Nel reato di omessa dichiarazione I.v.a., la consapevolezza dell’ammontare dell’imposta dovuta conseguente la cessione di un immobile è sufficiente ad integrare il dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n. 37346/2019 – depositata il 09.09.2019 in materia di reati tributari, con la quale la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di omessa dichiarazione (I.V.A.), confermando, nel caso di specie, la sussistenza degli elementi costitutivi richiesti dalla norma incriminatrice.

L’imputazione e il doppio grado di giudizio.

La Corte di appello di Brescia riformava parzialmente la sentenza di condanna del locale Tribunale che non  aveva correttamente applicato la diminuente connessa alla scelta del rito abbreviato in ordine al reato  p. e p. all’art 5 d.lgs. 74/2000 ascritto all’imputato, tratto a giudizio nella qualità di legale rappresentante della società, il quale, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto, ometteva di presentare la relativa dichiarazione Iva per l’anno 2008, eludendocosì il versamento in favore dell’Erario dell’imposta indiretta pari ad euro 200.000,00, dovuto dalla società per la cessione di un immobile ad altra persona giuridica con prezzo ed imponibile fiscale di € 2.000.000,00.

Il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

Avverso la sentenza emessa dalla Corte distrettuale bresciana interponeva ricorso per cassazione l’imputato che censurava il provvedimento de quo articolando plurimi motivi di impugnazione, lamentando vizio motivazionale e violazione di legge quanto in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di omessa dichiarazione p. e p. dall’art 5 d.lgs. 74/2000, facendo riferimento ad un successivo annullamento dell’atto di compravendita da parte dello stesso notaio che aveva rogato l’atto traslativo del diritto di proprietà per illiceità del relativo negozio giuridico.

Il Supremo Collegio ha rigettato il ricorso radicando la coscienza e volontà richiesta dal dolo di evasione all’atto giuridico dal quale non può non derivare in capo all’alienante la consapevolezza di dover versare l’imposta dovuta.

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento, di particolare interesse per gli operatori di diritto in materia tributaria.

(i) La ricostruzione delle condotte di omessa dichiarazione Iva e il principio di diritto in ordine all’elemento soggettivo del dolo specifico:

“Il ricorrente, infatti, contesta la logicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte bresciana ha ritenuto sussistere l’elemento soggettivo del reato a lui contestato – si tratta, infatti, della ritenuta violazione dell’art. 5 del dlgs n. 74 del 2000, per avere, secondo la prospettazione accusatoria, l’[omissis], in qualità di legale rappresentante della società  [omissis], omesso di presentare, al fine di evadere la predetta imposta, la dichiarazione Iva relativamente all’anno di imposta 2008, sebbene vi fosse tenuto in ragione dell’avvenuta cessione operata da tale società di un immobile, per un controvalore imponibile di euro 2.000.000,00 – sulla base di elementi, a suo avviso, non significativi.

Rileva sul punto la Corte che, sebbene il reato contestato al prevenuto sia caratterizzato dalla presenza, quale elemento soggettivo del medesimo, del dolo specifico, essendo necessario che l’agente abbia operato, al fine di evadere le imposte, siffatta condizione è desumibile anche sulla sola base del fatto che vi fosse da parte del soggetto tenuto alla dichiarazione dei redditi la consapevolezza dell’ammontare della imposta dovuta (Corte di cassazione Sezione III penale, 6 maggio 2016, n. 18936). Nel caso di specie la Corte di appello, preso atto della intervenuta definitività della sentenza con la quale è stata accertata l’avvenuta cessione da parte dell’omissis di un immobile in data 22 febbraio 2008, ha rilevato che questi, avendo conseguito il prezzo di tale cessione, prezzo comprensivo della imposta sul valore aggiunto che doveva essere calcolata sull’importo di tale affare, ben era consapevole sia della doverosità della dichiarazione che dell’entità della imposta che, nella qualità di legale rappresentante della impresa cedente e percipiente la somma di danaro di cui sopra, egli avrebbe dovuto pagare.

Non può, pertanto, darsi credito, proprio sulla scorta della sopra richiamata giurisprudenza, alla tesi che il prevenuto non abbia agito al fine di evadere le imposte dovute.”

(ii) Sulla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di cui all’art 5 d.lgs. 74/2000:

“Quanto al secondo motivo, con il quale si dubita della logicità della motivazione della sentenza impugnata in relazione alla affermata sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, posto che il contratto di compravendita di cui sopra sarebbe stato affetto da nullità radicale ed originaria, osserva la Corte che anche questo motivo non ha fondamento.

Invero, per quanto risulta dallo stesso atto impugnatorio, il contratto di compravendita immobiliare da cui è scaturito l’obbligo dichiarativo negletto dal ricorrente è intervenuto in data 22 febbraio 2008, sicchè l’[omissis] sarebbe stato tenuto a presentare, al più tardi in data 29 settembre 2009, la relativa dichiarazione fiscale, mentre il preteso annullamento dell’atto, sulle cui effettive modalità di realizzazione il contenuto del ricorso dell’omissis è, peraltro, quanto meno oscuro, facendo esso riferimento ad un non ben chiarito atto compiuto dal medesimo notaio che aveva rogato l’atto originario con il quale sarebbe stata affermata la nullità di quest’ultimo, atto intervenuto in data 26 aprile 2011, quando cioè il reato contestato già si era abbondantemente consumato, senza che il prevenuto abbia mai compiuto alcuno degli adempimenti che, in una fattispecie di operazione commerciale radicalmente viziata, consentono il recupero delle imposte da quella derivanti e nel frattempo doverosamente già versate.”

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Riferimento normativo:

Art. 5 d.lgs. 74/2000, omessa dichiarazione:

  1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa e’ superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.

1-bis. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate e’ superiore ad euro cinquantamila.

  1. Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

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Giurisprudenza di legittimità

Quadro giurisprudenziale in ordine al reato tributario di omessa dichiarazione p. e p. dall’art 5 d.lgs 74/2000:

Tribunale Terni, 07/05/2019, n.572:

In tema di omessa presentazione della dichiarazione Iva il dolo specifico di evasione è provato dalla mancanza di collaborazione con l’agenzia delle entrate. (Nel caso di specie, l’agenzia delle entrate aveva chiesto l’esibizione della documentazione contabile e l’imputato non aveva provveduto ad alcun pagamento delle imposte a fronte di iscrizione a ruolo dell’imposta dovuta).

Cassazione penale sez. III, 20/02/2019, n.19647:

In materia di reati tributari, ai fini dell’individuazione della soglia di punibilità del delitto di omessa dichiarazione di cui all’art. 5 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 vigente “ratione temporis”, deve farsi riferimento al momento della consumazione del reato, che va fissato nel termine di novanta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’imposta sui redditi o all’ I.v.a. (In motivazione, la Corte ha precisato che la soglia di punibilità era originariamente fissata in una evasione di euro 77.000 con riferimento a taluna delle singole imposte; poi, è stata rideterminata in euro 30.000 dall’art. 2, comma 36 vicies semel, lett. f), d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. in l. 14 settembre 2011 n. 148 e, da ultimo, è stata stabilita in euro 50.000 dall’art. 5, comma 1, lett. a) d.lg. 24 settembre 2015, n. 158).

Cassazione penale sez. III, 06/06/2018, n.32500:

In tema di reati finanziari e tributari, il delitto di omessa dichiarazione a fini i.v.a. è configurabile anche nel caso in cui siano state emesse fatture per operazioni inesistenti, in quanto, secondo la normativa tributaria, l’imposta sul valore aggiunto è dovuta anche per tali fatture, indipendentemente dal loro effettivo incasso, con conseguente obbligo di presentare la relativa dichiarazione.

Cassazione penale sez. III, 20/09/2016, n.48304:

Il termine di novanta giorni dalla scadenza per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’imposta sui redditi od I.V.A., individuato “ex lege” quale momento consumativo del delitto di cui all’art. 5 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, decorre, ove le scadenze siano diverse a seconda della modalità prescelta dal contribuente per la presentazione della dichiarazione, dall’ultima scadenza prevista dalle leggi tributarie.

Cassazione penale sez. III, 21/04/2010, n.22045:

Il reato di cui all’art. 5 d.lg. 10 marzo 2000 n. 274 punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro 77.468,53. Si tratta, quindi, di un delitto di pura omissione che si realizza con l’omessa presentazione di una delle dichiarazioni annuali relative o all’imposta sui redditi o a quella sul valore aggiunto e che si consuma non nel momento in cui scade il termine per la presentazione delle dichiarazioni fissato dalla norma tributaria, ma, in virtù del capoverso dell’art. 5 citato, con il “decorso di novanta giorni” dalla scadenza del termine previsto dalle leggi tributarie; con la precisazione che, se le scadenze sono diverse, per il principio del “favor rei”, si deve tenere conto di quella che scade per ultima. (Nella fattispecie trattavasi di dichiarazione i.v.a., le cui scadenze, secondo la normativa vigente all’epoca del fatto, erano fissate al 31 luglio dell’anno successivo al periodo di imposta, in caso di presentazione della dichiarazione in banca o alla posta, o al 31 ottobre, se presentata per via telematica: per l’effetto, secondo la Corte, il reato ai fini penali doveva considerarsi consumato trascorsi novanta giorni dall’ultima scadenza).

Cassazione penale sez. III, 24/09/2008, n.39177:

In tema di reati finanziari e tributari, il delitto di omessa dichiarazione a fini dell’IVA è configurabile anche nel caso in cui siano state emesse fatture per operazioni inesistenti, in quanto, secondo la normativa tributaria, l’i.v.a. è dovuta anche per tali fatture, indipendentemente dal loro effettivo incasso, con conseguente obbligo di presentare la relativa dichiarazione. (Fattispecie nella quale è stata disattesa la tesi difensiva secondo cui, non essendo dovuta l’IVA su tali fatture, non risultava provato il superamento della soglia di punibilità).

Cassazione penale sez. III, 05/07/2000, n.10346:

Deve escludersi la configurabilità di un rapporto di continuità fra la contravvenzione di cui all’abrogato art. 1 comma 1 d.l. 10 luglio 1982 n. 429, conv. con modif. in l. 7 agosto 1982 n. 516, ed il delitto di cui all’art 5 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, atteso che, pur prevedendo entrambe le norme come reato la mancata presentazione di una delle prescritte dichiarazioni annuali in materia di imposte dirette o i.v.a., la seconda si caratterizza, rispetto alla prima, oltre che per la natura di delitto attribuita all’illecito da essa contemplato, anche per la necessaria sussistenza del dolo specifico volto alla realizzazione dell’evento tipico costituito dall’evasione in misura non inferiore a lire 150 milioni. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. avuto anche riguardo all’intervenuta abrogazione della norma che sanciva l’ultrattività delle disposizioni penali finanziarie, ha annullato senza rinvio, perché i fatti non sono più previsti come reato, la sentenza con la quale l’imputato, prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina introdotta dal d.lg. n. 74 del 2000, era stato ritenuto responsabile della contravvenzione di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi prevista dall’art. 1 comma 1 d.l. n. 429 del 1982).

by Claudio Ramelli @ Riproduzione Riservata