Il datore di lavoro risponde in concorso l’RSPP dei reati contravvenzionali contestati per la presenza in cantiere di attrezzature non conformi alla normativa di sicurezza.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 36687/2019 – depositata il 30.08.2019, con la quale la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi in tema di sicurezza sul lavoro, ha confermato l’orientamento giurisprudenziale che afferma la concorrente responsabilità penale del datore di lavoro e dell’RSPP che non abbiano, nelle rispettive qualità e posizioni di garanzia, correttamente individuato i fattori di rischio nella scelta delle procedure e delle dotazioni di sicurezza di cantiere.

L’imputazione ed il giudizio di merito.

L’imputato veniva tratto a giudizio nella qualità di legale rappresentante della società con delega alla sicurezza ex art 16 d.lgs. 81/2008 per rispondere del reato contravvenzionale di cui all’art 71, comma 1, d.lgs. 81/2008 per aver messo a diposizione dei lavoratori un trapano a colonna privo delle necessarie protezioni.

All’esito del dibattimento, accertato il fatto storico per il quale era stata esercitata l’azione penale, l’imputato veniva dichiarato non punibile per particolare tenuità del fatto.

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro la sentenza emessa dal Tribunale di Pordenone Milano interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato.

Secondo la tesi promossa dalla difesa la decisione del Tribunale di Pordenone era censurabile per aver erroneamente ritenuto che la mancata messa a disposizione dei lavoratori di macchinari a norma potesse configurare una colpa del datore di lavoro essendo la società dotata di un apposito team che gestiva la sicurezza, composto dal RSPP e da diversi consulenti esterni, che non avevano segnalato la presenza dell’attrezzatura priva dei necessari presidi di sicurezza.

Tutto ciò, considerate le dimensioni dell’impresa, aveva reso non conoscibile al datore di lavoro la presenza in cantiere del trapano privo delle dovute protezioni.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento di particolare interesse per gli operatori di diritto che si occupano di responsabilità penale conseguente alla violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro.

(i) Il principio della responsabilità concorrente del datore di lavoro.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, di recente ribadito alla luce delle considerazione svolte dalle Sezioni unite nella sent. n. 38343 del 24/04/2014, Espenhan e aa., Rv. 261108, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, anche nelle strutture aziendali complesse è configurabile la responsabilità del datore di lavoro – quale titolare della relativa posizione di garanzia, in quanto soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio – in caso di mancanza dei dispositivi di sicurezza delle attrezzature, per inottemperanza agli obblighi previsti dalla legge, tra i quali vi è quello, nella specie contestato, di cui all’art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2018 (Sez. 4, n. 52536 del 09/11/2017, Cibin, Rv. 271536; Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017, Minguzzi, Rv. 269972).”

 

(iii) Le ragioni del rigetto del ricorso per cassazione.

“Il teste omissis- RSPP – ha bensì riferito che nella società amministrata dall’imputato, certamente da ritenersi organizzazione complessa in relazione alle dimensioni ed al numero dei lavoratori occupati, le questioni relative alla sicurezza del lavoro erano gestite da un team del quale erano parte diversi soggetti, tra cui, ovviamente, lo stesso RSPP, altri dirigenti, i preposti, oltre a consulenti esterni.

Posto, tuttavia, che il teste non era stato in grado di riferire i dettagli con cui era stata dall’imputato organizzata la valutazione della conformità alla normativa dei macchinari utilizzati – e che neppure era stato in grado di riferire perché, e da quando, quel vecchio trapano a colonna sprovvisto delle precauzioni di sicurezza si trovava in tali condizioni – la valutazione del giudice di merito circa l’inidoneità di quel lavoro di squadra a garantire l’obbligo di sicurezza nella specie violato non è né illogica, né contraddittoria.

Che il RSPP omissis- come lui stesso ha riferito, ciò di cui il giudice ha tenuto conto – non fosse a conoscenza della non conformità di quella attrezzatura e non avesse pertanto posto ad essa rimedio, né segnalato la circostanza all’imputato, non vale ad escludere la responsabilità di quest’ultimo.

Il fatto che nemmeno al omissis fosse stata segnalata tale non conformità – da non meglio identificati dirigenti e/o preposti che avrebbero dovuto farlo – non consente di ritenere che l’organizzazione al proposito adottata dall’imputato con l’ausilio dei suoi consulenti per rispettare gli obblighi di prevenzione fosse idonea, desumendosene semmai logicamente il contrario come correttamente ha fatto il giudice di merito.

(iii) La posizione di garanzia dell’RSPP e l’obbligo di collaborazione con il datore di lavoro.

D’altro lato, se il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (Sez. 4, n. 11708 del 21/12/2018, David, Rv. 275279), l’eventuale responsabilità dello stesso RSPP non fa venir meno la concorrente responsabilità del datore di lavoro delegato alla sicurezza neppure quando dall’inadempimento consegua un infortunio (cfr. Sez. 4, n. 40718 del 26/04/2017, Raimondo, Rv. 270765; Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Lovison e aa., Rv. 254094), sicché certo non lo esonera dall’obbligo, che su di lui specificamente grava a norma dell’art. 71, d.lgs. 81 del 2008, di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di sicurezza.”

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Riferimento normativo.

Art. 16 d.lgs. 81/2008,  Delega di funzioni:

  1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
  2. a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
  3. b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
  4. c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
  5. d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
  6. e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
  7. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.
  8. La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4.

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Giurisprudenza di legittimità.

Quadro giurisprudenziale sulla concorrente responsabilità del datore di lavoro con l’RSPP.

Cassazione penale sez. un., 24/04/2014, n.38343:

In tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto penalmente rilevante la condotta del responsabile del servizio che aveva redatto il documento di valutazione dei rischi con indicazione di misure organizzative inappropriate, sottovalutando il pericolo di incendio e omettendo di indicare ai lavoratori le opportune istruzioni per salvaguardare la propria incolumità).

 

Cassazione penale sez. IV, 05/04/2013, n.50605:

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di vigilanza e di controllo gravanti sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il quale ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell’individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti.

Cassazione penale sez. IV, 21/12/2010, n.2814:

Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, degli eventi dannosi derivati dai suoi suggerimenti sbagliati o dalla mancata segnalazione di situazioni di rischio, dovuti ad imperizia, negligenza, inosservanza di leggi o discipline, che abbiano indotto il secondo ad omettere l’adozione di misure prevenzionali doverose.

Cassazione penale sez. IV, 10/12/2008, n.4123:

In materia di tutela della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro, non sono delegabili gli obblighi del datore di lavoro relativi all’attività di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza, necessaria alla redazione del documento previsto dall’art. 28 d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, e alla designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi, trattandosi di obblighi intimamente correlati con le scelte aziendali di fondo che sono attribuite al potere/dovere del datore di lavoro.

Cassazione penale sez. IV, 06/12/2007, n.6277:

La mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro e i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

by Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA