La sola delega ad operare sul conto corrente non legittima il sequestro preventivo sulle somme depositate quando non ne sia stata provata l’effettiva disponibilità in capo all’indagato.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n. 29692/2019 – depositata l’08.07.2019 con la quale la Suprema Corte ha censurato l’illegittimità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca ritenendo che la sola delega ad operare sul conto corrente della società (estranea al reato) conferita all’indagato non è sufficiente a dimostrare l’effettiva disponibilità delle somme da parte di quest’ultimo.

L’arresto giurisprudenziale in commento, seppure riferito ad ipotesi di ricettazione e riciclaggio, è di interesse per gli operatori di diritto che si occupano delle misure cautelari reali, ampiamente utilizzate a scopo sanzionatorio nell’ambito dei procedimenti incardinati per reati fiscali, l’impugnazione delle quali investe spesso il tema della definizione del concetto di disponibilità di beni da parte dell’indagato, formalmente di proprietà di terzi estranei al reato per cui si procede.

 

L’incolpazione provvisoria ed il giudizio cautelare.

Il Tribunale la Libertà di Bergamo rigettava l’istanza di riesame proposta dal legale rappresentante di un società contro il decreto di sequestro preventivo disposto dal Giudice per le indagini preliminari in sede in ordine ai reati di cui all’art 648 e 648 bis e finalizzato alla confisca diretta e per equivalente per un ammontare pari ad euro 67.787,00.

Durante l’esecuzione del sequestro, venivano sottoposte alla misura ablatoria su ordine del PM le somme depositate sul conto corrente di una società terza estranea al reato, sul quale il prevenuto aveva una delega ad operare.

Il Collegio cautelare, rigettando l’impugnazione del legale rappresentante della società sul punto della legittimità della ablazione delle somme depositate sul conto corrente, riteneva che la delega ad operare conferita all’indagato, costituisse prova dell’effettiva disponibilità delle somme da parte del prevenuto e che su tale presupposto le somme potevano formare oggetto di ablazione.

Il ricorso per cassazione.

Avverso l’ordinanza di rigetto dell’impugnazione del Tribunale per il Riesame interponeva ricorso per cassazione la difesa della società denunciando vizio di legge correlato all’errata individuazione del presupposto legittimante il sequestro sul conto corrente della società

 

Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Il Supremo Collegio ha accolto il ricorso ed annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bergamo, sezione per il Riesame, per nuovo giudizio.

In punto di diritto si riportano di seguito i passaggi della motivazione che affrontano il tema dei presupposti legittimanti l’ablazione di beni appartenente ai terzi estranei ai reati all’incolpazione provvisoria.

  1. La presenza della delega sul conto corrente bancario e la ripartizione dell’onere probatorio sulla disponibilità delle somme da parte dell’indagato:

Ove la disponibilità dei beni da sottoporre a sequestro sia desunta dalla titolarità di una delega ad operare su conti correnti o altri rapporti bancari, va rilevato che lo specifico contenuto della delega diviene metro imprescindibile per valutare in quale misura l’atto negoziale sia in grado di attribuire, nel senso considerato dalle norme su ricordate, la disponibilità delle somme depositate sui conti correnti, o utilizzabili mediante i rapporti bancari. È evidente, infatti, che la delega non può da sé ritenersi elemento dimostrativo del potere di esercitare autonomamente le facoltà del proprietario o del possessore delle somme, non foss’altro per l’esistenza di un negozio – riferibile alla struttura del mandato – che implica un dovere di rendere conto, al titolare delle somme, dell’attività svolta dal delegato.

Pertanto, ove la delega sia caratterizzata da limiti fissati dal delegante, dovrà essere valutato se quei limiti costituiscano già ostacolo nell’ipotizzare che mediante quello strumento negoziale il delegato possa di fatto esercitare i poteri delegante. Ma anche ove considerata e pur corrispondenti alla situazione giuridica di cui è titolare il la delega non sia caratterizzata da limiti, nella prospettiva tenendo conto dell’autonomia del concetto penalistico di disponibilità di cui si è detto in precedenza, risulta chiaro che al dato documentale dell’esistenza di un negozio di delega rilasciata all’indagato, devono affiancarsi ulteriori elementi di fatto che possano fondare il giudizio (di ragionevole probabilità, considerata la sede incidentale in cui esso deve essere formulato e la finalità cui è diretto) circa la disponibilità delle somme su cui il delegato possa operare.

Il provvedimento impugnato, al contrario, ha omesso qualsivoglia esame delle deduzioni difensive, senza dare conto di quali elementi di fatto potessero sorreggere il convincimento che, attraverso la delega, l’indagato avesse di fatto esercitato poteri corrispondenti a quelli riservati al titolare dei rapporti bancari (prelevando somme da utilizzare per fini personali, ovvero disponendo di somme a favore di soggetti estranei all’ambito di attività della società, e ancora eseguendo operazioni del tutto estranee all’oggetto sociale utilizzando le somme depositate).

