Responsabilità dell’équipe medica: va annullata la sentenza di appello che non motiva adeguatamente sull’incidenza causale dell’operato dell’aiuto primario rispetto all’exitus infausto.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 30626/2019 – depositata il 12.07.2019 resa in tema di colpa professionale, con la quale la Suprema Corte chiamata a scrutinare la vicenda in esame, ha escluso che la responsabilità penale del singolo medico operatore dell’equipe chirurgica possa desumersi dal generalizzato onere di vigilanza imposto in sede di intervento in capo ai sanitari dovendo, al contrario, darsi prova del singolo comportamento con-causale del professionista.
Il caso clinico, l’imputazione e il doppio grado di giudizio di merito.
La Corte d’appello di Milano confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Monza con la quale i sanitari tratti a giudizio per cooperazione in omicidio colposo, nella qualità di primario e aiuto anziano operanti nell’equipe medica della struttura sanitaria pubblica, cagionavo la morte della paziente, deceduta a causa di una “multi organ failure” da polmonite, di un’insufficienza circolatoria dovuta a shock emorragico da sanguinamento intraepatico e di insufficienza renale acuta per colecistite cronica e calcolosa, più volte rioperate, per le complicanze riportate.
Nei confronti dei due chirurghi, nello specifico, veniva elevata l’accusa di aver sottovalutato le condizioni cliniche della paziente eseguendo tardivamente le attività chirurgiche che avrebbero potuto scongiurare l’evento fatale secondo quanto ricostruito nella sentenza in commento alla cui lettura si rimanda per apprezzare il dato clinico.
Il ricorso per cassazione.
Avverso la sentenza di condanna emessa dalla Corte di appello di Milano interponeva ricorso per cassazione il professionista aiuto anziano, censurando il provvedimento de quo con plurimi motivi di impugnazione con i quali ha dedotto la violazione di legge e vizio di motivazione sia in ordine la ritenuta responsabilità di gruppo dovuta alla mancata valutazione del singolo operato di ciascun sanitario ai fini della individuazione delle colpa, sia in ordine alla mancata prova del nesso causale fra le condotte omissive/tardive ed il decesso della paziente per trauma epatico.
Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Il Supremo Collegio ha dichiarato fondato il ricorso presentato, annullando la sentenza impugnata limitatamente al ricorrente con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio.
Di seguito si riporta il passaggio del compendio motivazione di interesse per gli operatori di diritto del settore e per gli stessi sanitari sul tema del nesso di causalità che deve ricorrere per affermare la penale responsabilità del singolo operatore facente parte dell’equipe medica:
“Colgono nel segno le doglianze formulate da [omissis] sul ruolo da lui effettivamente svolto nell’ambito dell’equipe medica, riguardo alla preminente responsabilità del capo – equipe, individuato nella persona del primario [omissis], alla stregua delle emergenze probatorie segnalate nel ricorso ed in particolare delle dichiarazioni rese da quest’ultimo nel corso del dibattimento di primo grado che non sono state valutate nel loro complesso ma solo parzialmente.
Osserva il Collegio che l’iter motivazionale risulta viziato in relazione all’omessa verifica della sussistenza del nesso causale tra la condotta individuale posta in essere dal ricorrente e l’evento, in violazione delle regole cautelari che si assumono inosservate.
Tale verifica da parte del giudice deve essere particolarmente attenta nella ipotesi di lavoro in equipe e, più in generale, di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, cioè in tutti i casi in cui alla cura del paziente concorrono, con interventi non necessariamente omologabili, sanitari diversi, magari ciascuno con uno specifico compito.”
“(…) E’ opportuno rammentare che, secondo la Suprema Corte, (Sez. 4, n. 7346 dell’ 08/07/2014 – dep. 2015- Rv. 262244) in tali casi l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta ed al ruolo di ciascuno, non potendosi configurare una responsabilità di gruppo in base ad un ragionamento aprioristico. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza di condanna nei confronti di due medici componenti la più ampia “equipe” chirurgica, rinviando al giudice di merito i dovuti accertamenti sulla sussistenza del nesso causale con le lesioni patite dalla vittima, in ragione del ruolo non preminente in concreto da loro svolto nell’ambito dell’equipe”).
Ed ancora (Sez. 4, n. 43988 del 18/06/2013, Rv. 257699) in tema di colpa professionale, per l’affermazione della responsabilità penale del singolo sanitario operante in equipe chirurgica, è necessario non solo accertare la valenza con-causale del suo concreto comportamento attivo o omissivo al verificarsi dell’evento ma anche la rimproverabilità di tale comportamento sul piano soggettivo secondo i noti criteri elaborati dalla giurisprudenza e dalla dottrina in tema di colpa. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un medico specialista che si era occupato della fase preparatoria di un intervento chirurgico e del post operatorio per le lesioni occorse alla persona offesa, non avendo il giudice di merito accertato se egli avesse avuto la concreta possibilità di conoscere e valutare l’attività svolta da altro collega, di controllarne la correttezza e di agire ponendo rimedio agli errori emendabili da lui commessi).
Inoltre (Sez. 4, n. 27314 del 20/04/2017, Rv. 270189) in tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in “equipe”, il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenza scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui. Nell’ambito dell’attività medica, proprio il principio di affidamento consente infatti di confinare l’obbligo di diligenza del singolo sanitario entro limiti compatibili con l’esigenza del carattere personale della responsabilità penale, sancito dall’art. 27 Cost.”
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Riferimenti normativi:
Art. 589 c.p., omicidio colposo:
Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
Se il fatto e’ commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena e’ della reclusione da tre a dieci anni .
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici
Art. 40 c.p., rapporto di causalità:
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.
Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
Art. 3 d.lgs. 189/2012, Responsabilità professionale dell’esercente le professioni sanitarie:
- L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.
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Rassegna giurisprudenziale in materia di colpa professionale e di condotte individuali ascritte ai singoli operatori dell’equipe chirurgica:
Cassazione penale sez. IV, 22/06/2018, n.37794:
In tema di responsabilità colposa per morte o lesioni in ambito medico, alla luce della nuova disciplina introdotta dalla L. n. 24/2017, c.d. legge Gelli-Bianco, occorre distinguere tra una condotta del medico connotata da colpa per imperizia, per negligenza o per imprudenza, prendendo come parametro per la valutazione dell’operato del sanitario le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali. (Sulla base di questo principio la S.C. ha ritenuto non conforme alle finalità della legge la motivazione della pronuncia impugnata che non aveva indicato in modo specifico il grado di colpa del sanitario, omettendo di verificare la misura dello scostamento della sua condotta dalle linee-guida o dalle buone prassi).
Cassazione penale sez. IV, 20/04/2017, n.27314:
In tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in “equipe”, il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenza scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui.
Cassazione penale sez. IV, 03/12/2015, n.20125:
Nella colpa medica nell’attività d’equipe ciascuno dei soggetti che si dividono il lavoro risponde dell’evento illecito, non solo per non aver osservato le regole di diligenza, prudenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma altresì per non essersi fatto carico dei rischi connessi agli errori riconoscibili commessi nelle fasi antecedenti o contestuali al suo specifico intervento, non potendo il sanitario esimersi dal valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza ponendo se del caso rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rimediabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio.
Cassazione penale sez. IV, 08/07/2014, n.7346:
È indubbio che il controllo della rimozione del materiale utilizzato durante l’intervento spetti ai medici ed in particolare al capo equipe, il quale assume su di sé la responsabilità dell’intervento, non potendo tale controllo risolversi nel mero riscontro del conteggio numerico effettuato dal personale infermieristico, e dovendosi invece ritenere il controllo medesimo affidato in linea di massima all’intera equipe, proprio per evitare che la pluralità dei difficili compiti a ciascuno demandati, le imprevedibili contingenze di un’attività intrinsecamente complessa come quella chirurgica, la stanchezza o la trascuratezza dei singoli, o altre circostanze possano comunque condurre ad un errore che ha conseguenze sempre gravi.
Cassazione penale sez. IV, 18/06/2013, n.43988:
In tema di colpa professionale, per l’affermazione della responsabilità penale del singolo sanitario operante in équipe chirurgica, è necessario non solo accertare la valenza con-causale del suo concreto comportamento attivo o omissivo al verificarsi dell’evento ma anche la rimproverabilità di tale comportamento sul piano soggettivo. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un medico specialista che si era occupato della fase preparatoria di un intervento chirurgico e del post operatorio per lesioni occorse alla persona offesa, non avendo il giudice di merito accertato se egli avesse avuto la concreta possibilità di conoscere e valutare l’attività svolta da altro collega, di controllarne la correttezza e di agire ponendo rimedio agli errori emendabili da lui commessi).
Cassazione penale sez. IV, 26/10/2011, n.46824:
In tema di colpa professionale, qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio. Né può invocare il principio di affidamento l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiché allorquando il garante precedente abbia posto in essere una condotta colposa che abbia avuto efficacia causale nella determinazione dell’evento, unitamente alla condotta colposa del garante successivo, persiste la responsabilità anche del primo in base al principio di equivalenza delle cause, a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che deve avere carattere di eccezionalità ed imprevedibilità, ciò che si verifica solo allorquando la condotta sopravvenuta abbia fatto venire meno la situazione di pericolo originariamente provocata o l’abbia in tal modo modificata da escludere la riconducibilità al precedente garante della scelta operata.
Cassazione penale sez. IV, 24/01/2005, n.18548:
In tema di colpa professionale, nel caso di équipe chirurgica e più in generale in quello in cui ci si trovi di fronte ad ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, sia pure svolta non contestualmente, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio.
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