordine  all’apprezzamento dell’elemento soggettivo del reato del quale il giudice di merito deve dare debito conto, come si evince  dai seguenti passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento:

 “Tanto premesso, pur prescindendo dalle doglianze con le quali il ricorrente deduce censure concernenti il merito della valutazione probatoria – in particolare, quelle relative alle divergenze sul magazzino e sulla corretta tenuta delle scritture negli anni 2004-2005, oggetto di distinto accertamento giurisdizionale -, non consentite in sede di legittimità, la sentenza impugnata appare tuttavia carente, sotto il profilo motivazionale: risulta, infatti, che l’imputata, in qualità di amministratore di diritto della società fallita, abbia consegnato al curatore una serie di scritture contabili (libro soci, libro assemblee, libri inventari, libro cespiti, libro giornale, schede contabili, registro IVA vendite e acquisti 2008 e 2009), che, tuttavia, non concernono l’intera vita sociale dell’ente, essendo carente la documentazione degli ultimi anni prima della dichiarazione di fallimento; la stessa omissis è stata assolta, già in primo grado, dal reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, originariamente contestato per la dissipazione di 4,5 milioni di euro.Ebbene, escluso che sia stata contestata la fattispecie a dolo specifico di sottrazione o occultamento, va rammentato che la condotta contestata di tenuta irregolare o incompleta delle scritture contabili può rilevare come bancarotta fraudolenta, allorquando sia funzionale a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, ovvero come bancarotta semplice (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630: “La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma secondo, legge fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma primo, n. 2), legge fa/I., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore”;”

“(…)Nel caso in esame, la sentenza impugnata appare carente in relazione alla qualificazione giuridica del fatto in termini di bancarotta documentale fraudolenta, e non semplice, avendo affermato la sussistenza della più grave fattispecie in maniera assertiva, limitandosi ad un astratto richiamo della giurisprudenza di legittimità in materia di criteri distintivi tra bancarotta fraudolenta e semplice, e sostenendo che l’elemento soggettivo dovesse desumersi dalla irreperibilità della omissis . Tuttavia, l’irreperibilità dell’odierna ricorrente appare innanzitutto contraddetta dalla circostanza, richiamata nella medesima motivazione, che la omissis aveva consegnato al curatore una serie di scritture contabili; la circostanza, inoltre, non appare di per sé logicamente rilevante ai fini dell’affermazione del dolo della fattispecie ritenuta integrata, che consiste nella coscienza e volontà di tenere le scritture contabili in maniera da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari; elemento soggettivo la cui sussistenza va, dunque, affermata, secondo un procedimento logico-inferenziale, sulla base delle modalità della condotta contestata – nella specie, la tenuta irregolare della contabilità -, non già sulla base di un posterius rispetto al fatto-reato. Va, infine, evidenziato che, venuta meno la fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale originariamente contestata, la motivazione concernente la sussistenza degli indici di fraudolenza della condotta di tenuta irregolare delle scritture contabili deve essere maggiormente rigorosa, in quanto la consapevolezza di rendere impossibile la ricostruzione patrimoniale e finanziaria della società fallita di per sé celerebbe, sul piano pratico, lo scopo di danneggiare i creditori (animus nocendi) o di procurarsi un vantaggio (animus lucrandi), essendo sovente funzionale alla dissimulazione o all’occultamento di atti depauperativi del patrimonio sociale.”

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Quadro normativo di riferimento.

Art 216 l.fall., bancarotta fraudolenta:

E’ punito con la reclusione da tre a dieci anni, se e’ dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passivita’ inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a se’ o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

Art 217 l.fall., bancarotta semplice:

E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se e’ dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente:

1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;

2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;

3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;

4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;

5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

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Rassegna giurisprudenziale di riferimento per la distinzione tra le fattispecie di di bancarotta fraudolenta documentale (art 216 ex art. 216, comma 1, n. 2, l. fall.) e bancarotta documentale semplice  (art. 217, comma 2, l. fall.).

Cassazione penale sez. V, 02/10/2018, n.2900:

La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma 2, l. fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2), l. fall., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.

Cassazione penale sez. V, 14/11/2016, n.55065:

In tema di irregolare tenuta dei libri contabili nei reati fallimentari, a differenza del reato di bancarotta semplice in cui l’illiceità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai libri prescritti dalla legge, l’elemento oggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale riguarda tutti i libri e le scritture contabili genericamente intesi, ancorché non obbligatori; in quest’ultima ipotesi, si richiede, inoltre, il requisito dell’impedimento della ricostruzione del volume d’affari o del patrimonio del fallito, elemento, invece, estraneo al fatto tipico descritto nell’art. 217, comma 2, l. fall. Diverso è, infine, l’elemento soggettivo, costituito nell’ipotesi di bancarotta semplice indifferentemente dal dolo o dalla colpa, mentre nell’ipotesi di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, prima parte, l. fall. dal dolo generico

Cassazione penale sez. V, 29/04/2014, n.23251:

In tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2 legge. fall.), l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto più quando l’omissione è contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, poichè in detta ipotesi è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma secondo, legge fall.).

Cassazione penale sez. V, 24/06/2014, n.32051:

In tema di bancarotta fallimentare semplice documentale, è estraneo al fatto tipico, descritto dall’art. 217, comma 2, l. fall., il requisito dell’impedimento della ricostruzione del volume d’affari o del patrimonio del fallito, che costituisce, invece, l’evento di una delle fattispecie alternativamente integranti il diverso delitto di bancarotta fraudolenta documentale.

Cassazione penale sez. V, 11/04/2012, n.25432:

L’omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta – e non quello di bancarotta semplice – qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori.

Cassazione penale sez. V, 06/10/2011, n.48523:

Ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice (art. 217 comma 2 l. fall.), l’elemento soggettivo può indifferentemente essere costituito dal dolo o dalla colpa, che sono ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale prevista dall’art. 216 comma 1 n. 2 l. fall., l’elemento psicologico deve essere individuato nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore.

Cassazione penale sez. V, 07/06/2006, n.172:

In tema di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma 1, n. 2, l. fall.), è illegittima l’affermazione di responsabilità dell’amministratore che faccia derivare l’esistenza dell’elemento soggettivo del reato dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, considerato che, in tal caso, trattandosi per di più, nella specie, di omissione contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza por mente alle conseguenze di tale condotta, considerato che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma 2, l. fall..

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