Manifestamente illogica, inoltre, l’affermazione secondo la quale l’onere di provare che la delega fosse a contenuto limitato incombeva sulla difesa della parte istante, risultando pacificamente che la prova del dato della disponibilità faccia carico alla pubblica accusa (Sez. 3, n. 35771 del 20/01/2017, Akhmedova, Rv. 270798; Sez. 3, n. 36530 del 12/05/2015, Oksanych, Rv. 264763); dal che consegue che tale onere probatorio, per le considerazioni svolte in precedenza, non possa ritenersi soddisfatto mediante la sola allegazione del dato dell’esistenza di una delega rilasciata a favore dell’indagato. Il provvedimento deve pertanto essere annullato, con rinvio al Tribunale di Bergamo, sezione per il riesame delle misure coercitive, per nuovo giudizio affinché il Tribunale verifichi, sulla scorta degli elementi a disposizione e dei principi di diritto su enunciati, se le somme depositate sul conto corrente della società [omissis] siano da ritenere nella disponibilità dell’indagato.”

Riferimenti normativi:

Art. 648 codice penale, ricettazione:

Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da cinquecentosedici euro a diecimilatrecentoventinove euro. La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell’articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell’articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell’articolo 625, primo comma, n. 7-bis).

La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a cinquecentosedici euro, se il fatto è di particolare tenuità.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore del delitto, da cui il denaro o le cose provengono, non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.

Art. 648-bis codice penale, riciclaggio:

Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti  da delitto non colposo; ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.

Art. 322-ter, Confisca:

Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell’articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall’articolo 321, anche se commesso ai sensi dell’articolo 322-bis, secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell’articolo 322-bis, secondo comma.

Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di assoggettabilità a sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni appartenenti a terzi estranei al reato:

Cassazione penale sez. III, 20/01/2017, n.35771:

In caso di sequestro preventivo per equivalente avente ad oggetto beni formalmente intestati a persona estranea al reato, incombe sul giudice una pregnante valutazione sulla disponibilità effettiva degli stessi; a tal fine, non è sufficiente la dimostrazione della mancanza, in capo al terzo intestatario, delle risorse finanziarie necessarie per acquisire il possesso dei cespiti, essendo invece necessaria la prova, con onere a carico del pubblico ministero, della riferibilità concreta degli stessi all’indagato.

Cassazione penale sez. II, 12/10/2016, n.47007:

In tema di sequestro preventivo avente ad oggetto beni appartenenti a terzi estranei al reato, il giudice ha un dovere specifico di motivazione sul requisito del “periculum in mora”, sia pure in termini di semplice probabilità del collegamento di tali beni con le attività delittuose dell’indagato, sulla base di elementi che appaiano concretamente indicativi della loro effettiva disponibilità da parte di quest’ultimo per effetto del carattere meramente fittizio della loro intestazione, ovvero di particolari rapporti in atto tra il terzo titolare e l’indagato. (In applicazione di tale principio, la Corte, accogliendo il ricorso proposto dalla società scontataria di effetti cambiari, ha annullato con rinvio l’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro preventivo di tali titoli, emessi dalla vittima di una presunta truffa in favore dell’indagato ed oggetto di successivo contratto di sconto, rilevando che era stata omessa ogni valutazione in ordine al “periculum in mora” e alla buona fede della società scontataria).

Cassazione penale sez. III, 24/03/2015, n.14605:

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente prevista dall’art. 322 ter c.p., grava sul pubblico ministero, qualora trattisi di beni formalmente intestati a soggetti diversi dall’imputato, l’onere di dimostrare che sia quest’ultimo ad averne la effettiva disponibilità, la quale può desumersi, quando si trattisi di quote di una società della quale si assuma essere stato amministratore di fatto lo stesso imputato, solo a condizione che venga dimostrato che egli abbia “esercitato in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualità o alla funzione”, come previsto dall’art. 2639 c.c., restando quindi escluso che sia all’uopo sufficiente l’avvenuto esercizio di attività di gestione in modo occasionale ed episodico.

Cassazione penale sez. VI, 18/02/2014, n.18766:

Ai fini dell’adozione di un sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, nella nozione di disponibilità dell’indagato, al pari di quella civilistica del possesso, rientrano tutte quelle situazioni in cui i beni, che s’intendono sottoporre al vincolo, ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, anche se il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi.

Cassazione penale sez. II, 28/01/2014, n.5657:

Il sequestro preventivo può avere ad oggetto beni appartenenti a terzi estranei al reato, incombendo, in tale caso, sul giudice un dovere specifico di motivazione sul requisito del “periculum in mora” in termini di semplice probabilità del collegamento di tali beni con le attività delittuose dell’indagato, sulla base di elementi che appaiano indicativi della loro effettiva disponibilità da parte di quest’ultimo, per effetto del carattere meramente fittizio della loro intestazione ovvero di particolari rapporti in atto tra il terzo titolare e l’indagato stesso.

Cassazione penale sez. III, 08/03/2012, n.15210:

Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente (art. 322-ter cod. pen.) può essere applicato ai beni anche nella sola disponibilità dell’indagato per quest’ultima intendendosi, al pari della nozione civilistica del possesso, tutte quelle situazioni nelle quali i beni stessi ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi.

Cassazione penale sez. I, 09/03/2005, n.11732:

L’art. 12 sexies d.l. 8 giugno 1992 n. 306, conv. nella l. 7 agosto 1992 n. 356, nel prevedere la confisca dei beni o delle altre utilità di cui il condannato risulta avere, anche per interposta persona, a qualsiasi titolo, la disponibilità, intende designare la relazione effettuale del condannato con il bene, connotata dall’esercizio di poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà. La disponibilità coincide, pertanto, con la signoria di fatto sulla “res” indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato, riguardo al quale il richiamo più appropriato sembra essere quello riferito al possesso nella definizione che ne dà l’art. 1140 c.c.

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