Responsabilità penale del dentista e prova processuale: la Corte di appello che riforma la sentenza assolutoria di primo grado non è tenuta a rinnovare l’istruttoria dibattimentale per nuovo esame del perito e del consulente tecnico.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 38615/2019 – depositata il 19.09.2019, con la quale la Corte di Cassazione, chiamata a scrutinare un caso di colpa medica ascritta all’odontoiatra, ha ritenuto ultronea la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale anche nel caso in cui il Giudice di appello riformi integralmente la sentenza di primo grado, nella fattispecie ai soli effetti della responsabilità civile.
L’imputazione e il doppio grado di giudizio.
Il Tribunale di Varese assolveva un dentista dal reato di lesioni colpose cui la locale procura aveva contestato i seguenti profili di colpa:
- a) nell’avere omesso di informare la paziente in modo completo ed adeguato sugli effetti e sulle possibili controindicazioni del trattamento;
- b) nell’avere omesso di formulare la corretta diagnosi della malattia e del correlato trattamento sanitario non provvedendo alla prescrizione degli esami clinici e diagnostici richiesti dalla natura della patologia, tra cui le appropriate indagini radiografiche mirate e panoramiche con conseguente, sia pure evitabile, errore diagnostico e terapeutico;
- c) nell’avere estratto complessivamente, senza necessità terapeutica, sette denti tra cui due canini superiori con relativo supporto osseo preesistente.
Il Tribunale all’esito dell’espletata istruttoria dibattimentale aveva non ravvisava profili di colpa professionale nella condotta del prevenuto, malgrado avesse ritenuto che l’imputato avesse posto in essere una pratica aggressiva e non conservativa.
Le parti civili costituite proponevano appello e l’adita Corte territoriale di Milano riformava la sentenza impugnata ritenendo il giudicabile responsabile del reato a lui ascritti condannandolo al risarcimento del danno con una provvisionale di € 25.000.
Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che il Giudice superiore giungeva a tale diverso convincimento attraverso una diversa lettura delle risultanze probatorie assunte in primo grado, segnatamente quelle relativo all’esame del perito e del CT di parte civile, senza rinnovare l’istruttoria dibattimentale.
Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Contro la sentenza di condanna ai soli effetti civili emessa dalla Corte distrettuale milanese interponeva ricorso per cassazione l’imputato, lamentando erronea applicazione della legge processuale, censurando l’illegittima rivalutazione delle prove assunte in primo grado senza procedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
Il Supremo Collegio ha rigettato il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento, che affrontano il tema della legittima facoltà del Giudice superiore a procedere ad nuova valutazione del complesso probatorio acquisito in primo grado, senza necessità di nuovo esame delle fonti di prova dichiarative, quando, come nel caso di specie, il relativo compendio sia stato travisato dal primo Giudice:
“E’ stato precisato che l’obbligo di rinnovazione ricorre nel caso di una diversa valutazione dell’attendibilità di una prova dichiarativa, strettamente connessa al canone dell’oralità e non invece laddove si versi in una differente valutazione del complessivo compendio probatorio, nella sua inalterata dimensione dimostrativa perché altrimenti, si imporrebbe una inutile superfetazione processuale per l’audizione di una fonte il cui contenuto e la cui attendibilità sono rimasti inalterati nel corso del procedimento, anche allorquando la fallacia risieda nel ragionamento probatorio in quanto contraddittorio o illogico.
Al riguardo sono state sottolineate le differenze tra le categorie logiche dell’ “interpretazione”, quale attività di ricostruzione ed individuazione dei confini astratti della norma applicabile nel rapporto di interazione tra fattispecie astratta e fatto concreto, della “discrezionalità” relativa alla fase di ricostruzione, individuazione e/o concretizzazione dei concetti c.d. elastici della norma applicabile al caso concreto, e della “valutazione” delle prove inerente alla fase di accertamento del fatto concreto. In tal senso si pone la stessa giurisprudenza della Corte EDU che ha delimitato l’obbligo di rinnovazione affermando che la valutazione dell’attendibilità di un testimone è un compito complesso che di solito non pub essere soddisfatto da una semplice lettura delle sue dichiarazioni (Corte EDU Sez.3, 14 giugno 2011, Dan c/ Repubblica di Moldavia ) e non ad una diversa valutazione probatoria. Inoltre le Sezioni Unite “Patalano” (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Rv. 269785) hanno affermato che quando il giudice di appello intenda procedere alla reformatio in peius di una sentenza assolutoria di primo grado, emessa all’esito di giudizio ordinario o abbreviato, non ha l’obbligo di rinnovare la prova dichiarativa decisiva qualora emerga che la lettura della prova compiuta dal primo giudice sia stata travisata per omissione, invenzione o falsificazione.”
“Tale indirizzo è stato ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità successiva (Sez. 5, n. 53415 del 18/06/2018, Rv. 274593; Sez. 6, n. 35899 del 30/05/2017, Rv. 270546; Sez. 5, n. 42746 del 09/05/2017, Rv. 271012; Sez. 5, n. 33272 del 28/03/2017, Rv. 270471) che ha affermato che il giudice d’appello che riformi la sentenza assolutoria di primo grado non è tenuto a procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa qualora non vengano messi in dubbio la credibilità dei testi o il contenuto delle loro deposizioni ma la decisione in sede di gravame sia invece fondata solo su una diversa valutazione del medesimo materiale probatorio utilizzato in primo grado. La Suprema Corte (Sez. U. n. 14426 del 28/01/2019) ha chiarito che i principi di diritto sopra richiamati vanno applicati anche alle dichiarazioni rese dal perito e dal consulente tecnico che vanno assimilate a vere e proprie prove dichiarative, talct-è l’obbligo di riassunzione da parte del giudice di appello si impone, in ipotesi di ribaltamento di precedente sentenza di assoluzione, nel caso di diverso apprezzamento delle stesse.
