Integra il delitto di illecita interferenza nella vita privata e non il più grave reato previsto dall’art. 617 bis l’aver installato delle apparecchiature nell’auto della persone offesa per captarne le conversazioni con terzi.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 33499/2019 – depositata il 24.07.2019 resa in tema di reati informatici dalla Suprema Corte di grande interesse per la qualificazione della giuridica della condotta derubricata dall’originaria contestazione ricondotta all’art. 617 bis cod. pen. in quella meno afflittiva prevista e punita dall’art. 615 bis cod. pen., che nel caso di specie ha condotto al proscioglimento di uno degli imputati per difetto di querela.
L’imputazione e il doppio grado di giudizio.
La Corte d’appello di Brescia confermava la condannava degli imputati, tratti a giudizio per rispondere di differenti delitti informatici.
In particolare la Pubblica accusa aveva contestato il reato di cui all’art 615-ter c.p. ad un sottoufficiale dei Carabinieri che accedeva al sistema Operativo Interforze del Ministero dell’Interno allo scopo di ottenere le informazioni commissionategli da terzi soggetti ed al titolare di un’agenzia di investigazioni private e ad un suo collaboratore il diverso reato p. e p. all’art 617-bis c.p. per avere installato nell’autovettura utilizzata dalla persona offesa una “cimice” per eseguire captazioni sonore, al fine di acquisire le conversazioni intrattenute da quest’ultima con
Il ricorso per cassazione.
Avverso il provvedimento di condanna emesso dalla Corte distrettuale di Brescia proponeva ricorso per cassazione gli imputati con tre distinti atti di impugnazione con i quali censuravano la sentenza di secondo grado articolando plurimi motivi di impugnazione per la cui cognizione si rimanda alla lettura della sentenza in commento.
Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Il Supremo Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato nell’interesse del sottoufficiale dei Carabinieri e prosciolto gli altri imputati per difetto della condizione di procedibilità (in atti non vi era la querela della persona offesa) previa riqualificazione giuridica del fatto ascritto nel reato di cui all’art 615 bis c.p..
Di seguito si riportano i passaggi di maggiore interesse estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento che hanno riguardo alla qualificazione giuridica dei fatti in contestazione:
“Venendo ai ricorsi degli altri due imputati, assorbente è l’esame del secondo e del quarto motivo di quello dell’omissis che sono fondati nei termini di seguito indicati e il cui accoglimento, stante il carattere non strettamente personale delle censure, deve estendersi anche alla posizione dell’omissis.
La norma incriminatrice di cui all’art. 617-bis c.p. appresta infatti una tutela anticipata alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni telefoniche e telegrafiche intercorrenti tra soggetti terzi. L’art. 623-bis c.p., volto ad evitare per quanto possibile vuoti di tutela derivanti dal costante sviluppo dei mezzi tecnologici, ha comportato l’estensione dell’ambito di operatività della disposizione citata ai fatti concernenti “qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini o altri dati”.
Pur essendone, pertanto, derivato un ampliamento delle potenzialità applicative della norma incriminatrice in esame, la protezione dalla stessa fornita resta limitata alle comunicazioni che avvengano, appunto, “a distanza”; e tra queste ultime non possono includersi le conversazioni tra presenti oggetto di intercettazione cd. ambientale, a meno di non ricorrere all’analogia in malam partem.
Si ritiene pertanto di condividere l’orientamento giurisprudenziale pressoché unanime, che nega la riconducibilità all’art. 617-bis c.p. di condotte – quali l’installazione all’interno di un’automobile di una microspia tale da intercettare solo le conversazioni intrattenute dai soggetti i quali si trovino nel veicolo (ex multis Sez. 5, n. 4264/2006 del 16/12/2005, P.M. in proc. Imbriani, Rv. 233595) – non idonee a comportare l’illecito inserimento in un canale di comunicazione riservato tra persone diverse, da cui l’agente sarebbe stato altrimenti escluso.
Deve conseguentemente escludersi che integrino il delitto ritenuto dai giudici dell’appello i fatti ascritti all’omissis e all’omissis, consistenti nella collocazione, all’interno dell’automobile dell’omissis, di un rilevatore GPS e di uno strumento per l’esecuzione di intercettazioni ambientali.”
….“Anche a prescindere dall’obiezione circa l’eventuale implicita riqualificazione già operata in primo grado dei fatti in questione ai sensi dell’art. 615-bis c.p., deve invece convenirsi con il ricorso dell’omissis che è a tale ultima fattispecie criminosa che gli stessi devono essere ricondotti, integrando una tipica ipotesi di interferenza illecita nella vita privata.
Non di meno alla descritta riqualificazione – comunque consentita in quanto sollecitata dagli stessi ricorrenti – segue in ogni caso il proscioglimento degli imputati, posto che il diverso reato qui ritenuto è procedibile esclusivamente a querela di parte e dagli atti emerge che questa non è stata mai presentata dalla persona offesa.
Ne consegue che la sentenza impugnata, con riguardo alla posizione dell’omissis e dell’omissis, deve essere annullata senza rinvio per difetto della indicata condizione di procedibilità.”
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Quadro normativo di riferimento in ordine alle condotte ascritte agli imputati nella sentenza impugnata:
Art. 615 c.p., interferenze illecite nella vita privata:
Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d’ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.
Art. 617-bis c.p., installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche:
Chiunque, fuori dei casi consentiti dalla legge, installa apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti al fine di intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale nell’esercizio o a causa delle sue funzioni ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.
Art. 615- bis c.p., accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico:
Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni:
1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;
2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato;
3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l’interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.
Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d’ufficio.
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Quadro giurisprudenziale richiamato nella sentenza in commento:
Cassazione penale sez. un., 27/10/2011, n.4694:
Integra la fattispecie criminosa di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico protetto, prevista dall’art. 615 ter c.p., la condotta di accesso o di mantenimento nel sistema posta in essere da soggetto che, pure essendo abilitato, violi le condizioni e di limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso. Non hanno rilievo, invece, per la configurazione del resto, gli scopi e le finalità che soggettivamente hanno motivato l’ingresso al sistema. L’ipotesi dell’abuso delle qualità specificate dall’art. 615 ter, comma 2, n. 1, c.p., costituisce una circostanza aggravante delle condotte illecite descritte al comma 1 e non un’ipotesi autonoma di reato.
Cassazione penale sez. V, 30/09/2008, n.1727:
L’accesso abusivo ad un sistema informatico (art. 615 ter, comma 1, c.p.) e l’accesso commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri o con abuso della qualità di operatore del sistema (art. 615 ter, comma 2 n. 1) configurano due distinte ipotesi di reato, l’applicabilità di una delle quali esclude l’altra secondo il principio di specialità; concernendo il comma 1 l’accesso abusivo ovvero l’intrusione da parte di colui che non sia in alcun modo abilitato, mentre il comma 2 – non costituisce una mera aggravante – ma concerne il caso in cui soggetti abilitati all’accesso abusino di detta abilitazione.
Cassazione penale sez. V, 08/07/2008, n.37322:
La duplicazione dei dati contenuti in un sistema informatico o telematico costituisce condotta tipica del reato previsto dall’art. 615 ter c.p., restando in esso assorbito il reato di appropriazione indebita.
Cassazione penale sez. V, 25/06/2009, n.40078:
Ai fini della configurabilità del reato di accesso abusivo a un sistema informatico, la qualificazione di abusività va intesa in senso oggettivo, con riferimento al momento dell’accesso e alle modalità utilizzate dall’autore per neutralizzare e superare le misure di sicurezza apprestate dal titolare dello “ius excludendi”, al fine di impedire accessi indiscriminati, a nulla rilevando le finalità che si propone l’autore e l’uso successivo dei dati, che, se illeciti, possono integrare un diverso titolo di reato.
Cassazione penale sez. V, 29/05/2008, n.26797:
L’inutilizzabilità che discende dalla scadenza dei termini delle indagini non riguarda, oltreché l’attività compiuta su richiesta dell’imputato nell’ambito della fase subprocedimentale instaurabile a seguito della notificazione dell’avviso di cui all’art. 421 bis c.p.p., sicuramente anche l’attività suppletiva di indagine che venga ritualmente compiuta una volta esercitata l’azione penale, ai sensi dell’art. 419, comma 3, c.p.p.: attività questa che si salda senza soluzione di continuità a quella integrativa di cui all’art. 430 c.p.p., secondo il principio della continuità investigativa.
Cassazione penale sez. V, 16/12/2005, n.4264:
Non sussistono gli estremi del reato di cui all’art. 617-bis c.p. (installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche) qualora all’interno dell’abitacolo di una vettura sia collocata una microspia idonea a registrare solo le conversazioni o comunicazioni dei soggetti presenti a bordo dell’auto, in quanto perché possa parlarsi di intercettazione in senso tecnico, è necessario che il soggetto si inserisca nel canale dal quale è escluso il non comunicante con meccanismi che consentano di percepire quanto affermato da entrambi gli interlocutori.
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