Incidente in cantiere: rispondono delle lesioni colpose riportate dal lavoratore sia il datore di lavoro della società appaltatrice, sia l’amministratore della società committente se ingerisce nell’organizzazione dei lavori.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n. 28770/2019 – depositata il 02.07.2019 resa in materia di diritto penale del lavoro, con la quale la Suprema Corte ha confermato la penale responsabilità affermata dai giudici di merito in capo al datore di lavoro dell’operaio infortunato ed al titolare della società committente, riconoscendo a carico di entrambi una posizione di garanzia rispetto agli obblighi di prevenzione e protezione imposti dalla normativa di settore.

 

L’imputazione e il doppio grado di giudizio.

Il Tribunale di Padova condannava i due imputati alla pena ritenuta di giustizia: il primo nella qualità di legale rappresentante della impresa appaltatrice e datore di lavoro dell’infortunato ed il secondo  quale titolare della società committente i lavori perché omettevano di vigilare sul rispetto della normativa antinfortunistica violando, segnatamente il disposto dell’art 146 d.lgs. 81/2008, causando l’infortunio del lavoratore che precipitava sul pavimento del primo piano riportando lesioni personali di grave entità a causa della mancata predisposizione di idonei piani di copertura da predisporre sulle aperture presenti sul tetto riportando lesioni personali di grave entità.

 

Il ricorso per cassazione.

Avverso il provvedimento di condanna emesso dalla Corte territoriale veneziana interponevano separatamente ricorso per cassazione i due imputati, censurando il provvedimento de quo con plurimi motivi di impugnazione afferenti violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla ritenuta responsabilità colposa in assenza della prova dell’efficacia causale delle condotte omissive contestate, considerata anche la condotta abnorme del lavoratore colpevole di non aver utilizzato i passaggi protetti dai ponteggi esterni.

 

Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Il Supremo Collegio ha dichiarato inammissibili i ricorsi sia per genericità dei motivi.

In punto di diritto si riportano i passaggi della motivazione che affrontano il tema delle posizioni di garanzia

“Dalla sentenza impugnata risulta che [omissis], nella qualità di amministratore della società omissis s.n.c. di omissis, impresa sub – affidataria dei lavori di costruzione di un edificio quadrifamiliare in Torreglia, aveva incaricato il suo dipendente [omissis] di effettuare un’attività di lavoro in quota consistente nel posizionamento delle antenne sul tetto e che la società committente omissis s.a.s., di cui è titolare omissis, si era ingerita concretamente nei lavori della ditta appaltatrice. I giudici di merito pervenivano al convincimento, con argomentazioni logiche e congrue, che nel caso de quo il controllo e la predisposizione di misure di sicurezza incombesse sia su [omissis], datore di lavoro di [omissis], che su [omissis], titolare della società committente, riconoscendo ad entrambi la titolarità della posizione di garanzia.

Le emergenze processuali dimostravano infatti che vi era totale promiscuità tra le due imprese operanti nel sito edile e che le circostanze concrete dimostravano la collaborazione costante dei lavoratori da esse dipendenti nella realizzazione dell’immobile. Tale decisione risulta in linea con i principi di diritto della giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015, Rv. 26497; Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Rv. 252672) che ha, tra l’altro, stabilito che la posizione del committente, quale soggetto su cui incombe il governo del rischio, deriva dal dovere di sicurezza in relazione all’incidenza che la sua condotta assume, oltre che nell’opzione di individuare un contraente inadeguato, nell’essersi eventualmente ingerito nell’esecuzione del contratto ed implica, in tale caso, la verifica, in concreto, della effettiva incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità delle opere da eseguire.

“(…)Risulta altresì appropriata l’attribuzione, in capo agli imputati, della violazione dell’art. 146 d.lgs. n. 81/2008 risultando loro ascritta la totale omissione di cautele ed accorgimenti diretti ad evitare la caduta di lavoratori in presenza dell’apertura presente nel sottotetto.

Tale disposizione prevede infatti espressamente che Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fernnapiede oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio. I giudici di merito hanno inoltre correttamente osservato che la condotta del omissis che, per mera distrazione, si era avvicinato al foro del tetto senza avvedersi del pericolo, anche per la presenza di una guaina di copertura che ne celava l’apertura, non poteva considerarsi abnorme ed idonea ad interrompere il nesso di causalità tra le condotte colpose degli imputati e l’evento lesivo. 7.1. Al riguardo è sufficiente rammentare che, secondo il costante dictum della Suprema Corte (Sez. 4 n. 3787 del 17/10/2014 – dep. 2015 – Rv. 261946), il titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautele, sicchè la sua responsabilità può essere esclusa per causa sopravvenuta solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute connotandosi come del tutto inopinabile.

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Riferimenti normativi di rilievo:

Art. 590 c.p. Lesioni personali colpose:

Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.

Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima ,della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale

Art. 146  d.lgs. 81/2008, Difesa delle aperture:

  1. Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio.
  2. Qualora le aperture vengano usate per il passaggio di materiali o di persone, un lato del parapetto può essere costituito da una barriera mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per il tempo necessario al passaggio.
  3. Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano una profondità superiore a m 0,50 devono essere munite di normale parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate in modo da impedire la caduta di persone.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di responsabilità penale in capo al titolare della posizione di garanzia assunta nell’esecuzione dei lavori:

Cassazione penale sez. IV, 15/07/2015, n.44131:

In materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l’idoneità tecnico – professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati, dovendosi, peraltro, escludere che la non idoneità possa essere ritenuta per il solo fatto dell’avvenuto infortunio, in quanto il difetto di diligenza nella scelta dell’impresa esecutrice deve formare oggetto di specifica motivazione da parte del giudice.

Cassazione penale sez. IV, 17/10/2014, n.3787:

In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori l’osservanza delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non abnorme il comportamento del lavoratore che, per l’esecuzione di lavori di verniciatura, aveva impiegato una scala doppia invece di approntare un trabattello pur esistente in cantiere).

Cassazione penale sez. IV, 14/03/2014, n.22249:

In tema di reati colposi, la verifica in ordine alla “prevedibilità” dell’evento impone il vaglio delle possibili conseguenze di una determinata condotta commissiva od omissiva avendo presente il cosiddetto “modello d’agente” ossia il modello dell’uomo che svolge paradigmaticamente una determinata attività, che importa l’assunzione di certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che l’operatore concreto si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta; tale modello impone, nel caso estremo in cui il garante si renda conto di non essere in grado di incidere sul rischio, l’abbandono della funzione previa adeguata segnalazione al datore di lavoro. (Fattispecie in tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro).

Cassazione penale sez. IV, 14/01/2014, n.7364:

In tema di infortuni sul lavoro, non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque all’insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente. (Fattispecie relativa alle lesioni “da caduta” riportate da un lavoratore nel corso di lavorazioni in alta quota, in relazione alla quale la Corte ha ritenuto configurabile la responsabilità del datore di lavoro che non aveva predisposto un’idonea impalcatura – “trabattello” – nonostante il lavoratore avesse concorso all’evento, non facendo uso dei tiranti di sicurezza).

Cassazione penale sez. IV, 27/06/2012, n.37986:

In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori il rispetto delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità – in ordine al reato di cui all’art. 590, comma 3, c.p. – dell’imputato, legale rappresentante di una s.a.s., per non avere adeguatamente informato il lavoratore, il quale aveva ingerito del detersivo contenuto in una bottiglia non contrassegnata, ritenendo trattarsi di acqua minerale).

Cassazione penale sez. IV, 18/01/2012, n.3563:

Il committente risponde dell’incidente subito dal prestatore d’opera solo se si accerta, in concreto, l’effettiva incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento (da queste premesse, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza, che aveva affermata la responsabilità dei committenti, evidenziando come non fossero stati approfonditi i profili rilevanti per l’eventuale formalizzazione dell’addebito) specialmente in una vicenda in cui i committenti non erano imprenditori che avevano stipulato un contratto di appalto per l’esecuzione di lavori all’interno dell’azienda, ma privati che si erano limitati alla stipula di una contratto d’opera per l’esecuzione di lavori in economia su un proprio immobile: non si era tenuto in conto, appunto, della specificità dei rapporti intercorsi tra le parti; non erano stati approfonditi i criteri seguiti per la scelta del prestatore d’opera; né alcuna disamina era stata svolta in ordine all’eventuale percepibilità di una situazione di pericolo evidente, tale da dover essere segnalata al prestatore d’opera).

Cassazione penale sez. IV, 14/01/2008, n.8589:

In materia di infortuni sul lavoro, nel caso di appalto di lavori di ristrutturazione edilizia il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati. (Nella fattispecie è stata ritenuta la responsabilità del committente per il reato di lesioni colpose in relazione all’infortunio occorso ad uno dei lavoratori impiegati dall’impresa incaricata, la quale non offriva adeguate garanzie, in ragione della sua modesta struttura e della sua mancata iscrizione alla camera di commercio, in ordine al rispetto della normativa antinfortunistica).

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