Peculato sulle voci stipendiali: il sequestro preventivo non può essere disposto sugli importi relativi alle imposte, tasse e ritenute prelevate alla fonte perché non rientranti nel concetto di profitto diretto del reato.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 26969/2019 – depositata il 18.06.2019 resa dalla Sez. II della Suprema Corte che, chiamata a scrutinare la legittimità della misura cautelare reale, ha annullato il provvedimento impugnato chiarendo che in riferimento al reato di peculato su voci stipendiali percepite illecitamente, il sequestro preventivo deve essere disposto quantificando il profitto diretto conseguito dall’autore del reato limitatamente alla parte retributiva, con esclusione dei vantaggi economici indiretti mai introitati.
L’incolpazione provvisoria ed il giudizio cautelare.
Il Tribunale delle Libertà di Taranto, in funzione di giudice dell’appello cautelare, rideterminava la somma sottoposta al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente fino alla concorrenza di un importo pari ad € 863.129,85, ritenuto provento illecito del reato di peculato ascritto ai due indagati, che in qualità di dirigenti dell’azienda si erano appropriati di voci stipendiali non dovute comprese imposte e alle tasse da versarsi all’Erario.
Con l’ordinanza poi impugnata ex art. 325 cod. proc. pen. era stata disattesa la tesi difensiva volta alla ulteriore riduzione dell’importo sequestrabile in ragione della sostenuta, illegittima, inclusione nel quantum del provvedimento ablatorio delle imposte, tasse, oneri e ritenute operate alla fonte dal datore di lavoro.
Il ricorso per Cassazione.
Contro l’ordinanza emessa dal Collegio cautelare, interponevano ricorso per Cassazione i due indagati, censurando il provvedimento de quo con plurimi motivi, lamentando violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla determinazione del provento-profitto del sequestro funzionale alla confisca per equivalente, nonché violazione degli artt. 321 e 322 c.p per non aver i giudici cautelari tenuto conto che le somme oggetto di ablazione spettavano all’Erario e non erano mai state effettivamente percepite dai due imputati.
La decisione della Cassazione ed i principi di diritto.
La suprema Corte ha dichiarato fondato il ricorso, disponendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale per il Riesame indicando al Collegio del merito il principio di diritto al quale attenersi nello scrutinare la vicenda.
Di seguito si riportano i passaggi maggiormente significativi della sentenza in commento:
- Sull’errato computo degli importi oggetto del sequestro preventivo rispetto all’incolpazione di peculato aggravato per appropriazione indebita:
“Seguendo tale impostazione, questo collegio ritiene che erroneamente nella determinazione del profitto del reato ai fini del disposto sequestro siano state considerate come “profitto” anche le imposte “trattenute” sulla busta paga degli odierni ricorrenti e, quindi, importi riguardanti somme mai incamerate dai predetti. Appare illogico ritenere che detti importi possano essere configurati quale “effettivo vantaggio economico” che l’autore del peculato consegue in forza del suo comportamento illecito, che certamente non comprende somme che non sono di pertinenza dello stesso ma che sono entrate, in via immediata, nella disponibilità dell’ Erario. È evidente, infatti, che le imposte versate dal datore di lavoro per il proprio dipendente attraverso il meccanismo della c.d. ritenuta alla fonte non realizzano in sé alcun lucro per l’autore della condotta illecita. L’illecito vantaggio economico deve ovviamente essere stato conseguito “in concreto” non sussistendo altrimenti, come detto, alcun profitto confiscabile. Muovendo da tali considerazioni non appare condivisibile il principio, fatto proprio dai giudici dell’appello cautelare, espresso dalla Corte di Cassazione con la pronunzia n. 3287/2019 che chiamata a pronunziarsi sull’ estensione del sequestro a somme corrispondenti a ritenute fiscali e previdenziali ha evidenziato come il sequestro sia correlato al profitto conseguito dal ricorrente, essendo in tale prospettiva indubitabile che anche le somme corrispondenti alle ritenute versate dall’indagato debbano ricomprendersi in tale nozione, quale vantaggio economico derivante in via diretta e immediata dalla commissione dell’illecito, in tal senso richiamando Cass. Sez. U. n. 31617 del 26/6/2015, Lucci, rv. 264436, e precisando che di “profitto” deve parlarsi con riferimento a tutti gli importi, indistintamente calcolati all’origine e nella loro interezza da intendersi oggetto di indebita appropriazione.”
