Responsabilità dell’Ente ex d.lgs. n. 231/2001: è sufficiente la mera presentazione dell’istanza di rinvio a giudizio per interrompere la decorrenza della prescrizione quinquennale dell’illecito amministrativo.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n. 30634/2019 con la quale la Suprema Corte si è pronunciata sull’effetto interruttivo prodotto dalla contestazione dell’illecito amministrativo prevista dall’ art. 59 d.lgs 231/2001, chiarendo che la sola richiesta di rinvio a giudizio del PM  è sufficiente ad interrompere la decorrenza del termine di prescrizione quinquennale senza necessità di notifica,  obliterando così l’orientamento minoritario  – di cui ha fatto applicazione il giudice del merito –  che lega l’effetto interruttivo al meccanismo dell’atto ricettizio di derivazione civilistica.

L’imputazione ed il giudizio di merito.

Il Tribunale di  Rimini pronunciava sentenza di non doversi procedere nei confronti della società a responsabilità limitata per intervenuta prescrizione dell’illecito amministrativo di cui all’art 25-septies d.lgs231/2001, in relazione ai reato di evento contestato, ex art. 590, II e III comma cod. pen., al committente dei lavori di risanamento, al legale rappresentante dell’impresa affidataria dei lavori, al responsabile dei lavori e coordinatore della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, poiché ciascuno nell’esercizio delle proprie mansioni cagionavano, in piena violazione di quanto disposto in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro dal d.lgs 81/2008, lesioni personali e gravi ad un dipendente della società.

La sentenza di declaratoria della prescrizione veniva motivata sulla circostanza che la notifica della richiesta di rinvio a giudizio avveniva solo oltre l’ordinario termine di prescrizione  quinquennale maturata e dichiarata dal Tribunale.

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Avverso la sentenza che definiva il merito interponeva ricorso per cassazione il Pubblico Ministero censurando il provvedimento de quo con un unico motivo di impugnazione lamentando, per quanto di interesse per l’analisi della sentenza in commento, violazione di legge in ordine all’individuazione del momento processuale al quale riconnettere gli effetti interruttivi – di natura permanente in subiecta materia–  per l’illecito contestato alla società.

Secondo la tesi accusatoria la motivazione del Tribunale era censurabile per aver erroneamente ritenuto che l’omessa notifica, in quanto vizio processuale, avesse escluso la natura sostanziale del decreto di citazione, comunque idoneo ad interrompere la prescrizione.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso annullando la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame.

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento che affrontano il  tema della natura interruttiva del decreto di citazione a giudizio.

1.Sulla natura interruttiva della citazione a giudizio in tema di responsabilità da reato degli enti.

1.1. L’orientamento maggioritario.

Ora, da un lato, si è sostenuto che “In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’ente, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe, per il solo fatto della sua emissione, la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi degli artt. 59 e 22, commi 2 e 4, del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231″ (cfr. Sez. 2, n. 41012 del 20/06/2018, C, Rv. 27408304; Sez. 2, n. 10822 del 15/12/2011 – dep. 20/03/2012, Cerasino e altri, Rv. 256705).

1.2. L’orientamento minoritario recepito dal Tribunale di Rimini.

Dall’altro, con la pronuncia richiamata dalla sentenza gravata, rimasta per la verità isolata, si affermato che: “In tema di responsabilità da reato degli enti, la richiesta di rinvio a giudizio della persona giuridica interrompe il corso della prescrizione, in quanto atto di contestazione dell’illecito, solo se, oltre che emessa, sia stata anche notificata entro cinque anni dalla consumazione del reato presupposto, dovendo trovare applicazione, ai sensi dell’art. 11, primo comma, lett. r), L. 29 settembre 2000, n. 300, le norme del cod. civ. che regolano l’operatività dell’interruzione della prescrizione. (Sez. 6, n. 18257 del 12/02/2015 – dep. 30/04/2015, P.M. in proc. Buonamico e altri, Rv. 263171).

  1. La decisione della Corte in continuità dell’orientamento maggioritario.

“…..Ebbene, l’esito cui giunge il primo orientamento riportato deve essere condiviso.

Anche nell’ipotesi di c.d. reato degli enti, infatti,  l’interruzione della prescrizione è posta a presidio della tutela della pretesa punitiva dello Stato, sicché il regime non può che essere quello previsto per l’interruzione della prescrizione nei confronti dell’imputato e coincidere con l’emissione della richiesta di rinvio a giudizio, in modo del tutto indipendente dalla sua notificazione.

Il rinvio alla lettera r) dell’art. 11 della legge delega n. 300/2000 alle norme del codice civile, con cui l’efficacia interruttiva della prescrizione viene ricollegata, dall’indirizzo minoritario, alla notificazione della richiesta di rinvio a giudizio (o più in generale dell’atto di contestazione), che peraltro manca di esplicita attuazione, va nondimeno inteso facendo riferimento al regime previsto dall’art. 2945, comma 2^, cod. civ., nel senso che una volta interrotta la prescrizione, con l’emissione della richiesta di rinvio a giudizio, essa ‘non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio’.  

