Reati tributari: è illegittima l’esecuzione del sequestro preventivo delle somme accreditate sul conto corrente della società dopo l’emissione della misura cautelare reale.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n. 30414/2019 – depositata il 10.07.2019 resa in materia di reati tributari, con la quale la Suprema Corte ha dichiarato l’illegittimità del sequestro preventivo (diretto) disposto ai fini della confisca ed eseguito sulle somme pervenute nella disponibilità della società in un momento successivo alla data di emissione del provvedimento cautelare genetico.

 

L’incolpazione provvisoria ed il giudizio cautelare.

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato p. e p. dall’art. 2 D. lvo 74/2000, nella forma diretta nei confronti della società e per equivalente sul patrimonio personale del legale rappresentante della medesima persona giuridica.

Il Tribunale della Libertà capitolino, pronunciandosi in sede di riesame, confermava il provvedimento cautelare reale impugnato.

 

Il ricorso per cassazione.

Avverso l’ordinanza del Collegio cautelare interponeva ricorso per cassazione ex art 325 c.p.p. la difesa dell’imputato, denunciando, tra l’altro, vizio di legge e omessa motivazione in ordine alla denunciata, illegittima, estensione del vincolo cautelare alle somme pervenute nei conti della società dopo l’emissione del provvedimento cautelare

 

Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Il Supremo Collegio facendo applicazione dei noti principi statuiti dalle sentenze a Sezioni Unite Penali Gubert e Lucciampiamente richiamati nella parte motiva della sentenza in commento,  ha accolto il ricorso per cassazione limitatamente alle somme affluite sui c/c della società successivamente alla emissione della misura annullando, per l’effetto, l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma.

Di seguito si riportano i passaggi della motivazione di interesse per gli operatori di diritto in materia di reati tributari:

 “Nel solco dei principi elaborati dalle Sezioni Unite, è stato, poi, ulteriormente precisato che la natura fungibile del denaro non consente la confisca diretta delle somme depositate su conto corrente bancario dell’imputato, ove si abbia la prova che le stesse non possono in alcun modo derivare dal reato e costituiscano, pertanto, profitto dell’illecito; e tanto in senso esattamente corrispondente, seppure a contrario, al principio enunciato dalle SU Lucci, perché, ove si abbia la prova che le somme non possano proprio in alcun modo derivare dal reato, le stesse neppure possono, evidentemente, rappresentare il risultato della mancata decurtazione del patrimonio quale conseguenza del mancato versamento delle imposte (ovvero, in altri termini del “risparmio di imposta” nel quale la giurisprudenza ha costantemente identificato il profitto dei reati tributari), e, quindi, non sono sottoponibili a sequestro difettando in esse la caratteristica di profitto, pur sempre necessaria per potere procedere, in base alle definizioni e ai principi di carattere generale, ad un sequestro in via diretta (cfr Sez.3,n.8995 del 30/10/2017, dep.27/02/2018, Rv.272353; Sez.3, n.41104 del 12/07/2018, Rv.274307).

Ed è stato anche precisato che è illegittima l’apprensione diretta delle somme di denaro entrate nel patrimonio dell’imputato in base ad un titolo lecito, ovvero in relazione ad un credito sorto dopo la commissione del reato, laddove non risulti provato che tali somme siano collegabili, anche indirettamente, all’illecito commesso; tanto alla luce del principio di diritto enucleabile dalla sentenza S.U. Lucci, da intendersi nel senso che, nell’ipotesi in cui il profitto del reato sia consistito in una somma di denaro, la confisca diretta possa legittimamente avere ad oggetto un importo di pari entità comunque presente nei conti bancari o nei depositi nella disponibilità dell’autore del reato, purché si tratti di denaro già confluito nei conti o nei depositi al momento della commissione del reato ovvero al momento del suo accertamento: solo in tali ipotesi è possibile ragionevolmente sostenere che il denaro è sequestrabile e poi confiscabile in via diretta come profitto accrescitivo, dunque indipendentemente da ogni verifica in ordine al rapporto di concreta pertinenzialità con il reato, perché tale relazione è considerata in via fittizia sussistente proprio per effetto della confusione del profitto concretamente conseguito con tutte le altre disponibilità economiche del reo; è stato, quindi, affermato il seguente principio di diritto: laddove il profitto del reato sia costituito da denaro non più fisicamente identificabile è sempre legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, senza che sia necessaria la dimostrazione del nesso di derivazione dal reato, delle somme di denaro di valore corrispondente che siano attribuibili all’indagato, cioè che siano presenti sui contio sui depositi nella disponibilità diretta o indiretta dell’indagato al momento della commissione del reato ovvero al momento del suo accertamento; la medesima forma di sequestro è legittima anche sulle somme di valore corrispondente accreditate su quei conti o su quei depositi in epoca posteriore al momento della commissione o dell’accertamento del reato, purché si tratti di numerano che risulti dimostrato essere in qualche modo collegabile al reato, perciò allo stesso legato da un rapporto di derivazione anche indiretta(Sez.6, n.6816 del 29/01/2019, Rv.275048).

Ed ancora, si è affermato, che la natura fungibile del denaro non è sufficiente per qualificare come “profitto” del reato l’oggetto del sequestro, essendo necessario anche provare che la disponibilità delle somme, successivamente sequestrate, costituisca un risparmio di spesa conseguito con il mancato versamento dell’imposta (Sez.3, n.6348 del 04/10/2018, dep.11/02/2019, Rv.274859).”

Alla luce dei suesposti principi di diritto, va, quindi, rilevato che, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza impugnata, la questione relativa alla estensione dell’oggetto della misura cautelare anche a somme affluite sui conti correnti in sequestro in momento successivo alla commissione del reato o in momento successivo alla data di esecuzione del decreto,non attiene alla fase esecutiva della misura ma concerne la legittimità dell’estensione degli effetti del sequestro a tali somme e, quindi, la stessa individuazione dell’oggetto della misura cautelare reale.

Il vincolo cautelare, infatti, verrebbe a colpire somme che risultano percepite in maniera cronologicamente scollegata con l’illecito commesso e, dunque, per poter essere qualificate come profitto accrescitivo, cioè come disponibilità monetaria accresciuta in conseguenza del profitto del reato, assume rilievo la prova che la disponibilità delle somme, successivamente sequestrate, costituiscano un risparmio di spesa conseguito a seguito della commissione del reato tributario. 

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Riferimenti normativi:

Art. 2 d. lgs. 74/2000: Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

  1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni ((…)) relative a dette imposte elementi passivi fittizi. 2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Art. 321 c.p.p.,oggetto del sequestro preventivo:

  1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reatopossa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministeroil giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.
  2. Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca[c.p. 240].

2-bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca.

  1. Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell’interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell’interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria.

3-bis. Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell’intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l’emissione del decreto previsto dal comma 1 entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria.

3-ter. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dal comma 3 bis ovvero se il giudice non emette l’ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell’ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.

Art. 322-ter c.p.p., confisca:

Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell’articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto (3).

Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall’articolo 321, anche se commesso ai sensi dell’articolo 322-bis, secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell’articolo 322-bis, secondo comma.

Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di confisca disposta sul profitto del reato nei  reati tributari:

Cassazione penale sez. VI, 29/01/2019, n.6816:

In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca, è illegittima l’apprensione diretta delle somme di denaro entrate nel patrimonio del reo in base ad un titolo lecito, ovvero in relazione ad un credito sorto dopo la commissione del reato, che non risultino allo stesso collegate, neppure indirettamente.

Cassazione penale sez. III, 04/10/2018, n.6348:

In tema di reati tributari, ai fini della confisca diretta delle somme sequestrate sul conto corrente bancario dell’imputato, la natura fungibile del denaro non è sufficiente per qualificare come “profitto” del reato l’oggetto del sequestro, essendo necessario anche provare che la disponibilità delle somme, successivamente sequestrate, costituisca un risparmio di spesa conseguito con il mancato versamento dell’imposta. (In motivazione la Corte ha precisato che, per accertare se il denaro costituisce profitto del reato tributario, e, cioè, un risparmio di spesa aggredibile in via diretta, è necessario avere riguardo non all’identità fisica delle somme, ma al valore numerario delle disponibilità giacenti sul conto dell’imputato alla scadenza del termine per il versamento dell’imposta, mentre il denaro versato successivamente a detto termine, che fosse stato sequestrato, non può essere ritenuto “profitto” del reato, ma rappresenta un’unità di misura equivalente al debito fiscale scaduto e non onorato, confiscabile se ricorrono i presupposti per la confisca per equivalente).

Cassazione penale sez. III, 30/10/2017, n.8995:

In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca, la natura fungibile del denaro non consente la confisca diretta delle somme depositate su conto corrente bancario del reo, ove si abbia la prova che le stesse non possono in alcun modo derivare dal reato e costituiscano, pertanto, profitto dell’illecito. (Fattispecie in tema di omesso versamento delle ritenute, di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, in cui la S.C. ha escluso la sussistenza dei presupposti per il sequestro e la successiva confisca di somme di denaro certamente depositate successivamente al momento di perfezionamento del reato).

Cassazione penale sez. III, 12/07/2018, n.41104:

In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca, la natura fungibile del denaro non consente la confisca diretta delle somme depositate su conto corrente bancario del reo, ove si abbia la prova che le stesse, non derivando dal reato, non costituiscano profitto dell’illecito. (Fattispecie in tema di reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in cui è stato escluso che le somme di denaro depositate sul conto corrente dopo la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione IVA potessero rappresentare il profitto derivante dall’evasione fiscale).

Cassazione penale sez. un., 26/06/2015, n.31617:

Il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito.

Cassazione penale sez. un., 30/01/2014, n.10561:

In tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente prevista dagli artt. 1, comma 143, l. n. 244 del 2007 e art. 322-ter c.p. non può essere disposto sui beni dell’ente, ad eccezione del caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni. È consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella disponibilità di tale persona giuridica.

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