Alla stregua delle predette considerazioni il Collegio ritiene che nel caso di specie non gravasse sul giudice d’appello alcun obbligo di riassunzione delle dichiarazioni rese dal dott. [omissis] posto che, nella fattispecie in esame, i diversi esiti conclusivi cui sono pervenuti i giudici di merito sono fondati esclusivamente su una differente complessiva valutazione probatoria delle risultanze processuali.”
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Riferimento normativo:
Art. 590 cod. pen.. Lesioni personali colpose:
[I]. Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.
[II]. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.
[III]. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.
[IV]. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi e’ della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime e’ della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.
[V]. Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.
[VI]. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.
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Rassegna giurisprudenziale sul tema della rivalutazione delle prove utilizzate in primo grado non subordinate alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale:
Cassazione penale sez. VI, 27/02/2018, n.12397:
In tema di rinnovazione del dibattimento, il giudice d’appello che riformi la sentenza assolutoria di primo grado per effetto della diversa qualificazione giuridica del fatto, non è tenuto a procedere alla rinnovazione dell’istruttoria ove la sua decisione si sia fondata sul medesimo materiale probatorio utilizzato in primo grado e senza che vi sia stata una difforme valutazione della prova dichiarativa. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di appello che, condannando l’imputato per il reato di cui all’art. 341 bis cod.pen., aveva ritenuto che le frasi offensive erano state pronunciate alla presenza di più persone, desumendo ciò dalla descrizione contenuta nel medesimo verbale redatto dalla polizia municipale sulla cui base il giudice di primo grado aveva escluso che i presenti avessero percepito le offese, conseguentemente derubricando la condotta in quella di ingiuria, dichiarata improcedibile per mancanza di querela).
Cassazione penale sez. V, 18/06/2018, n.53415:
Il giudice d’appello che, investito dell’impugnazione del pubblico ministero, riformi la sentenza assolutoria di primo grado resa all’esito di un giudizio abbreviato, non è tenuto a procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa qualora non vengano messi in dubbio la credibilità dei testi o il contenuto delle loro deposizioni, ma la decisione in sede di gravame sia invece fondata solo su una diversa valutazione del medesimo materiale probatorio utilizzato in primo grado. (Nella specie la Corte ha ritenuto corretta la “reformatio in peius” fondata sulla considerazione che, ferma restando l’attendibilità della persona offesa, il giudice di primo grado aveva errato nel ritenere che la deposizione del testimone, una volta correlata a ulteriori risultanze, non fosse sufficiente per pervenire ad un giudizio di penale responsabilità).
Cassazione penale sez. V, 09/05/2017, n.42746
Nel caso di condanna in appello, non sussiste l’obbligo di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale qualora il giudice abbia riformato la sentenza assolutoria di primo grado non già in base al diverso apprezzamento di una prova dichiarativa, bensì all’esito della differente interpretazione della fattispecie concreta, fondata su una complessiva valutazione dell’intero compendio probatorio. (conf. non massimata n. 42771 del 2017).
Cassazione penale sez. V, 28/03/2017, n.33272:
Non sussiste l’obbligo di procedere alla rinnovazione della prova testimoniale decisiva per la riforma in appello dell’assoluzione, quando l’attendibilità della deposizione è valutata in maniera del tutto identica dal giudice di appello, il quale si limita a procedere ad un diverso apprezzamento del complessivo compendio probatorio ovvero ad una diversa interpretazione della fattispecie incriminatrice. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione con cui la Corte di appello aveva riconosciuto la penale responsabilità del ricorrente per il delitto di lesioni, esclusa dal giudice di primo grado sulla base del contrasto tra le deposizioni dei testi a carico e quelle dei testi a discarico, valorizzando il contenuto del referto medico di pronto soccorso la cui valenza dimostrativa non era stata considerata nella pronuncia assolutoria).
Cassazione penale sez. un., 19/01/2017, n.18620:
Il giudice d’appello che intenda procedere alla “reformatio in peius” di una sentenza assolutoria di primo grado, emessa all’esito di giudizio ordinario o abbreviato, non ha l’obbligo di rinnovare la prova dichiarativa decisiva qualora emerga che la lettura della prova compiuta dal primo giudice sia stata travisata per omissione, invenzione o falsificazione.
Cassazione penale sez. un., 12/07/2005, n.33748:
Nel giudizio di appello l’acquisizione di documenti, pur non subordinata alla necessità di una ordinanza che disponga la rinnovazione parziale del dibattimento, dev’essere operata dopo che al riguardo sia stato assicurato il contraddittorio fra le parti, con la sanzione, in caso contrario, della inutilizzabilità dell’atto ai fini della deliberazione, ai sensi dell’art. 526 comma 1 c.p.p.
by Claudio Ramelli @ Riproduzione Riservata