Frode fiscale e concorso del commercialista nel reato tributario: secondo la Cassazione per la punibilità del professionista è sufficiente il dolo eventuale.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n.28158/2019 – depositata il 27.06.2019 resa in tema di reati tributari, con la quale la Suprema Corte ha indicato gli elementi probatori necessari e sufficienti per ritenere provato il concorso del consulente tributario nella consumazione della frode fiscale.

 

L’imputazione e il doppio grado di giudizio.

La Corte di appello di Napoli riformava parzialmente la sentenza resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata il quale, all’esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di quattro imputati tratti a giudizio per il reato di cui all’art. 2 D.Lvo 74/2000 nelle rispettive qualità di amministratore di diritto, amministratore di fatto, responsabile del settore amministrativo ed infine di consulente contabile e fiscale della società.

In particolare, per quanto di interesse, la responsabilità penale dei prevenuti veniva confermata dalla Corte territoriale in ordine al reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false e operazioni inesistenti, con correlativo danno all’Erario di rilevante valore.

Il ricorso per cassazione.

Avverso la sentenza della Corte distrettuale napoletana interponevano ricorso per cassazione i quattro imputati presentando distinti atti, censurando il provvedimento de quo in punto per violazione di legge e vizio motivazionale per il cui apprezzamento si rimanda alla lettura della sentenza.

Il giudizio di legittimità ed il principio di diritto afferente la penale responsabilità concorsuale del consulente fiscale. 

Il Supremo Collegio ha dichiarato inammissibili i ricorsi.

Segnalo agli operatori di diritto gli interessanti passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento, di seguito riportati, afferenti la penale responsabilità del commercialista, nella qualità di consulente fiscale e contabile della società:

“Ai fini dell’esame delle censure proposte, è utile premettere che il commercialista di una società può concorrere nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, agendo a titolo di dolo eventuale.

Innanzitutto, non risulta, almeno in giurisprudenza, alcuna controversia circa la configurabilità del concorso del commercialista con il contribuente né, in generale, nei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, né, più in particolare, nei reati connessi a dichiarazioni.

Invero, sin dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 74 del 2000, si è affermato che il commercialista può concorrere, ex art. 110 cod. pen., nel reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, con l’emittente di queste ultime (Sez. 3, n. 28341 del 01/06/2001, Torturo, Rv. 219679-01).

Lo stesso principio, inoltre, è stato affermato di recente in relazione al reato di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000 (Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713-01).

Più volte, inoltre, sono stati dichiarati inammissibili o rigettati ricorsi avverso decisioni di condanna del commercialista di una società per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, quale concorrente con il legale rappresentante dell’ente (cfr., ad esempio, Sez. 3, n. 39873 del 16/04/2013, Proserpi, non massimata, citata dalla sentenza impugnata, nonché, di recente, Sez. 3, n. 7384 del 27/02/2018, dep. 2019, Di Carlo ed altri, non massimata). Per quanto concerne l’individuazione delle modalità di partecipazione concorsuale rilevanti ex art. 110 cod. pen., poi, è sufficiente rilevare che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, il contributo causale del concorrente può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa non solo in caso di concorso morale ma anche in caso di concorso materiale, fermo restando l’obbligo del giudice di merito di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti (cfr., per un precedente in tema di concorso materiale, Sez. 4, n. 1236 del 16/11/2017, dep. 2018, Raduano, Rv. 271755-01, nonché, per precedenti in tema di concorso morale, Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226101-01, e Sez. 1, n. 7643 del 28/11/2014, dep. 2015, Villacaro, Rv. 262310-01).

“(…) Relativamente al profilo della colpevolezza, è incontestato, e condivisibile, l’indirizzo secondo cui il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’IVA (così, in particolare, Sez. 3, n. 52411 del 19/06/2018, B., Rv. 274104-01, e Sez. 3, n. 30492 del 23/06/2015, Danniani, Rv. 264395-01).

La sentenza impugnata afferma l’attribuibilità a [omissis]  dei fatti di reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, commessi tra il 2005 ed il 2011, con riferimento alle dichiarazioni presentate per gli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010, sulla base di una pluralità di elementi.

Si rappresenta, in primo luogo, che il ricorrente: a) era il consulente fiscale della “omissis  s.r.l.” e di tutte le società facenti capo alla famiglia di [omissis], alcune delle quali avevano anche sede presso il suo studio; b) era preposto alla cura dei rapporti dei componenti della omissis con le società fiduciarie omissis s.p.a. e omissis s.p.a.; c) ha rappresentato le due società in alcune assemblee della società omissis s.r.l.” ; d) curava, unitamente a omissis , la predisposizione dei bilanci di esercizio della società “omissis s.r.l.”; e) disponeva di un «accesso diretto in remoto al sistema informatico della società» per «ottenere dei report contabili periodici».

Si osserva, quindi, che il ricorrente era da ritenersi perfettamente a conoscenza sia dell’omessa istituzione e tenuta della contabilità di magazzino, sia dell’irregolare tenuta del registro degli inventari, anche perché queste gravi violazioni erano periodicamente segnalate dal collegio sindacale, con il quale egli era in continuo contatto ed al quale forniva documentazione.