- Sul concetto di profitto del reato oggetto di sequestro preventivo:
“Le Sezioni Unite si sono ancora pronunciate sulla definizione di “profitto del reato” anche con la sentenza del 25.6.2009 n. 38691, Caruso, con la quale hanno confermato la nozione di “profitto del reato” già assunta in SS.UU. n. 38834/2008, Fisia per cui il “profitto del reato deve essere identificato col vantaggio economico ricavato in via immediata dal reato” stesso e a tale vantaggio “non va attribuito il significato di utile netto o di reddito, bensì di beneficio aggiunto di tipo patrimoniale”, sottolineando inoltre che “occorre una correlazione diretta del profitto con il reato ed una stretta affinità con l’oggetto di questo, escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita ad ogni e qualsiasi vantaggio patrimoniale, che possa comunque scaturire, pur in difetto di un nesso diretto di causalità, dall’illecito”. In tale sentenza è poi stato evidenziato che “il profitto deve essere identificato con il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato e si contrappone al ‘prodotto e ‘prezzo’ del reato”, specificando che “il prodotto è il risultato empirico dell’illecito, cioè le cose create, trasformate, adulterate o acquisite mediante il reato; il prezzo va invece individuato nel compenso dato o promesso a una determinata persona come corrispettivo dell’esecuzione dell’illecito.”
*****
Riferimenti normativi in materia di peculato e di misure cautelari reali:
Art. 314 c.p. Peculato:
- Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.
- Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
Art. 322-ter c.p..Confisca:
Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell’articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto (3).
Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall’articolo 321, anche se commesso ai sensi dell’articolo 322-bis, secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell’articolo 322-bis, secondo comma.
Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.
Art. 321 c.p. Oggetto del sequestro preventivo:
- 1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.
- Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca.
2-bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca.
- Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell’interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell’interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria (5) .
3-bis. Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell’intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l’emissione del decreto previsto dal comma 1 entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria.
3-ter. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dal comma 3-bis ovvero se il giudice non emette ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell’ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.
*****
Rassegna giurisprudenziale di maggior rilievo in ordine alla determinazione della misura cautelare reale disposta nell’ipotesi di peculato.
Cassazione penale sez. VI, 14/09/2017, n.1754:
In tema di confisca, il profitto del reato è solo quello costituito da un mutamento materiale, attuale e di segno positivo, della situazione patrimoniale del beneficiario, ingenerato dal reato attraverso la creazione, trasformazione o acquisizione di cose suscettibili di valutazione economica; ne consegue che non costituisce profitto del reato un vantaggio futuro – eventuale, sperato, immateriale o non ancora materializzato in termini economico-patrimoniali – né la mera aspettativa di fatto, c.d. “chance”, salvo che questa, in quanto fondata su circostanze specifiche, non presenti caratteri di concretezza ed effettività tali da costituire essa stessa un’entità patrimoniale a sé stante, autonoma, giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione in relazione alla sua proiezione sulla sfera patrimoniale del soggetto. (Fattispecie in tema di corruzione propria internazionale in cui la Corte ha escluso che potesse qualificarsi come profitto del reato internazionale la mera possibilità per l’imputato di continuare ad operare nel mercato algerino attraverso il suo inserimento nell’elenco delle imprese invitate alle gare di appalto indette dall’Ente di Stato Algerino nonché tra i “contrattisti” di una società italiana che operava in Algeria).
Cassazione penale sez. un., 26/06/2015, n.31617:
Il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito.
Cassazione penale sez. VI, 04/06/2015, n.30141:
Integra il delitto di peculato la condotta dell’ufficiale di polizia giudiziaria che si appropri di sostanza stupefacente in sequestro, previa manomissione dei relativi reperti. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la natura plurioffensiva del peculato implica che l’eventuale mancanza di danno patrimoniale – nella specie correlata alla non commerciabilità del bene oggetto della condotta – non esclude la sussistenza del reato, atteso che rimane pur sempre leso l’altro interesse protetto dalla norma, diverso da quello patrimoniale, costituito dal buon andamento della P.A., sotto i molteplici profili della legalità, efficienza, probità ed imparzialità).
Cassazione penale sez. VI, 07/01/2015, n.2336:
Qualora il profitto tratto da uno dei reati indicati nell’art. 322 ter cod. pen. sia costituito dal danaro, il giudice – attesa la fungibilità del bene – deve disporre la confisca del profitto in forma specifica, ai sensi della prima parte del comma primo del citato art. 322 ter, e non per equivalente ai sensi della seconda parte del predetto comma. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di una somma di danaro ritenuta profitto di un delitto di peculato, commesso prima dell’entrata in vigore della legge n. 190 del 2012).
Cassazione penale sez. V, 28/11/2013, n.10265:
Ai fini della configurabilità della responsabilità dell’ente, è sufficiente che venga provato che lo stesso abbia ricavato dal reato un vantaggio, anche quando non è stato possibile determinare l’effettivo interesse vantato “ex ante” alla consumazione dell’illecito e purché non sia contestualmente accertato che quest’ultimo sia stato commesso nell’esclusivo interesse del suo autore persona fisica o di terzi.
Cassazione penale sez. VI, 05/10/2012, n.42530:
Ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di cui all’art. 322 ter c.p., in presenza di un contratto di appalto ottenuto con la corruzione di pubblici funzionari, la nozione di profitto confiscabile al corruttore non va identificata con l’intero valore del rapporto sinallagmatico instaurato con la p.a., dovendosi in proposito distinguere il profitto direttamente derivato dall’illecito penale dal corrispettivo conseguito per l’effettiva e corretta erogazione delle prestazioni svolte in favore della stessa amministrazione, le quali non possono considerarsi automaticamente illecite in ragione dell’illiceità della causa remota. Ne consegue che il profitto che la parte privata ha conseguito dall’appalto illecitamente ottenuto non può globalmente omologarsi all’intero valore del rapporto sinallagmatico in tal modo instauratosi con l’amministrazione, dovendosi distinguere il profitto confiscabile quale direttamente derivato dall’illecito penale dal profitto determinato dal corrispettivo di una effettiva erogazione di prestazioni comunque svolte in favore della stessa p.a.. (Nella specie, è stata così annullata con rinvio l’ordinanza che aveva sottoposto a sequestro somme di denaro nella disponibilità dell’indagato il cui valore era stato ritenuto congruo avendo generico riferimento ai diversi importi di aggiudicazione delle gare pubbliche oggetto delle condotte incriminate: doveva il giudicante, invece, procedere all’accertamento in concreto dell’entità del profitto illecito realmente conseguito).
Cassazione penale sez. V, 14/12/2011, n.3238:
In tema di responsabilità da reato degli enti, qualora debbano imputarsi al profitto del reato presupposto dei crediti, ancorché liquidi ed esigibili, gli stessi non possono costituire oggetto di un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, trattandosi di utilità non ancora percepite dall’ente, ma soltanto attese.
Cassazione penale sez. VI, 17/06/2010, n.35748:
Il profitto del reato si identifica con il complesso dei vantaggi economici tratti dall’illecito e a questo strettamente pertinenti, ed è concretamente determinato al netto dell’effettiva utilità eventualmente conseguita dal danneggiato (nella specie è stato escluso il sequestro di una somma ricevuta dalla società a titolo di anticipazione per lavori poi effettivamente eseguiti).
Cassazione penale sez. un., 25/06/2009, n.38691:
Il peculato si consuma nel momento in cui ha luogo l’appropriazione della “res” o del danaro da parte dell’agente, la quale, anche quando non arreca, per qualsiasi motivo, danno patrimoniale alla p.a., è comunque lesiva dell’ulteriore interesse tutelato dall’art. 314 c p. che si identifica nella legalità, imparzialità e buon andamento del suo operato. (Fattispecie nella quale il ricorrente, concessionario di un pubblico servizio, aveva sostenuto di aver trattenuto le somme incassate per conto dell’ente, per soddisfare un proprio diritto di credito, vantato nei confronti di quest’ultimo, ricorrendo a una sorta di autoliquidazione).
Cassazione penale sez. VI, 26/03/2009, n.17897:
Ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di cui all’art. 322 ter cod. pen., in presenza di un contratto di appalto ottenuto con la corruzione di pubblici funzionari, la nozione di profitto confiscabile al corruttore non va identificata con l’intero valore del rapporto sinallagmatico instaurato con la P.A., dovendosi in proposito distinguere il profitto direttamente derivato dall’illecito penale dal corrispettivo conseguito per l’effettiva e corretta erogazione delle prestazioni svolte in favore della stessa amministrazione, le quali non possono considerarsi automaticamente illecite in ragione dell’illiceità della causa remota.
Cassazione penale sez. VI, 27/09/2007, n.37556:
Ai fini dell’adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 322-ter c.p., la nozione di profitto confiscabile va individuata nel vantaggio patrimoniale di diretta derivazione dal reato. (Fattispecie in cui è stato ritenuto legittimo il sequestro preventivo di beni – quali denaro, azioni, obbligazioni, mobili ed immobili, quote societarie ecc. – per un importo corrispondente al valore dei ricavi conseguiti per effetto degli accordi corruttivi, depurati dai costi legati all’operazione che non fossero di natura illecita).
Cassazione penale sez. un., 24/05/2004, n.29951:
In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca di beni appartenenti alla società fallita, la curatela fallimentare non è “terzo estraneo al reato”, in quanto il concetto di appartenenza di cui all’art. 240 comma 3 c.p.p. ha una portata più ampia del diritto di proprietà, si che deve intendersi per terzo estraneo al reato soltanto colui che non partecipi in alcun modo alla commissione dello stesso o all’utilizzazione dei profitti derivati. (In motivazione la Corte ha precisato che la sentenza che dichiara il fallimento priva la società fallita dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti a quella data, assoggettandoli alla procedura esecutiva concorsuale finalizzata al soddisfacimento dei creditori, ma che tale effetto di spossessamento non si traduce in una perdita della proprietà, in quanto la società resta titolare dei beni fino al momento della vendita fallimentare).
@RIPRODUZIONE RISERVATA