Bancarotta fraudolenta documentale: è nulla per vizio di motivazione la sentenza di appello che non argomenta adeguatamente sul dolo specifico richiesto per la condotta contestata.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.32001/2019 – depositata il 18.07.2019 resa in tema di bancarotta fraudolenta documentale che dà continuità al consolidato orientamento sul dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice quando la condotta è declinata sotto il profilo della sottrazione, distruzione o omessa tenuta dei libri e delle altre scritture contabili.

 

L’imputazione e il doppio grado di giudizio.

La Corte di appello di Palermo confermava in punto di penale responsabilità la sentenza di condanna dell’imputato, tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art 216 c.p., per avere, in qualità di amministratore della società fallita, reso impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della predetta società.

 

Il ricorso per cassazione.

Contro la sentenza della Corte territoriale palermitana proponeva ricorso per cassazione il giudicabile, che censurava il provvedimento impugnato con plurimi motivi di doglianza, deducendo, tra l’altro, violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo.

 

Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Il Supremo Collegio ha accolto le censure impingenti il tema della colpevolezza annullando, per l’effetto, la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ed altra sezione della Corte di appello di Palermo.

Per l’interesse degli operatori di diritto che si occupano dei reati fallimentari, si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento, che ben descrivono l’attuale quadro della giurisprudenza sedimentata intorno all’elemento psicologico del reato:

“La bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 legge fall. prevede due fattispecie alternative: – quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili (alla quale è equiparata l’omessa tenuta), che richiede il dolo specifico; – quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi e richiede il dolo generico (Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904).

Nel caso in esame è stata contestata e ritenuta dai giudici di merito la prima ipotesi, vale a dire quella relativa alla sottrazione, distruzione o omessa tenuta dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori.

Sull’elemento soggettivo così configurato nulla è detto dalla sentenza di appello, che addirittura, in un passaggio della motivazione, richiama l’art. 217 legge fall., e che, al pari di quella di primo grado, fa generico riferimento alla impossibilità di ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, elemento oggettivo estraneo alla fattispecie in esame che invece entra nel fuoco del dolo generico della seconda ipotesi.

Tale vizio motivazionale comporta l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.”

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Riferimenti normativi:

Art. 216  c.p., Bancarotta fraudolenta:

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

Art. 161 c.p.p., Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni:

  1. Fuori del caso previsto dal comma 1, l’invito a dichiarare o eleggere domicilio è formulato con l’ informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell’autorità giudiziaria. L’imputato è avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l’atto è stato notificato.
  2. L’imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo e l’imputato che deve essere dimesso da un istituto per l’esecuzione di misure di sicurezza, all’atto della scarcerazione o della dimissione ha l’obbligo di fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con atto ricevuto a verbale dal direttore dell’istituto. Questi lo avverte a norma del comma 1, iscrive la dichiarazione o elezione nell’apposito registro e trasmette immediatamente il verbale all’autorità che ha disposto la scarcerazione o la dimissione.
  3. Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l’imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157159.

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Rassegna giurisprudenziale in tema di bancarotta fraudolenta documentale in ordine all’ elemento soggettivo preordinato dalla norma incriminatrice:

Cassazione penale sez. V, 28/06/2017, n.43966:

In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico.

Cassazione penale sez. V, 01/02/2017, n.18634:

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (Nella specie, la Corte ha censurato la sentenza impugnata che, a fronte di una contestazione di occultamento “ovvero” di irregolare tenuta delle scritture contabili, pur ritenendo consumato il primo, ne aveva motivato la sussistenza attraverso una “fusione” con la seconda, trasformandola in evento della condotta di occultamento e sostituendo il dolo generico sufficiente ad integrare la stessa a quello specifico necessario per l’occultamento).

Cassazione penale sez. V, 22/01/2015, n.11115:

In tema di reati fallimentari, l’omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, se lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori.

Cassazione penale sez. V, 09/12/2014, n.17084:

Il termine di prescrizione del reato di bancarotta preferenziale prefallimentare decorre dal momento in cui interviene la sentenza dichiarativa di fallimento.

Cassazione penale sez. V, 17/12/2013, n.5264:

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, il reato previsto dall’art. 216, comma 1, n. 2 l. fall. richiede il dolo generico, costituito dalla consapevolezza nell’agente che la confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione.

Cassazione penale sez. V, 11/04/2012, n.25432:

L’omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta – e non quello di bancarotta semplice – qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori.

Cassazione penale sez. V, 18/05/2005, n.24328:

Ai fini dell’integrazione del delitto di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216 comma 1 n. 2 l. fall.), non è necessario il dolo specifico – e cioè il fine di recare pregiudizio ai creditori, che concerne, invece, la prima ipotesi di bancarotta documentale – ma è richiesta l’intenzione di impedire la conoscenza relativa al patrimonio e al movimento degli affari, la quale costituisce l’elemento soggettivo del reato.

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