Sequestrabili i dati informatici scaricati nel server della società senza rispetto delle forme richieste per la corrispondenza o per le intercettazioni telefoniche.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 28269/2019 – depositata il 27.06.2019,  di interesse per  gli operatori del diritto per la qualificazione giuridica attribuita dalla Suprema Corte alle mail memorizzate nella memoria del  “server” di una società ed ai corollari procedimentali in tema di sequestro probatorio.

 

Il giudizio cautelare

In sede di riesame il Tribunale di Gorizia annullava il sequestro probatorio disposto sulle e-mail estratte dal server della società nel procedimento a carico  raggiunto da indizi di reità in ordine ai reati di cui agli artt. 353, comma 1 c.p. e 21 d.l. 113/2018, ritenendo che la captazione di tali comunicazioni potesse essere eseguita nelle sole forme dell’intercettazione, non adottate nel caso oggetto di impugnazione cautelare.

Il ricorso per cassazione.

Avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Gorizia interponeva ricorso per cassazione il pubblico ministero, lamentando l’erroneità della decisione assunta dal Collegio cautelare assumendo la legittimità del proprio operato non potendo assimilarsi la copia forense  delle mail contenute nella memoria di massa ad una captazione in tempo reale di un flusso telematico di comunicazioni.

Il giudizio di legittimità ed i principi di diritto.

Il Supremo Collegio ha accolto il ricorso, annullando, per l’effetto, l’ordinanza impugnata

Di seguito si riporta il passaggio motivazionale di maggiore interesse per il principio di diritto fissato:

Ritiene il Collegio che i dati informatici acquisiti dal server di una società (nella specie si trattava di messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria fisica del computer) siano qualificabili quali documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen.

La relativa attività acquisitiva non soggiace dunque alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche.

La questione posta dal provvedimento impugnato, ossia che la acquisizione dei dati contenuti nel server sia configurabile alla stregua di un’attività di intercettazione telefonica, non è fondata.

L’attività di intercettazione telefonica, ammissibile in relazione a conversazioni o comunicazioni telefoniche o altre forme di telecomunicazione ex art. 266 cod. proc .pen. postula infatti, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni nel momento stesso in cui si realizzano, cosicché il provvedimento di autorizzazione del giudice risulta necessario in quanto finalizzato, in via preventiva ed in relazione al quadro accusatorio, alla verifica dell’esistenza di gravi indizi di reato, in una prospettiva di indispensabilità per la prosecuzione delle indagini preliminari. Nel caso di specie, invece, il provvedimento di sequestro probatorio interviene per acquisire ex post i dati risultanti da precedenti e già avvenute comunicazioni telefoniche, così come conservati nella memoria fisica del computer e come tali cristallizzati e documentati da quei flussi (conf. Sez. 5, n. 1822 del 21/11/2017, Parodi, Rv. 272319, con riguardo a sms, messaggi WhatsApp e di posta elettronica conservati nella memoria di un apparecchio cellulare; Sez. 3, n. 928 del 25/11/2015, Giorgi, Rv. 265991, in tema di messaggi WhatsApp e SMS rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro).”

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Quadro normativo di riferimento relativo alle fattispecie di reato richiamate nella  sentenza in commento:

Art. 234 c.p., prova documentale:

  1. È consentita l’acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.
  2. Quando l’originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia.
  3. È vietata l’acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo o sulla moralità in generale delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti.

Art. 254  c.p., sequestro di corrispondenza:

  1. Presso coloro che forniscono servizi postali, telegrafici, telematici o di telecomunicazioni è consentito procedere al sequestro di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi e altri oggetti di corrispondenza, anche se inoltrati per via telematica, che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere spediti dall’imputato o a lui diretti, anche sotto nome diverso o per mezzo di persona diversa, o che comunque possono avere relazione con il reato.
  2. Quando al sequestro procede un ufficiale di polizia giudiziaria, questi deve consegnare all’autorità giudiziaria gli oggetti di corrispondenza sequestrati, senza aprirli o alterarli e senza prendere altrimenti conoscenza del loro contenuto.
  3. Le carte e gli altri documenti sequestrati che non rientrano fra la corrispondenza sequestrabile sono immediatamente restituiti all’avente diritto e non possono comunque essere utilizzati.

Art. 266 c.p., limiti di ammissibilità:

  1. L’intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione è consentita nei procedimenti relativi ai seguenti reati:
  2. a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’articolo 4;
  3. b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell’articolo 4;
  4. c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope;
  5. d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;
  6. e) delitti di contrabbando;
  7. f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono;

f-bis) delitti previsti dall’articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1 del medesimo codice, nonché dall’art. 609-undecies;

f-ter) delitti previsti dagli articoli 444473474515516517-quater 633, terzo comma, del codice penale;

f-quater) delitto previsto dall’articolo 612-bis del codice penale.

  1. Negli stessi casi è consentita l’intercettazione di comunicazioni tra presenti, che puo’ essere eseguita anche mediante l’inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile. Tuttavia, qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall’articolo 614del codice penale, l’intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa .

2-bis. L’intercettazione di comunicazioni tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile e’ sempre consentita nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater , e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell’articolo 4 (9) .

La Corte cost., con sentenza 11 marzo 1993, n. 81, nel dichiarare non fondata nei sensi di cui in motivazione una questione di costituzionalità dell’art. 266, sollevata in riferimento all’art. 15 Cost., ha rilevato che, ferma restando la libertà del legislatore di stabilire più specifiche norme di attuazione dei predetti princìpi costituzionali, il livello minimo di garanzie richieste dal precetto costituzionale che esige tanto il rispetto di requisiti soggettivi di validità in ordine agli interventi nella sfera privata relativa alla libertà di comunicazione (atto dell’autorità giudiziaria, sia questa il pubblico ministero, il giudice per le indagini preliminari o il giudice del dibattimento), quanto il rispetto di requisiti oggettivi (sussistenza e adeguatezza della motivazione in relazione ai fini probatori concretamente perseguiti), pone un parametro di validità che spetta al giudice a quo applicare direttamente al caso di specie, al fine di valutare se l’acquisizione del tabulato, contenente l’indicazione dei riferimenti soggettivi, temporali e spaziali delle comunicazioni telefoniche intercorse, possa essere considerata legittima e, quindi, ammissibile». V. anche, su tale sentenza, sub art. 256.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di captazione del flusso di comunicazioni informatiche:

Cassazione penale sez. V, 21/11/2017, n.1822:

I dati informatici (Sms, messaggi WhatsApp, messaggi di posta elettronica scaricati o conservati nella memoria) rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro hanno natura di documenti ai sensi dell’articolo 234 del Cpp, con la conseguenza che la relativa acquisizione non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche. Infatti, sotto il primo profilo, è inapplicabile la disciplina dettata dall’articolo 254 del Cpp, perché i suddetti testi non rientrano nel concetto di “corrispondenza”, la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito. Mentre, sotto il secondo profilo, neppure è configurabile un’attività di intercettazione, che postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, mentre nel caso di che trattasi ci si limita ad acquisire ex post il dato, conservato in memoria, che quei flussi documenta.

Cassazione penale sez. III, 25/11/2015, n.928:

Non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 c.p.p. in tema di sequestro di corrispondenza, bensì quella prevista dall’art. 234 stesso codice, concernente i documenti, con riferimento a messaggi WhatsApp ed SMS rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro, in quanto questi testi, non costituendo il diretto obiettivo del vincolo, non rientrano neppure nel concetto di “corrispondenza”, la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito.

Cassazione penale sez. I, 23/04/2014, n.24919:

Non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 cod. proc. pen., bensì quella ordinaria in materia di sequestro, con riferimento a lettere o pieghi non ancora avviati dal mittente al destinatario o già ricevuti da quest’ultimo, poiché tali oggetti non costituiscono “corrispondenza”, implicando tale nozione un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante la consegna del plico a terzi per il recapito.

Cassazione penale sez. V, 14/10/2009, n.16556:

È legittimo il decreto del pubblico ministero di acquisizione in copia, attraverso l’installazione di un captatore informatico, della documentazione informatica memorizzata nel “personal computer” in uso all’imputato e installato presso un ufficio pubblico, qualora il provvedimento abbia riguardato l’estrapolazione di dati, non aventi ad oggetto un flusso di comunicazioni, già formati e contenuti nella memoria del “personal computer” o che in futuro sarebbero stati memorizzati. (Nel caso di specie, l’attività autorizzata dal P.M., consistente nel prelevare e copiare documenti memorizzati sull'”hard disk” del computer in uso all’imputato, aveva avuto ad oggetto non un “flusso di comunicazioni”, richiedente un dialogo con altri soggetti, ma “una relazione operativa tra microprocessore e video del sistema elettronico”, ossia “un flusso unidirezionale di dati” confinati all’interno dei circuiti del computer; la S.C. ha ritenuto corretta la qualificazione dell’attività di captazione in questione quale prova atipica, sottratta alla disciplina prescritta dagli artt. 266 ss. cod. proc. pen.).

Cassazione penale sez. VI, 01/07/1998, n.8870:

È legittima, per rientrare nell’ambito dei poteri riconosciuti dall’art. 354 c.p.p. alla polizia giudiziaria, un’ispezione all’interno di una cassetta delle lettere posta in un ufficio postale – senza previa informazione al p.m. e senza redazione di verbale – volta a prendere conoscenza del destinatario di una lettera subito dopo l’inserimento nella cassetta dell’ufficio postale della stessa – poi inoltrata al destinatario del tutto integra e secondo le vie ordinarie – da parte di persona conosciuta al personale operante. Tutte le attività relative eseguite da detto personale (le quali non si risolvono in una violazione, sottrazione o soppressione di corrispondenza ex art. 616 c.p.p. o nel sequestro della stessa ai sensi dell’art. 254 c.p.p.), possono anche essere oggetto di prova testimoniale, le cui risultanze non sono inutilizzabili ai sensi dell’art. 191 c.p.p. (Nella specie l’ispezione è stata eseguita nel corso di indagini su numerosi esposti anonimi concernenti l’attività amministrativa di un comune).

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