Il che nulla a che fare con il momento della produzione degli effetti dell’atto interruttivo, ma solo con il contenuto di quegli effetti, rispetto ai quali, diversamente da quanto previsto per la prescrizione del reato con l’art. 160 cod. pen., l’interruzione impedisce la decorrenza del termine prescrizionale fino a che il giudizio non sia terminato.

  1. La scelta legislativa di far riferimento alla disposizione civilistica, anziché alle previsioni di cui all’art. 160 cod. pen., deriva dalla natura della pretesa punitiva che sanziona la violazione da parte dell’impresa di norme che implicano limiti di compatibilità dell’azione imprenditoriale con l’interesse generale, come espresso dall’art. 41 Cost., il quale non può declinare di fronte al vantaggio dell’attività d’impresa.

Siffatta prevalenza determina la necessità del ricorso ad una normativa -quella civilistica appunto- che renda indifferente il tempo del processo all’irrogazione della sanzione, al fine di non stravolgere priorità collettive, costituzionalmente garantite”.

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Riferimento normativo.

Art. 59  d. lgs 231/2001, Contestazione dell’illecito amministrativo:

  1. Quando non dispone l’archiviazione, il pubblico ministero contesta all’ente l’illecito amministrativo dipendente dal reato. La contestazione dell’illecito è contenuta in uno degli atti indicati dall’articolo 405, comma 1, del codice di procedura penale.
  2. La contestazione contiene gli elementi identificativi dell’ente, l’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto che può comportare l’applicazione delle sanzioni amministrative, con l’indicazione del reato da cui l’illecito dipende e dei relativi articoli di legge e delle fonti di prova.

Art. 25-septies d.lgs n. 231/2001. Omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro

  1. In relazione al delitto di cui all’articolo 589 del codice penale, commesso con violazione dell’articolo 55, comma 2, del decreto legislativo attuativo della delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
  2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di cui all’articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
  3. In relazione al delitto di cui all’articolo 590, terzo comma, del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi.

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Quadro giurisprudenziale in ordine al regime di prescrizione applicato agli illeciti amministrativi dipendenti da reato.

Cassazione penale sez. II, 20/06/2018, n.41012:

In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’ente, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe, per il solo fatto della sua emissione, la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi degli artt. 59 e 22, commi 2 e 4, del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

Cassazione penale sez. VI, 12/02/2015, n.18257:

L’illecito amministrativo a carico dell’ente si prescrive in cinque anni dalla commissione del reato, dovendosi però applicare le cause interruttive del codice civile (articolo 11, lettera r), della legge delega n. 300 del 2000): da ciò deriva, in particolare, che l’effetto interruttivo derivante dalla contestazione dell’illecito, mediante richiesta di rinvio a giudizio, si realizza non al momento della richiesta, bensì al momento della sua notifica, ciò in coerenza con la disciplina civilistica secondo cui l’effetto di interruzione della prescrizione si ottiene con la portata a conoscenza dell’atto al debitore, articolo 2943 c.c. (Nella specie, la Corte ha così condiviso la sentenza che aveva dichiarata la prescrizione dell’illecito in ragione del decorso del termine di cinque anni ritenendo che l’atto interruttivo non fosse consistito nell’emissione della richiesta di rinvio a giudizio ma nella sua notifica, avvenuta però oltre il termine di cinque anni).

Cassazione penale sez. V, 22/09/2015, n.50102:

In tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’ente, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi degli artt. 59 e 22, commi 2 e 4, del D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

Cassazione penale sez. V, 04/04/2013, n.20060:

L’articolo 60 del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 comporta che l’estinzione per prescrizione del reato impedisce all’accusa di procedere alla contestazione dell’illecito amministrativo a carico dell’ente, ma non impedisce, invece, di portare avanti il procedimento già incardinato.

Cassazione penale sez. II, 15/12/2011, n.10822:

In tema di responsabilità da reato degli enti, la richiesta di rinvio a giudizio della persona giuridica intervenuta entro cinque anni dalla consumazione del reato presupposto, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe il corso della prescrizione e lo sospende fino alla pronunzia della sentenza che definisce il giudizio.

 

Cassazione penale sez. V, 09/12/1998, n.1387:

In tema di interruzione della prescrizione del reato, va riconosciuta anche agli atti processualmente nulli la capacità di conseguire lo scopo. Gli atti interruttivi della prescrizione, infatti, hanno valore oggettivo, in quanto denotano la persistenza nello Stato dell’interesse punitivo. (Nella fattispecie, la Corte ha rilevato che il decreto di citazione a giudizio emesso dal p.m. presso la pretura circondariale, anche se privo della indicazione della data del dibattimento (e, pertanto, nullo), essendo stato emesso quando il termine di prescrizione era ancora in corso, aveva comportato la interruzione della prescrizione stessa).

by Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA