Il curatore fallimentare può sempre impugnare il provvedimento di sequestro preventivo disposto sui beni dell’impresa fallita quando la misura cautelare è successiva al fallimento.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n. 37638/2019, depositata l’11.09.2019 con la quale la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi  – favorevolmente – in ordine alla legittimazione del curatore fallimentare a presentare impugnazione contro l’ordinanza di sequestro preventivo emessa dal G.i.p. ed eseguita sui beni della società fallita.

L’imputazione provvisoria e il giudizio cautelare.

Il Tribunale della Libertà di Sassari dichiarava inammissibile la richiesta di riesame presentata dal curatore fallimentare avverso il sequestro preventivo, disposto su un immobile della società fallita in ordine al reato p. e p. dall’art.316 ter cod., finalizzato alla confisca per equivalente alla somma di euro 184.571,09, ritenuta dalla pubblica accusa profitto del reato.

In particolare, il Collegio cautelate, fondava la propria decisione di difetto di legittimazione ad agire del curatore fallimentare richiamando i principi  dettati dalla nota sentenza delle  Sez. Unite n. 11170 del 2014, Uniland.

Il ricorso del  curatore fallimentare, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

Contro la decisione del Tribunale cautelare sardo interponeva ricorso per Cassazione il curatore fallimentare; l’impugnazione veniva accolta dai Giudici di legittimità che, per l’effetto, annullavano l’ordinanza impugnata.

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza afferenti il tema della legittimatio della curatela fallimentare all’impugnazione delle misure cautelari reali.

(i) Il vizio di legge dell’ordinanza impugnata che ha negato la legittimazione del curatore:

“In particolare, le Sezioni Unite della Corte di cassazione – nella vicenda “Uniland”- in parte diversa dalla presente, perché riguardante un sequestro disposto prima della dichiarazione di fallimento- relativa ad un complesso procedimento penale nel cui ambito era stato disposto il sequestro finalizzato alla confisca ex art. 19, D.Lgs. n. 231/2001- hanno statuito che la confisca obbligatoria trova l’unico limite di applicabilità nella “appartenenza” del bene sequestrato ad una persona estranea al reato, ma non anche nella sussistenza di un diritto di credito che potrebbe essere soddisfatto mediante il bene in sequestro: “[…] Il creditore che non abbia ancora ottenuto l’assegnazione del bene a conclusione della procedura concorsuale non può assolutamente essere considerato ‘terzo titolare di un diritto acquisito in buona fede’ perché prima di tale momento egli vanta una semplice pretesa, ma non certo la titolarità di un diritto reale su un bene.

E perciò, legittimamente su quei beni potranno insistere il sequestro penale prima e la confisca poi.

Da tale presupposto si è negata al curatore fallimentare la legittimazione a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro preventivo funzionale alla confisca dei beni della società fallita. Il curatore sarebbe un soggetto terzo rispetto al procedimento cautelare, non titolare di diritti (di proprietà) sui beni in sequestro, né ‘rappresentante dei creditori, a loro volta non titolari di alcun diritto sui beni prima della assegnazione degli stessi e della conclusione della procedura concorsuale; il curatore sarebbe un ” organo che svolge una funzione pubblica ed affianca il tribunale ed il giudice delegato per il perseguimento degli interessi dinanzi indicati” (così testualmente le Sezioni unite della Corte; meramente recettiva del principio indicato dalle Sezioni unite è la successiva Sez. 3, n. 23388 del 1/03/2016, Ivone, Rv. 267346).”

(ii) Il principio di diritto dettato in ordine al potere gestorio del curatore fallimentare:

“In tal senso sono condivisibili le considerazioni espresse dalla Corte di Cassazione secondo cui se chi ha la disponibilità può avere sullo stesso bene anche un diritto reale – nei casi in cui non si sia aperta alcuna discrasia tra forma e fatto -; il diritto comunque non è il presupposto automatico della disponibilità, che in sede penale costituisce proprio lo strumento per contrastare la titolarità di diritti “vuoti” su beni che in realtà sono esclusivamente a disposizione di soggetti diversi da chi ne è il proprietario o comunque è il titolare di un diritto su di essi.

