Nesso di causalità e colpa medica del radiologo: per affermare la responsabilità penale per omissione del sanitario l’accusa deve fornire la prova scientifica della natura salvifica dell’atto chirurgico omesso.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.37767/2019 – depositata il 12.09.2019, resa in materia responsabilità penale del medico per condotta omissiva, con la quale, la Suprema Corte, ha annullato quella  appello, non ritenendola adeguatamente motivata sul punto del nesso causale tra l’errore del medico e il decesso del paziente per arresto cardiocircolatorio.

Il caso clinico, l’imputazione e il doppio grado di giudizio di merito.

La Corte di appello di Roma confermava la sentenza di condanna dell’imputato emessa dal Tribunale di Velletri, ritenuto penalmente responsabile del reato di cui all’art 589 cod. pen., poiché nella qualità di radiologo in servizio presso il Pronto Soccorso della struttura ospedaliera, ometteva di rilevare  le lesioni interne alla parete ventricolare destra riportate dal paziente a causa di una ferita da taglio e rappresentate nell’esame radiografico torace-addome, refertando all’esito della Tac “assenza di addensamenti parenchimali e/o di versamento pleurico in esito traumatico”, quindi per colpa consistita in negligenza e imperizia valutava erroneamente le risultanze del predetto esame, dal quale, viceversa,  si evinceva il versamento ematico in corso, condizionando in senso negativo l’ulteriore percorso diagnostico e terapeutico al quale veniva sottoposto il paziente che decedeva per shock cardiogeno, insorto a seguito della lesione ventricolare destra.

Il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il Supremo Collegio ha annullato con rinvio al Giudice coivile la sentenza impugnata sia in punto di penale responsabilità per intervenuta prescrizione del reato di omicidio colposo, sia agli effetti civili travolgendo le relative statuizioni, ravvisando vizio di motivazione e travisamento della prova in ordine al rapporto eziologico tra la condotta omissiva contestata e l’exitusfatale.

Di seguito si riportano i passaggi di maggiore interesse per gli operatori di diritto che si occupano della colpa medica in ambito penale estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento che ripropongono, nel caso di specie, i criteri che devono informare il giudizio controfattuale.

Nella trama motivazionale della sentenza impugnata, l’accertamento del nesso causale tra le contestate condotte omissive ed il decesso di [omissis] è affidato alle proposizioni, sopra riportate, che, considerate nel loro insieme, non rappresentano una congrua motivazione, sulla base delle leggi scientifiche disponibili, in ordine alla capacità del comportamento alternativo doveroso di impedire – o, quanto meno, ritardare – nel caso concreto l’exitus letale.

La giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261103; Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222138 Espenhanh, 2014) ha ripetutamente chiarito che anche nell’ambito della causalità omissiva vale la regola di giudizio della ragionevole, umana certezza; e che tale apprezzamento va compiuto tenendo conto: da un lato, delle informazioni di carattere generalizzante afferenti al coefficiente probabilistico, che assiste il carattere salvifico delle misure doverose appropriate; e, dall’altro, delle contingenze del caso concreto; e, dunque, adegua al caso concreto le informazioni statistiche generalizzanti.Ed ha aggiunto altresì che la regola di giudizio, compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio” – propria del processo penale – impone di pronunciare condanna a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità che, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura, siano remote, nel senso che l’effettiva realizzazione di dette eventualità, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali.”

Occorre in questa sede ribadire che la valutazione controfattuale, demandata al giudice di merito, deve avvenire rispetto al “singolo comportamento storico”, alla “singola situazione storica” e alla “singola conseguenza storica” (Sez. 4, n. 30469 del 13/06/2014, Jann, Rv. 262239).

I termini di fatto ai quali deve riferirsi il giudice penale, nel verificare la sussistenza di elementi indicativi della riferibilità causale dell’evento alla condotta attiva od omissiva posta in essere dall’agente, sono necessariamente quelli riportati nel capo di imputazione: è il capo di imputazione, infatti, che delinea e delimita la specifica sequenza fenomenologica, nell’ambito della quale si assume che la condotta attesa abbia determinato la verificazione dell’evento dannoso, come realizzatosi.

In tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della patologia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio (Sez. 4, n. 43459 del 04/10/2012, Albiero, Rv. 255008).

Nei reati omissivi impropri, la valutazione concernente la riferibilità causale dell’evento lesivo alla condotta omissiva che si attendeva dal soggetto agente, deve avvenire rispetto alla sequenza fenomenologica descritta nel capo d’imputazione, di talché, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice di merito in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale (Sez. 4, n. 30469 del 2014 cit.).

Nella fattispecie in esame tale apprezzamento non è stato correttamente compiuto.”

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Riferimenti normativi:

Art. 589 c.p., omicidio colposo:

Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. 

Se il fatto e’ commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena e’ della reclusione da tre a dieci anni .

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici 

Art. 40 c.p., rapporto di causalità:

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso  o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.

Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

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Giurisprudenza di legittimità.

Rassegna giurisprudenziale in materia di colpa medica sul nesso eziologico fra condotta omissiva contestata al sanitario ed exitus fatale prodotto

Cassazione penale sez. IV, 10/10/2017, n.50038:

L’errore nella trasfusione di sangue di gruppo diverso al paziente è un errore di gravità tale da dover essere considerato come dotato di “esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento” anche rispetto ad un precedente errore medico, conseguendone che il processo causale innescato dalla consegna di sangue di un particolare gruppo destinato ad un paziente diverso dalla vittima è caratterizzato esclusivamente da errori che rappresentano lo sviluppo ulteriore dell’originario iter eziologico.

Cassazione penale sez. IV, 05/05/2015, n.33329:

Ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l’evento (art. 41, comma 2, c.p.), il comportamento successivo può avere valenza interruttiva non perché eccezionale ma perché eccentrico rispetto al rischio che il garante è chiamato a governare: in effetti, tale eccentricità potrà rendere in qualche caso (ma non necessariamente) statisticamente eccezionale il comportamento ma ciò è una conseguenza accidentale, in quanto l’effetto interruttivo può e deve essere individuato in qualsiasi circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che, appunto, il garante è chiamato a governare. In questa prospettiva, in cui è la teoria del rischio a guidare nell’apprezzamento dell’eventuale effetto interruttivo, anche il fatto illecito altrui non esclude “in radice” l’imputazione dell’evento al primo agente, che avrà luogo fino a quando l’intervento del terzo, in relazione all’intero concreto decorso causale della condotta iniziale dell’evento, non abbia soppiantato il rischio originario; cosicché l’imputazione non sarà invece esclusa quando l’evento risultante dal fatto del terzo possa dirsi realizzazione sinergica anche del rischio creato dal primo agente.

Cassazione penale sez. IV, 13/06/2014, n.30469:

Nei reati omissivi impropri, la valutazione concernente la riferibilità causale dell’evento lesivo alla condotta omissiva che si attendeva dal soggetto agente, deve avvenire rispetto alla sequenza fenomenologica descritta nel capo d’imputazione, di talché, nelle ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto dal giudice di merito in riferimento alla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al sanitario e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.

Cassazione penale sez. un., 24/04/2014, n.38343:

Nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. (Fattispecie in cui la suprema Corte ha escluso il nesso causale tra la condotta omissiva consistita nella mancata realizzazione di un impianto antincendio automatico e l’aggravante di cui all’art. 437, comma 2, c.p., alla stregua del giudizio controfattuale per cui, valutate le circostanze concrete in ordine ai necessari tempi di realizzazione, l’impianto non sarebbe stato comunque ultimato in epoca antecedente alla verificazione del disastro).

Cassazione penale sez. IV, 14/02/2013, n.18573:

In tema di omicidio, sussiste il nesso di causalità tra l’omessa adozione da parte del medico specialistico di idonee misure atte a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, ed il decesso del paziente, quando risulta accertato, secondo il principio di contrafattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensità lesiva. (Fattispecie nella quale il sanitario di turno presso il pronto soccorso non aveva disposto gli accertamenti clinici idonei ad individuare una malattia cardiaca in corso e, di conseguenza, non era intervenuto con una efficace terapia farmacologica di contrasto che avrebbe rallentato significativamente il decorso della malattia, così da rendere utilmente possibile il trasporto presso struttura ospedaliera specializzata e l’intervento chirurgico risolutivo)

Cassazione penale sez. IV, 04/10/2012, n.43459:

In tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di appello ha affermato, in ordine al reato di lesioni personali gravi, la responsabilità dei medici – per non aver rimosso, nel corso di un intervento chirurgico, una garza dall’addome del paziente – omettendo di esaminare le doglianze degli appellanti relative all’assenza di dette garze presso la struttura sanitaria in cui venne eseguito l’intervento, alle specifiche patologie del paziente ed all’eventualità che le stesse avessero richiesto esami strumentali endoscopici cui ricollegare la presenza della garza).

Cassazione penale sez. IV, 10/05/2012, n.20650:

In tema di responsabilità omissiva del medico per la morte del paziente, la verifica dell’esistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva del sanitario e l’evento lesivo presuppone l’effettuazione del cd. “giudizio controfattuale” diretto a stabilire se l’azione o le condotte positive ritenute doverose e invece omesse, nel caso concreto, ove ipotizzate come poste in essere dall’imputato, sarebbero state idonee a evitare l’evento o a ritardarne significativamente la sopravvenienza: tale verifica deve in concreto operarsi, in termini di ragionevole certezza (“alto grado di credibilità razionale” o “probabilità logica”), secondo tutte le circostanze che connotano il caso, e non già in termini di mera probabilità statistica pur rivelatrice di “serie e apprezzabili probabilità di successo” per l’azione impeditiva dell’evento, Sezioni Unite, 10 luglio 2002, Franzese. (Nella fattispecie, si contestava ai medici l’avvenuto decesso del paziente, sul rilievo che questi, pur in presenza di una sintomatologia – dolore toracico intermittente – che avrebbe dovuto indurre il sospetto di un’angina ingravescente, avevano omesso di richiedere una consulenza cardiologia e di effettuare i necessari accertamenti diagnostici – il dosaggio degli enzimi cardiaci – che avrebbero consentito di instaurare con urgenza la terapia necessaria, dimettendo anzi il paziente, poi deceduto, con l’errata diagnosi di patologia di origine gastrica: la Corte ha annullato con rinvio la decisione, rilevando come fosse mancato il suindicato giudizio controfattuale, risolto in modo apodittico e immotivato con l’affermazione che se il paziente “fosse rimasto in ospedale, anche nell’ipotesi in cui non fossero stati effettuati gli esami ematochimici… avrebbe potuto ricevere le cure necessarie e salvarsi”).

Cassazione penale sez. IV, 06/11/2007, n.840:

In tema di responsabilità professionale medica, è da ritenersi di natura commissiva e non omissiva la condotta del medico che adotti una terapia errata (e quindi ometta di somministrare quella corretta), con la conseguenza che in tale caso il giudizio controfattuale si esaurisce nella verifica delle conseguenze derivanti dall’eliminazione mentale della condotta realmente posta in essere, non dovendosi spingere alla valutazione delle conseguenze della condotta impeditiva nei fatti non realizzata (nella specie, la Corte ha ravvisato la responsabilità del medico a titolo di omicidio colposo per aver somministrato le terapie in dosaggi superiori a quelli previsti e senza tener conto della pericolosità dei fattori di accumulo).

Cassazione penale sez. un., 10/07/2002, n.30328:

Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento “hic et nunc”, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. La conferma dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale non può essere dedotta automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto o elevato grado di credibilità razionale” o “probabilità logica”. L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio.

By Claudio Ramelli @ RIPRODUZIONE RISERVATA