Bancarotta fraudolenta per dissipazione: è nulla la sentenza di secondo grado che non si confronta criticamente con gli specifici motivi di appello.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 33211/2019 – depositata il 23.07.2019, con la quale la Suprema Corte, chiamata allo scrutinio di una fattispecie di bancarotta fraudolenta patrimoniale, ha annullato la sentenza impugnata.
Nel caso di specie è stata riconosciuta la natura apparente della motivazione della sentenza resa in grado di appello facendo applicazione dei principi della riforma introdotta con la legge n.130 del 2017 (legge Orlando) che, come noto agli operatori del diritto penale, ha introdotto un nuovo modello legale di motivazione in fatto che deve sorreggere la sentenza di secondo grado per raccordarsi alla maggiore specificità dei motivi di impugnazione di cui è onerata la difesa, prevista dalla stessa legge a pena di inammissibilità dell’atto di gravame.
L’imputazione e il doppio grado del giudizio di merito.
La Corte di appello di Firenze confermava la sentenza di condanna dei due imputati, emessa all’esito del giudizio abbreviato, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per dissipazione,
I giudicabili venivano tratti a giudizio perché ritenuti responsabili di una vicenda distrattiva in danno del ceto creditorio privato della garanzia patrimoniale costituita da un cespite immobiliare alienato diversi anni prima della dichiarazione di fallimento.
L’atto di disposizione patrimoniale, secondo la Procura di Firenze, era da considerare atto traslativo anomalo perché realizzato con accollo (non perfezionato) della del mutuo da parte della società cessionaria, originariamente contratto dalla cedente.
Il ricorso per cassazione.
Avverso la sentenza di condanna emessa dalla Corte territoriale fiorentina proponevano ricorso per cassazione le difese degli imputati che articolavano plurimi motivi di doglianza denunciando l’erronea ricostruzione del negozio giuridico – da valutare come non simulato – effettuata dal primo Giudice, poi recepita acriticamente dalla corte territoriale senza confrontarsi con la ricostruzione alternativa proposta dalla difesa con l’atto di appello.
Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Il Supremo Collegio ha accolto il ricorso, rilevando la fondatezza delle censure articolate nel primo motivo di impugnazione, così da assorbire quelle contenute negli altri motivi, disponendo, per l’effetto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte territoriale fiorentina
Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento, di maggiore interesse gli operatori di diritto che si occupano del diritto penale fallimentare:
- Il travisamento del negozio giuridico da parte dei giudici di merito:
“Nel confermare la sentenza di primo grado, la corte d’appello fiorentina si è limitata a valorizzare l’erroneo riferimento all’assegno, a constatare che la prima società acquirente non avesse mai perfezionato l’accollo, ad evidenziare – erroneamente – come la transazione con BNL da parte degli imputati fosse avvenuta in epoca successiva al fallimento e come l’importo indicato nell’atto quale acconto non risultasse essere stato mai corrisposto alla fallita, senza confrontarsi con gli argomenti difensivi che richiedevano una rivisitazione complessiva dell’originaria vicenda negoziale e senza affrontare, alla luce della necessaria riconsiderazione della fattispecie, il profilo soggettivo della responsabilità concorsuale, sostanzialmente abdicando alla disamina critica delle specifiche ragioni dell’impugnazione.
- Gli indici della natura fraudolenta della compravendita immobiliare:
Invero, integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la condotta dell’amministratore che trasferisce un bene immobile dal patrimonio della società fallita a quello di altra società senza adeguata contropartita, anche laddove la cessionaria si limiti ad assumere l’accollo del mutuo contratto dalla fallita per l’acquisto del predetto immobile, qualora si tratti di mero accollo interno non liberatorio, poiché il debito corrispondente al valore del mutuo continua a gravare su di essa (Sez. 5, n.55409 del 15/09/2017, Zerlottin, Rv. 271876 – 01); nondimeno, l’operazione dissipativa deve configurarsi ex ante come pregiudizievole per l’integrità del patrimonio, mentre l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa (Sez. 5, n.38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763).
- La prova del dolo in capo all’extraneus:
In particolare, il dolo del concorrente “extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'”intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società, la quale può rilevare sul piano probatorio, quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori (Sez. 5, n.38731 del 17/05/2017, Bolzoni, Rv. 271123 – 01, N. 12414 del 2016 Rv. 267059 – 01); accertamento da condursi sempre con valutazione ex ante ed in concreto, con riferimento alla situazione che si presentava al momento del compimento dell’atto.
(IV) La natura apparente della sentenza annullata.
(…)Nel quadro così delineato, a fronte della contestazione della pericolosità ex ante della originaria cessione mediante specifiche deduzioni, il giudice d’appello avrebbe dovuto procedere alla verifica prognostica, in concreto, dell’originaria attitudine dell’atto a ledere il bene giuridico protetto, oltre a dimostrare la consapevolezza e volontà della medesima condotta pregiudizievole, con specifico riferimento ai principi che governano l’imputazione soggettiva della responsabilità concorsuale in subjecta materia.
Contestando l’inquadramento operato dal giudice dell’abbreviato, in particolare, alla stregua dell’analitica ricostruzione della vicenda traslativa genetica, anche alla luce del tenore testuale dell’atto pubblico, e dell’accollo del mutuo, nei suoi aspetti giuridicamente rilevanti, l’appellante aveva dettagliatamente contrastato gli elementi ritenuti indizianti dell’intenziona le cessione gratuita dell’immobile, mentre la corte territoriale si è limitata ad un acritico e sintetico richiamo ai dati indicati nella sentenza impugnata, ribadendo la natura dissipativa dell’atto, senza confrontarsi con gli argomenti rassegnati nell’appello. Di guisa che l’affermazione di responsabilità resta affidata ad una acritica reiterazione delle argomentazioni della sentenza di primo grado, con sostanziale elusione delle ragioni poste a fondamento dell’atto d’appello. In riferimento all’asserita inesistenza dell’assegno indicato nel rogito, la difesa aveva dedotto – oltre la palmare riferibilità del titolo a quello offerto in pagamento al notaio – come la quietanza risultasse condizionata al buon esito del frazionamento del mutuo ed alla relativa cancellazione dell’ipoteca, secondo il tenore testuale dell’atto, evidenziando la natura delle obbligazioni delle parti, mentre tali rilievi – idonei a contrastare la convenuta gratuità dell’atto – non risultano affrontati e risolti. Le vicende dell’accollo, la riconducibilità alla cedente delle iniziative necessarie al buon esito del frazionamento, la deduzione rassegnata a giustificazione del ritardo della cedente nell’esigere il pagamento, fondata sul principio inadimplenti non est adimplendum, e la richiesta, anteriore all’atto, del medesimo frazionamento risultano, invece, risolte mediante la mera constatazione della mancata assunzione di obbligazioni dell’acquirente verso la banca, omettendo di considerare anche dati documentali prodotti dalla difesa, in ottemperanza all’onere di deduzione contraria (Sez. 5, n.8260 del 22/09/2015 – dep. 2016, Aucello, Rv. 267710 – 01, V. Sez. 5, n. 15280 del 6 aprile 2019, non massimata). Risulta, infine, frutto di evidente travisamento la collocazione temporale (f. 5 sent. app.) della soluzione transattiva con la banca erogatrice del mutuo, dalla quale la sentenza impugnata ha evinto un ulteriore indicatore di fraudolenza, avvenuta, invece, in epoca antecedente al fallimento. Deve, pertanto, ribadirsi che gli atti dispositivi privi di contropartite integrano condotta di dissipazione quando siano stati posti in essere, con valutazione ex ante ed in concreto, per avvantaggiare il beneficiario e con finalità del tutto estranee agli interessi della impresa, costituendo motivo di ingiustificato depauperamento del patrimonio della società medesima (Sez. 5, n.20071 del 18/04/2013, Lanata, Rv. 255657 – 01), assumendo rilevanza, in tal senso, anche la collocazione temporale dell’atto traslativo rispetto alla dichiarazione di fallimento. Di guisa che difetta ogni critica valutazione delle censure proposte nell’atto d’appello in punto di ricostruzione di un’iniziativa rivelatasi solo ex post svantaggiosa o, invece, ex ante, economicamente irragionevole.”
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Riferimenti normativi:
Art 216 c.p., Bancarotta patrimoniale fraudolenta:
E’ punito con la reclusione da tre a dieci anni, se e’ dichiarato fallito, l’imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
E’ punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità’ per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
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Rassegna giurisprudenziale resa sul tema della bancarotta fraudolenta documentale e sull’onere motivazionale in capo ai giudici del merito
Cassazione penale sez. V, 13/12/2018, n.6746:
Non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando ne risulti il rigetto dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. (Fattispecie in cui il giudice di appello, pur non avendo esplicitamente motivato sulla mancata applicazione dell’attenuante della provocazione – espressamente richiesta con i motivi di appello – aveva fatto esplicito riferimento, in motivazione, alla reciprocità di perduranti condotte illecite e di risalenti contrasti tra le parti, rigettando così implicitamente l’invocata attenuante).
Cassazione penale sez. V, 13/12/2018, n.6746:
Non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando ne risulti il rigetto dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. (Fattispecie in cui il giudice di appello, pur non avendo esplicitamente motivato sulla mancata applicazione dell’attenuante della provocazione – espressamente richiesta con i motivi di appello – aveva fatto esplicito riferimento, in motivazione, alla reciprocità di perduranti condotte illecite e di risalenti contrasti tra le parti, rigettando così implicitamente l’invocata attenuante).
Cassazione penale sez. V, 15/09/2017, n.55409:
Integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la condotta dell’amministratore che trasferisce un bene immobile dal patrimonio della società fallita a quello di altra società, la quale si limiti ad assumere l’accollo del mutuo contratto dalla fallita per l’acquisto del predetto immobile, qualora si tratti di mero accollo interno non liberatorio. (In motivazione, la Corte ha chiarito che in tal caso la società fallita si priva di un bene del suo patrimonio senza adeguata contaropartita, poichè il debito corrispondente al valore del mutuo continua a gravare su di essa).
Cassazione penale sez. VI, 04/11/2014, n.53420:
La motivazione “per relationem” di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto viziata la motivazione con cui il giudice di appello aveva affermato la generica infondatezza dei motivi di impugnazione e si era limitato a richiamare le conclusioni della sentenza di primo grado, in quanto stimate “logicamente e giuridicamente ineccepibili”).
Cassazione penale sez. I, 22/05/2013, n.27825:
In sede di legittimità, non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il vizio di motivazione perché il giudice di appello, pur non avendo espressamente motivato in ordine alla mancata applicazione dell’attenuante dell’art. 114 c.p. -, esplicitamente richiesta con i motivi di appello – aveva in motivazione dimostrato la partecipazione attiva dell’imputato al delitto).
Cassazione penale sez. V, 10/01/2012, n.10778:
Integra il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale la cessione di un ramo d’azienda che renda non più possibile l’utile perseguimento dell’oggetto sociale senza garantire contestualmente il ripiano della situazione debitoria della società.
Consiglio di Stato ad. plen., 29/12/2000, n.17:
Il termine di sessanta giorni fissato dal d.m. 12 luglio 1991 n. 212 per l’accettazione delle dimissioni dei dipendenti dell’amministrazione scolastica decorre dalla scadenza del termine, indicato dall’art. 10 comma 4 d.l. n. 357 del 1989 per la revoca delle stesse.
Cassazione penale sez. V, 26/11/1997, n.5408:
Anche l’operazione con la quale si estrometta un bene dal patrimonio dell’impresa senza che l’equivalente entri nel patrimonio acquisito al fallimento è idonea, in astratto, a configurare l’ipotesi di bancarotta per distrazione di cui all’art. 216 comma 1 n. 1 l. fall., ovvero, qualora ad essa non faccia seguito alcuna attività intesa al recupero, della causazione dolosa del fallimento di cui all’art. 223 comma 2 n. 2 della stessa legge. (Fattispecie di sequestro conservativo collegato alla cessione di un immobile senza accollo del mutuo bancario gravante sullo stesso e senza porre in essere alcuna successiva attività per ottenere il pagamento di gran parte del prezzo pattuito o la risoluzione del contratto).
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