La disponibilità nel settore delle cautele reali penali esige quindi l’effettività, ovvero un reale potere di fatto sul bene che ne è l’oggetto (cfr., tra gli altri; Sez. 3, n. 4097 del 9/01/2016, che definisce disponibili, ai fini del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, anche i beni su cui l’imputato esercita, anche tramite terzi, un potere informale diretto ed oggettivo; Sez. 3, n. 25771 del 20/01/2017, Akmedova, Rv. 270798 e Sez. 3, n. 36530 del 12/05/2015 in cui si precisa come possa essere disposto il sequestropreventivo finalizzato alla confisca per equivalente su beni formalmente intestati a persona estranea al reato qualora il PM dimostri che è l’indagato ad averne la effettiva disponibilità; Sez. II, n. 32647 del 17/04/2015, Catgiu, Rv. 264524, che valorizza la necessità di una disponibilità effettiva di beni formalmente appartenenti a terzi estranei al reato quale presupposto del sequestro preventivo (così, lucidamente, Sez. 3, n. 42469 del 12/07/2016, Amista, Rv. 268015). Ne deriva, quanto alla individuazione della “persona a cui le cose sono state sottratte”, che se la dichiarazione del fallimento precedente al sequestro può, forse, non essere sufficiente a conferire al fallimento stesso la disponibilità dei beni del fallito, i quali, nel caso in cui ne sia stato anteriormente disposto il sequestro, non sono già più, logicamente, disponibili da parte dell’indagato – neppure ai fini degli interessi fallimentari- a diverse conclusioni deve giungersi nel caso in cui il provvedimento cautelare sia temporalmente successivo alla detta dichiarazione.

Se, infatti, può astrattamente sostenersi che il fallimento non acquisisca la disponibilità dei beni già sottoposti a sequestro preventivo penale finalizzato a confisca, onde non può a tale potere fattuale “aggrapparsi” il curatore (ferma restando la connessa ma distinta questione se, anche in tali casi, il curatore abbia legittimazione a proporre riesame in quanto soggetto a cui le cose sarebbero restituite), diversa è la situazione del sequestro preventivo di beni già sottoposti a procedura fallimentare.”

“La natura e la latitudine del “diritto gestorio” del curatore derivano direttamente dalla legge fallimentare e, in particolare, dall’art. 31 di questa, che attribuisce al curatore l’amministrazione del patrimonio fallimentare, nel contempo onerandolo del compimento di tutte le operazioni della procedura (sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori), nonchè nella disposizione di carattere generale di cui all’art. 42, a norma della quale, a seguito della sentenza che dichiara il fallimento, il curatore ha l’amministrazione e la disponibilità dei beni del fallito esistenti alla data della dichiarazione di fallimento.

In tale prospettiva, se il curatore è il soggetto che amministra ed ha la disponibilità dei beni, ne discende, nel caso di sequestro preventivo successivo alla dichiarazione di fallimento, la sussistenza di un concreto interesse di questi ad impugnare un provvedimento di sequestro penale; il curatore ha sui beni fallimentare un potere di fatto corrispondente ad una relazione sostanziale e tale potere è strettamente correlato alla natura ed alle funzioni, di derivazione pubblicistica, riconosciute al curatore medesimo. Tale potere è idoneo a fondare, ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen. il “diritto” dello stesso curatore ad impugnare il provvedimento di sequestro preventivo.

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Riferimento normativo.

Art. 321 cod. pen., Oggetto del sequestro preventivo:

  1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.
  2. Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca.

2-bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca (4) .

  1. Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell’interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell’interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria.

3-bis. Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell’intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale [3573] al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito [229 coord.]. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l’emissione del decreto previsto dal comma 1 entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria   (6) .

3-ter. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dal comma 3-bis ovvero se il giudice non emette ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell’ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.

Art. 322 ter cod. pen., Confisca:

Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell’articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto (3).

Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall’articolo 321, anche se commesso ai sensi dell’articolo 322-bis, secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell’articolo 322-bis, secondo comma.

Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.

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Giurisprudenza di legittimità

Quadro giurisprudenziale in materia di legittimazione del curatore fallimentare a richiedere il riesame del sequestro preventivo:

Cassazione penale sez. III, 24/09/2018, n.47737:

Il curatore fallimentare di una società che ha ceduto beni immobili ad altra società usata come “schermo” dagli imputati è legittimato a proporre istanza di revoca del sequestro per equivalente di tali beni immobili, purché abbia un interesse concreto ed attuale alla restituzione del bene. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza con cui era stata respinta l’istanza di restituzione presentata dal curatore fallimentare della società cedente, nonostante che la restituzione dei beni dalla società “schermo” a questa fosse stata disposta con sentenza irrevocabile a seguito dell’accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare).

Cassazione penale sez. III  12 luglio 2016 n. 42469:

Il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro preventivo, anche per equivalente, emesso anteriormente alla dichiarazione di fallimento di un’impresa in quanto non è titolare di alcun diritto sui beni del fallito, né in proprio, né quale rappresentante dei creditori del fallito i quali, prima della conclusione della procedura concorsuale, non hanno alcun diritto restitutorio sui beni. (In motivazione la Corte ha precisato che la legittimazione per impugnare consegue alla effettiva disponibilità del bene e che, invece, la dichiarazione di fallimento successiva al sequestro non conferisce alla procedura la disponibilità dei beni del fallito in considerazione del fatto che, da un lato, questi ne conserva il diritto di proprietà e, dall’altro, che il pregresso vincolo penale assorbe ogni potere fattuale su tali beni, escludendo ogni disponibilità diversa sugli stessi).