Si rileva, ancora, che numerose conversazioni telefoniche intercettate confermano la consapevolezza ed il coinvolgimento del ricorrente in ordine alla pratiche illecite. Si richiamano: a) le conversazioni n. 4 e 211, intercorse tra il ricorrente ed il coimputato omissis, nel corso delle quali i due ammettono la necessità di «giustificare che la merce sta qua nel capannone, […] che ci stanno tutti questi movimenti e tutto il resto», e parlano di contratti da sottoscrivere e «far passare»; b) la conversazione n. 288, intercorsa tra omissis ed il presidente del collegio sindacale della “omissis s.r.l.”, nel corso della quale il primo manifesta preoccupazione per i possibili risvolti, anche di natura «penale», degli accertamenti della Guardia di Finanza, e concorda le modalità di redazione dei verbali assembleari, ferma restando la necessità di acquisire indicazioni in proposito da omissis ; c) la conversazione n. 396, intercorsa tra omissis ed un’impiegata, la quale riferisce delle preoccupazioni insorte nello studio del presidente del collegio sindacale della omissis dopo la richiesta di atti da parte della Guardia di Finanza, e della necessità di acquisire documentazione presso lo studio di omissis . Si aggiunge, infine, che il ricorrente, come da lui stesso ammesso, ha predisposto ed inoltrato la dichiarazione fiscale relativa all’anno 2010 utilizzando fatture per operazioni inesistenti concernenti elementi passivi fittizi pari a 36.601.823,91 euro (con IVA indebitamente detratta pari a 7.320.364,78 euro) ancora nell’ottobre 2011, sebbene «le conclamate modalità truffaldine di gestione contabile della società erano state acclarate, certificate e comunicate dalla Guardia di Finanza attraverso la verifica fiscale del luglio 2011».

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Riferimenti normativi di rilievo per gli operatori di diritto in materia di reati tributari relativi alla chiamata in correità del commercialista:

Art. 2 decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 , dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti:  

  1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.
  2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
  3. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07 (lire trecento milioni), si applica la reclusione da sei mesi a due anni.

Art. 13-bis decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 , circostanze del reato:

  1. Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.
  2. Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2.
  3. Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.

Art. 9 decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti:

In deroga all’art. 110 del codice penale:

  1. a) l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 2;
  2. b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 8.

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Rassegna giurisprudenziale in ordine agli indici di punibilità del professionista per plurimi reati tributari:

Giurisprudenza conforme alla sentenza in epigrafe circa la compatibilità del dolo specifico e del dolo eventuale nei reati tributari:

Cassazione penale sez. III, 19/06/2018, n.52411:

In tema di reati tributari, il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l’evento tipico (la presentazione della dichiarazione), è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’Iva.

Cassazione penale sez. III, 18/06/2018, n.51468:

In tema di reati tributari, la disposizione prevista dall’art. 9 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che, al fine di evitare che la medesima condotta sostanziale sia punita due volte, esclude la configurabilità del concorso di chi emette la fattura per operazioni inesistenti nel reato di chi se ne avvale e viceversa, non impedisce il concorso nell’emissione della fattura, secondo le regole ordinarie dell’art. 110 cod. pen., di soggetti diversi dall’utilizzatore.

Cassazione penale sez. III, 14/11/2017, n.1999:

In tema di reati tributari, è responsabile a titolo di concorso il consulente fiscale per la violazione tributaria commessa dal cliente (nella specie, per il delitto di indebita compensazione), quando il primo sia l’ispiratore della frode, ed anche se solo il cliente abbia beneficiato della operazione fiscalmente illecita.

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2017, n.1236:

In tema di concorso di persone nel reato, il contributo causale del concorrente può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa non solo in caso di concorso morale ma anche in caso di concorso materiale, fermo restando l’obbligo del giudice di merito di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti.

Cassazione penale sez. III, 23/06/2015, n.30492:

In tema di reati tributari, il liquidatore di una società di capitali può rispondere, in relazione alle dichiarazioni annuali presentate dopo il suo insediamento, dei reati di cui agli artt. 2 e 4 del d.lg. 10 marzo  2000, n. 74, purché emergano elementi dai quali poter desumere quanto meno la sussistenza del dolo eventuale, e dunque la conoscenza o conoscibilità, attraverso una diligente verifica della contabilità e dei bilanci, della fittizietà delle poste e della falsità delle fatture inserite nella dichiarazione.

Cassazione penale sez. I, 28/11/2014, n.7643:

In tema di concorso di persone nel reato, la circostanza che il contributo causale del concorrente morale possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa (istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto, agevolazione alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso) non esime il giudice di merito dall’obbligo di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 cod. pen., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto viziata la motivazione della sentenza per non aver il giudice di merito indicato gli elementi fattuali dai quali far discendere la prova che l’imputato fosse il mandante di un omicidio).

Cassazione penale sez. III, 17/04/2008, n.25129:

In tema di reati tributari, la disciplina in deroga al concorso di persone nel reato prevista dall’art. 9 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, non esclude il concorso nella condotta di chi emette la fattura o il documento per un’operazione inesistente (art. 8, comma 1, d.lg. citato), in quanto si tratta di reato comune.

Cassazione penale sez. III, 01/06/2001, n.28341:

La disciplina derogatoria alle regole del concorso di persone nel reato, per come fissata dall’art. 9 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, non esclude il concorso del commercialista nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

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