Integra il reato di indebito utilizzo delle carte di credito e non quello di frode informatica l’utilizzo della carte di credito altrui con il solo fine di prelevare denaro contante allo sportello bancomat.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 30480/2019 – depositata l’11.07.2019, resa in materia di reati informatici, con la quale il Supremo Collegio, nel riqualificare giuridicamente  il reato di frode informatica per il quale gli imputati avevano riportato condanna, ha escluso la sussistenza del reato previsto e punito dall’art. 640 ter cod. pen. non sussistendo nel caso sottoposto allo scrutinio di legittimità l’elemento costitutivo della fattispecie dell’accesso “fraudolento” al sistema informatico richiesto  dalla norma incriminatrice.

L’imputazione e il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Roma riformava parzialmente la sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari in sede che aveva dichiarato la penale responsabilità dei due imputati tratti a giudizio per rispondere del reato di frode informatica di cui all’art 640 ter c.p., aggravato dal furto di identità digitale dichiarando, altresì, l’intervenuta prescrizione del delitto di furto di carta di credito, previa derubricazione della qualificazione giuridica del fatto inizialmente contestato come ricettazione, rideterminando la pena inflitta dal primo giudice.

Il ricorso per cassazione.

Avverso il provvedimento de quo interponevano ricorso per cassazione i due imputati, articolando tra le varie censure violazione di legge e vizio motivazionale in ordine all’art. 640 ter c.p., per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto sussistente l’aggravante prevista dal terzo comma (furto dell’identità digitale).

Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La Suprema Corte, previa riqualificazione della condotta materiale contestata nel diverso reato di cui all’art 493 ter comma 1 cod. pen. ha rigettato l’impugnazione proposta.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale che trattano il tema della qualificazione giuridica delle condotte penalmente rilevanti ascritte ai due imputati:

“Si addebita ai due imputati di avere utilizzato due carte di credito e la carta bancomat rilasciate a (omissis), dopo essersene impossessati con destrezza.

Le emergenze processuali hanno consentito di accertare che per i prelevamenti sono stati utilizzati i codici Pin incautamente lasciati dal titolare nel borsello rubato.

La condotta è stata qualificata come truffa informatica aggravata dal furto di identità personale e tuttavia ritiene il collegio che, secondo l’orientamento consolidato di questa corte di legittimità, l’azione rientri piuttosto nell’ambito del reato previsto dall’articolo 55 comma nove d.l.vo n. 231/07, oggi 493 ter cod.pen.

L’art. 640-ter cod. pen. sanziona al primo comma la condotta di colui il quale, “alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.

In questa ipotesi dunque, attraverso una condotta a forma libera, si “penetra” abusivamente all’interno del sistema, e si opera su dati, informazioni o programmi, senza che il sistema stesso, od una sua parte, risulti in sè alterato. Questa Corte ha, invece, precisato che l’indebita utilizzazione, a fine di profitto proprio o altrui, da parte di chi non ne sia titolare, di carte di credito o analoghi strumenti di prelievo o pagamento, integra il reato previsto dall’art. 12 D.L. 3 maggio 1991 n. 143, convertito con legge 5 luglio 1991 n. 197, e non quello di truffa, che resta assorbito.). (Sez. U, n. 22902 del 28/03/2001 – dep. 07/06/2001, Tiezzi, Rv. 21887301).

Come già indicato da questa Corte (Cass. Sez.seconda, n. 50140 del 13/10/2015 Ud. (dep. 21/12/2015 ) Rv.265565; Cass n.17748 del 2011 Rv. 250113 richiamata anche da Cass n. 11699 del 2012 rv. 252797 e n. 6816 del 31/01/2013) l’elemento specializzante della frode informatica, rappresentato dall’utilizzazione ‘fraudolenta’ del sistema informatico, costituisce presupposto ‘assorbente’ rispetto alla ‘generica’ indebita utilizzazione dei codici d’accesso disciplinato dall’art. 55 n. 9 D.Lgs. n. 231/2007.

Deve quindi ritenersi che è configurabile il reato di cui all’art. 640 ter c.p., se la condotta contestata è sussumibile nell’ipotesi “dell’intervento senza diritto su informazioni contenute in un sistema informatico”. Integra il delitto di frode informatica, e non quello di indebita utilizzazione di carte di credito, la condotta di colui che, servendosi di una carta di credito falsificata e di un codice di accesso fraudolentemente captato in precedenza, penetri abusivamente nel sistema informatico bancario ed effettui illecite operazioni di trasferimento fondi. (Sez. 2, n. 26229 del 09/05/2017 – dep. 25/05/2017, Levi, Rv. 27018201).

“(…) Nel caso in esame emerge dalla descrizione dei fatti offerta dalle sentenze di merito, che, attraverso l’utilizzazione dei codici di accesso delle carte di credito intestate alla persona offesa, gli imputati hanno effettuato dei prelievi e quindi l’utilizzo non era diretto ad intervenire fraudolentemente sui dati del sistema informatico, ma soltanto a prelevare denaro contante.

Questa Corte anche recentemente ha ribadito che integra il reato di indebita utilizzazione di carte di credito di cui all’art. 55, comma nono, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 e non quello di frode informatica di cui all’art. 640 – ter cod. pen., il reiterato prelievo di denaro contante presso lo sportello bancomat di un istituto bancario mediante utilizzazione di un supporto magnetico clonato, in quanto il ripetuto ritiro di somme per mezzo di una carta bancomat illecitamente duplicata configura l’utilizzo indebito di uno strumento di prelievo sanzionato dal predetto art. 55. (Sez. 6, n. 1333 del 04/11/2015 – dep. 14/01/2016, Bortos e altro, Rv. 26623301)”

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Riferimenti normativi:

Art. 640 ter c.p., Frode informatica:

Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro.

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell’articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.

La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti (2) .

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall’articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all’aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all’ età, e numero 7. 

 

Art. 55 comma nono d.lgs. 231/2007, sanzioni penali:
  1. Chiunque,  al  fine  di  trarne  profitto  per se’ o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento,  ovvero  qualsiasi  altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, e’ punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa  da 310 a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne  profitto  per  se’  o  per altri, falsifica o altera carte di credito  o  di  pagamento  o  qualsiasi  altro  documento analogo che abiliti  al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o   documenti  di  provenienza  illecita  o  comunque  falsificati  o alterati, nonche’ ordini di pagamento prodotti con essi.

Art. 493 c.p., Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento:

Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.

In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.

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Rassegna giurisprudenziale di rilievo in di qualificazione giuridica del fatto di frode informatica e di indebito utilizzo delle carte di credito:

Cassazione penale sez. II, 09/05/2017, n.26229:

Integra il delitto di frode informatica, e non quello di indebita utilizzazione di carte di credito, la condotta di colui che, servendosi di una carta di credito falsificata e di un codice di accesso fraudolentemente captato in precedenza, penetri abusivamente nel sistema informatico bancario ed effettui illecite operazioni di trasferimento fondi.

Cassazione penale sez. VI, 04/11/2015, n.1333:

Integra il reato di indebita utilizzazione di carte di credito di cui all’art. 55, comma nono, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 e non quello di frode informatica di cui all’art. 640 – ter cod. pen., il reiterato prelievo di denaro contante presso lo sportello bancomat di un istituto bancario mediante utilizzazione di un supporto magnetico clonato, in quanto il ripetuto ritiro di somme per mezzo di una carta bancomat illecitamente duplicata configura l’utilizzo indebito di uno strumento di prelievo sanzionato dal predetto art. 55.

Cassazione penale sez. II, 13/10/2015, n.50140:

Integra il delitto di frode informatica, e non quello di cui all’art. 55 n. 9 del D.Lgs. n. 231 del 2007, la condotta di colui che, servendosi di un codice di accesso fraudolentemente captato, penetri abusivamente nel sistema informatico bancario ed effettui illecite operazioni di trasferimento fondi, al fine di trarne profitto per sé o per altri. (In motivazione, la S.C. ha ritenuto decisiva la sussistenza dell’elemento specializzante, costituito dall’utilizzo “fraudolento” del sistema informatico).

Cassazione penale sez. II, 15/11/2012, n.45901:

L’indebita utilizzazione, a fini di profitto, della carta di credito da parte di chi non ne sia titolare, integra il reato di cui all’art. 12 d.l. 3 maggio 1991 n. 143, conv. dalla l. 5 luglio 1991 n. 197 (ora art. 55, comma 9, d.lg. 21 novembre 2007 n. 231), indipendentemente dal conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine (per l’effetto, la Corte ha ritenuto correttamente ravvisato il reato consumato nella condotta incriminata, sostanziatasi nell’aver fatto uso di una tessera bancomat, rubata poco prima, per effettuare degli acquisti in un negozio, essendo irrilevante il fatto che tali acquisti non fossero stati portati a termine, in quanto la carta era risultata già bloccata).

Cassazione penale sez. II, 15/04/2011, n.17748:

Integra il delitto di frode informatica, e non quello di indebita utilizzazione di carte di credito, colui che, servendosi di una carta di credito falsificata e di un codice di accesso fraudolentemente captato in precedenza, penetri abusivamente nel sistema informatico bancario ed effettui illecite operazioni di trasferimento fondi, tra cui quella di prelievo di contanti attraverso i servizi di cassa continua.

Cassazione penale sez. VI, 10/05/2007, n.32543:

Risponde del reato di furto aggravato e non di appropriazione indebita, il dipendente di una banca che si impossessi, mediante movimentazioni effettuate con i terminali dell’ufficio, di somme di danaro di clienti depositate in conti correnti. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha altresì escluso che tale condotta sia sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 640 ter cod. pen., quando le operazioni di spostamento del denaro siano effettuate attraverso operazioni ordinarie sul sistema informatico della banca).

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