Cassazione penale sez. III  01 marzo 2016 n. 23388:

Il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro preventivo, anche per equivalente, dei beni della società fallita. (Fattispecie di omesso versamento Iva e di ritenute fiscali, nella quale la Corte ha precisato che il curatore, in quanto soggetto terzo rispetto al procedimento cautelare, non è titolare di diritti sui beni in sequestro, nè può agire in rappresentanza dei creditori, non essendo questi ultimi, prima della assegnazione dei beni e della conclusione della procedura concorsuale, titolari di alcun diritto di proprietà o altro diritto reale sugli stessi).

Cassazione penale sez. III  28 maggio 2015 n. 30484:

Il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro penale (sezioni Unite, 25 settembre 2014, Curatela del fallimento Uniland Spa e altro). (Affermazione resa nell’ambito di procedimento relativo a sequestro preventivo finalizzato alla confisca ai sensi dell’articolo 1, comma 143, della legge 244 del 2007).

Cassazione penale sez. III, 12/05/2015, n.36530:

Il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può ricadere su beni anche solo nella disponibilità dell’indagato, per essa dovendosi intendere la relazione effettuale con il bene, connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà, cosicché i beni, se anche siano formalmente intestati a terzi estranei al reato, devono ritenersi nella disponibilità dell’indagato quando essi, sulla base di elementi specifici e dunque non congetturali, rientrino nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi (confermata, nella specie, la decisione dei giudici del merito, atteso che per i beni immobili sequestrati alla ricorrente i giudici avevano motivato circa la disponibilità di essi da parte dell’indagato sulla base di elementi specifici scrutinati “in positivo”, nel senso cioè che non soltanto avevano argomentato circa il fatto che la ricorrente non avesse mai avuto le provviste per entrarne in possesso ma avevano ritenuto, sulla base degli atti, che gli acquisti erano avvenuti con disponibilità finanziarie interamente a carico dell’indagato).

Cassazione penale sez. II, 17/04/2015, n.32647:

In tema di sequestro preventivo avente ad oggetto beni appartenenti a terzi estranei al reato, il giudice è tenuto ad effettuare una pregnante valutazione del “periculum in mora”, sia pure in termini di semplice probabilità del collegamento di tali beni con le attività delittuose dell’indagato, sulla base di elementi che appaiano concretamente indicativi della loro effettiva disponibilità da parte di quest’ultimo. (In applicazione di tale principio, la Corte ha confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di un immobile, che appariva di proprietà di un terzo nella sola base delle risultanze catastali, mentre l’indagato risultava avervi fissato la residenza anagrafica ed eletto il domicilio per le notificazioni del procedimento, oltre ad aver provveduto a portare in detrazione, nella dichiarazione dei redditi, le spese sostenute per la ristrutturazione dell’immobile medesimo).

Cassazione penale sez. I  01 marzo 2013 n. 20216:

Dei beni sottoposti a sequestro a norma dell’art. 12 sexies d.l. 8 giugno 1992 n. 306, conv., con modificazioni, in l. 7 agosto 1992 n. 356, qualora sopravvenga il fallimento dell’imputato, può essere autorizzata la vendita su richiesta del curatore della procedura concorsuale ai fini della distribuzione del ricavato ai creditori, solo se il giudice acquisisce la ragionevole certezza che i cespiti non rientreranno nella diretta o indiretta disponibilità del condannato. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da vizi il provvedimento impugnato che ha escluso di poter accedere alle richieste di revoca della confisca per la mancata prospettazione di concrete e specifiche misure di salvaguardia da adottare nella fase di vendita della procedura fallimentare).

Cassazione penale sez. III  28 settembre 2011 n. 448: 

Non sussiste l’interesse a ricorrere del curatore fallimentare contro il provvedimento del Tribunale del riesame con cui sia stato confermato il rigetto dell’istanza di restituzione di somme, oggetto di un sequestro funzionale alla confisca per equivalente relativo a somme di denaro appartenenti a società dichiarate fallite, provento di reati tributari, ma percepite prima dell’entrata in vigore della l. n. 244 del 2007. (In motivazione la Corte ha precisato che l’interesse a ricorrere non sussiste nemmeno nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto beni per un valore eccedente l’effettivo profitto del reato).

Cassazione penale sez. V  25 settembre 2008 n. 43245:

In tema di sequestro preventivo, è legittimo il provvedimento di revoca e di restituzione a favore del curatore fallimentare del bene oggetto della sentenza irrevocabile di accoglimento dell’azione revocatoria.

by Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA