La Corte di Cassazione conferma la responsabilità civile del fornitore di un mezzo meccanico non conforme alle norme sulla sicurezza concausa dell’evento dannoso ed esclude quella della compagnia assicuratrice non potendosi equiparare il lavoratore al “terzo trasportato”.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.37776/2019 – depositata il 12.09.2019, con la quale la Suprema Corte ha confermato la condanna al risarcimento del danno emessa nei confronti della società evocata nel giudizio penale quale responsabile civile, che ha fornito al datore di lavoro un automezzo privo dei necessari dispositivi di sicurezza.
Il mancato rispetto delle dotazioni di sicurezza del mezzo è stato ritenuto concausa efficiente della morte del lavoratore per la quale nel giudizio di merito era stata esercitata azione di danno da parte dei congiunti della vittima.
L’imputazione e il doppio grado di giudizio.
All’esito delle indagini svolte dalla Procura competente l’imputato veniva tratto a giudizio per rispondere di omicidio colposo in qualità di datore di lavoro dell’operaio deceduto ricoprendo al momento del fatto la carica di legale rappresentante di un Consorzio per lo smaltimento dei rifiuti.
Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che al lavoratore erano state assegnate le mansioni di raccolta dei rifiuti che veniva eseguita utilizzando un autocompattatore, sul quale l’operatore stazionava nel completare le operazioni di svuotamento e di riposizionamento dei cassonetti, restando in piedi sulla pedana metallica posta al lato posteriore del mezzo durante gli spostamenti del camion.
Il giorno dell’incidente l’operaio nel risalire sulla pedana dell’autocompattatore in movimento, cadeva battendo violentemente la testa, trasferito d’urgenza al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Vallo della Lucania, decedeva pochi giorni dopo senza mai riprendere conoscenza.
La Corte d’appello di Salerno riformava parzialmente la condanna emessa del Tribunale di Vallo della Lucania riducendo la pena inflitta all’imputato; veniva confermata la condanna al risarcimento del danno in favore delle parti civile costituite a carico dei responsabili civili individuati nella società che aveva fornito il mezzo e nella compagnia assicuratrice per la responsabilità civile.
Il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.
Avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Salerno interponevano con due diversi atti ricorso per cassazione i responsabili civili, articolando plurimi motivi di impugnazione per la cognizione dei quali si rimanda alla lettura della sentenza in commento.
Il Supremo Collegio dichiara fondato il ricorso limitatamente alle sole censure promosse dalla compagnia assicurativa rispetto alla quale, con doppia conforme sul punto, i giudici di merito avevano affermato la penale responsabilità.
Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento di particolare interesse per gli operatori di diritto che si occupano di responsabilità penale conseguente alla violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro nei quali si conferma la responsabilità della società proprietaria del mezzo e si esclude quella della compagnia assicuratrice.
(i) la responsabilità civile in sede processuale penale della società che aveva mantenuto il controllo sulle dotazione di sicurezza del mezzo.
“Con riferimento al ricorso proposto dalla [omissis] si osserva quanto segue.
In linea generale, è d’uopo sottolineare come la ricostruzione del fatto da cui trae origine la vicenda in esame ed i profili di responsabilità individuati a carico del datore di lavoro, omissis- non ricorrente – siano stati ben rappresentati nelle due sentenze di merito, che hanno messo in rilievo, in modo adeguato e puntuale, l’aspetto di maggiore criticità esistente nel governo dell’area di rischio a cui era esposto il lavoratore deceduto, consistito nell’avere messo a disposizione dell’omissis e nell’avere consentito l’uso di un automezzo strutturalmente inidoneo a garantire la incolumità del dipendente, perché non dotato, ab origine, dei necessari dispositivi di sicurezza, in grado di evitare il pericolo di caduta, che era particolarmente elevato durante gli spostamenti del compattatore.
Risulta altresì pacificamente acclarato, all’esito della compiuta istruttoria – circostanza rimasta incontestata tra le parti – che la omissis, fosse proprietaria dell’autocompattatore e che questo fosse stato ceduto alla omissis (di cui l’omissis era legale rappresentante) per essere destinato al servizio di raccolta, in forza di un contratto riconducibile alla tipologia del comodato.
Seguendo il percorso fattuale che segna il cd. “giudizio esplicativo” – dalla cui analisi è possibile desumere il titolo da cui discende la responsabilità della omissis – risulta condivisibile il precipitato del ragionamento espresso dalla Corte territoriale, a pagina 9 della sentenza, in base al quale sarebbe del tutto ininfluente ai fini della esclusione della legittimazione e della conseguente condanna al risarcimento pronunciata nei confronti della omissis, il richiamo operato dalla difesa alle clausole contenute nel contratto che disciplinava i rapporti tra le due società.”
“Per altro verso, in virtù di consolidato orientamento della Corte di legittimità, formatosi proprio in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, con particolare riferimento all’ambito degli obblighi di collaborazione e cooperazione tra imprese, l’esatto inquadramento civilistico dei rapporti sottostanti ad una vicenda che abbia generato la responsabilità di un determinato soggetto, chiamato a rispondere di un reato collegato alla violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, risulta essere del tutto irrilevante, essendo invece necessario guardare alle caratteristiche del fatto, inteso come realtà fenomenica ed all’effetto che esso genera in concreto (si veda ex multis Sez. 4, n. 44792 del 17/06/2015, Rv. 264957 – 01, così massimata: “Ai fini dell’operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi ai contratti di appalto, dettati dall’art. 26 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro – vale a dire contratto d’appalto o d’opera o di somministrazione – ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni ad esse facenti capo, che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori”).
Proprio in forza di tali ultime considerazioni, le doglianze attinenti alla figura del committente, alla culpa in vigilando ed all’attività di controllo spettante alla omissis, in virtù della disciplina del contratto stipulato con la omissis, oggetto del secondo e quarto motivo di ricorso, esulano dalla presente dinamica, poiché il titolo in ragione del quale la predetta società deve rispondere delle conseguenze dell’infortunio mortale, rilevante sotto il profilo penalistico, è quello della fornitura di un veicolo privo, ab origine, dei necessari dispositivi di sicurezza, destinato ad essere utilizzato dai lavoratori addetti al servizio di raccolta, in violazione della previsione dell’artt. 35 d.lgs. 626/94, come contestato al capo c) della rubrica, che impone al datore di lavoro di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere.
La radice comune della responsabilità del datore di lavoro ed anche del proprietario dell’automezzo, per le ragioni in precedenza indicate, deve essere certamente individuata nella messa a disposizione del lavoratore di un veicolo privo dei necessari dispositivi di sicurezza in violazione delle norme sopra citate.
L’innegabile legame esistente tra l’imputato, datore di lavoro e la omissis – che ha materialmente fornito il compattatore, di sua proprietà – fa si che questa debba essere chiamata a rispondere, quale responsabile civile, dei danni cagionati dalla cosa difettosa, senza che sia possibile recidere il legame tra l’aspetto della fornitura del macchinario privo di dispositivi di sicurezza e l’agire del datore di lavoro che ne ha consentito l’uso in una prospettiva, quella penalistica, che fonda l’assunzione di responsabilità sulla base dell’osservazione di dati fattuali. Ne deriva che è stata legittimamente pronunciata a carico della omissis, la condanna al risarcimento del danno nell’ambito del presente giudizio.”
(ii) l’inapplicabilità in sede penale del paradigma della responsabilità civile per l’operaio deceduto non assimilabile al terzo trasportato.
“Fondato, risulta invece il ricorso del responsabile civile omissis, nei termini di seguito indicati. Dalla lettura della sentenza si evince che l’autoconnpattatore era assicurato per la RC auto.
La Società assicuratrice aveva chiesto alla Corte territoriale la revoca della condanna, in quanto l’evento oggetto della imputazione non poteva essere qualificato come omicidio colposo conseguente ad un sinistro stradale, bensì, come infortunio mortale sul lavoro del quale doveva rispondere il solo datore di lavoro.
Osservava il responsabile civile che l’art. 185 cod. pen., in combinato disposto con l’art. 83 cod. proc. pen., che prevede la citazione del responsabile civile per il fatto dell’imputato, vincola la responsabilità civile in ambito penale alle sole conseguenze del reato ascritto all’imputato, escludendo ogni forma di responsabilità che non sia legata allo stesso da un preciso nesso eziologico.
La sentenza — a fronte delle obiezioni della difesa – costruisce la responsabilità della Società assicuratrice equiparando il lavoratore ad un terzo trasportato ed affermando di condividere l’assunto del primo giudice, il quale aveva genericamente sostenuto che l’omissis risultava coperto da garanzia assicurativa, ai sensi dell’art. 141 cod. assicurazioni. I giudici di merito trascurano tuttavia di considerare che il compattatore era un automezzo speciale e che, in ragione della mansioni affidategli, il lavoratore non potesse essere equiparato ad un qualunque trasportato, essendo previsto che egli prendesse posto, con il veicolo in movimento, su un predellino che era collocato al di fuori dell’abitacolo del veicolo.
Attese le peculiarità del caso, era necessario accertare, attraverso l’analisi del contenuto del contratto stipulato con la società assicuratrice, la tipologia dei rischi garantiti. La sentenza è del tutto lacunosa sul punto ed è illogica la premessa da cui muove il ragionamento dei giudici che assimila sic et simpliciter la posizione del lavoratore a quella di un terzo trasportato, in mancanza di un’analisi del contenuto del rapporto contrattuale, il cui accertamento è naturalmente precluso in sede di legittimità.”
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Riferimento normativo.
Art. 35 d.lgs 626/1994, Obblighi del datore di lavoro:
- Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.
- Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. Inoltre, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché durante l’uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter (1).
- All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione:
- a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
- b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;
- c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse;
c-bis) i sistemi di comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione all’uso progettato dell’attrezzatura (2).
- Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:
- a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
- b) utilizzate correttamente;
- c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all’art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso;
c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo sicuro (3).
4-bis. Il datore di lavoro provvede affinché nell’uso di attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non semoventi sia assicurato che:
- a) vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature di lavoro che manovrano in una zona di lavoro;
- b) vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a piedi si trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro semoventi e comunque misure appropriate per evitare che, qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali attrezzature;
- c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si devono effettuare lavori durante lo spostamento, la velocità dell’attrezzatura sia adeguata;
- d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (4).
4-ter. Il datore di lavoro provvede affinché nell’uso di attrezzature di lavoro destinate a sollevare carichi sia assicurato che:
- a) gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e della configurazione dell’imbracatura; le combinazioni di più accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per consentire all’utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l’uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati;
- b) allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;
- c) i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto;
- d) tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonché adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare simultaneamente da due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata una procedura d’uso per garantire il buon coordinamento degli operatori;
- e) qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell’alimentazione di energia, siano prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in cui l’accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza;
- f) allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo così i lavoratori a rischi, l’utilizzazione all’aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell’attrezzatura di lavoro (4).
4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinché le attrezzature di cui all’allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima installazione o di successiva installazione e a verifiche periodiche o eccezionali, di seguito denominate “verifiche”, al fine di assicurarne l’installazione corretta e il buon funzionamento (4).
4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti a disposizione dell’autorità di vigilanza competente per un periodo di cinque anni dall’ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio dell’attrezzatura, se avviene prima. Un documento attestante l’esecuzione dell’ultima verifica deve accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono utilizzate (4).
- Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:
- a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all’uopo incaricati;
- b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato è qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in ordine alla responsabilità civile estesa a soggetti diversi dal datore di lavoro.
Cassazione civile sez. III, 15/05/2018, n.11753.
Il datore di lavoro, in caso di violazione delle norme poste a tutela dell’integrità fisica del lavoratore, è interamente responsabile dell’infortunio che ne sia conseguito e non può invocare il concorso di colpa del danneggiato, avendo egli il dovere di proteggerne l’incolumità nonostante la sua imprudenza o negligenza nell’esercizio delle mansioni affidategli.
Cassazione penale sez. IV, 17/06/2015, n.44792
Ai fini dell’operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi ai contratti di appalto, dettati dall’art. 26 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro – vale a dire contratto d’appalto o d’opera o di somministrazione – ma all’effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni ad esse facenti capo, che può essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori (In motivazione la S.C. ha precisato che l’interferenza rilevante deve essere necessariamente intesa in senso funzionale, avendo riguardo alla coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni, ciascuna delle quali facente capo a soggetti diversi).
Cassazione penale sez. III, 25/02/2015, n.12228
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto d’appalto, il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell’utilizzazione di speciali tecniche o nell’uso di determinate macchine. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che potesse andare esente da responsabilità il committente che aveva omesso di attivarsi per prevenire il rischio, non specifico, di caduta dall’alto di un operaio operante su un lucernaio).
Cassazione penale sez. IV, 17/04/2012, n.18139
Nella ipotesi di lesioni personali derivanti da infortunio sul lavoro per effetto dell’uso di un macchinario, risponde del reato anche il venditore del macchinario medesimo ove l’infortunio sia riconducibile alla inadeguatezza dei congegni antinfortunistici, senza che possa rilevare, a discolpa del venditore stesso, la presenza di una formale certificazione attestante la rispondenza del macchinario alle prescritte misure di sicurezza.
Cassazione penale sez. III, 10/03/2011, n.16436
Se l’ispettore della Asl trova in un’azienda attrezzature da lavoro non conformi alle norme sulla sicurezza, la responsabilità è del produttore e non dell’imprenditore che le fa utilizzare. Pertanto, l’ammenda prevista per l’autore dell’illecito va applicata al titolare della ditta produttrice, atteso che l’art. 6, comma 2, d.lg. n. 626/94 (ora sostituito dall’art. 23 d.lg. n. 81/08) nel vietare la fabbricazione, la vendita e il noleggio di attrezzature da lavoro ed impianti non conformi alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza sul lavoro, si riferisce ai fabbricanti e non agli utilizzatori. Pertanto, in caso di violazione di tali disposizioni, l’autore dell’illecito è il rappresentante legale della ditta produttrice e non l’imprenditore nella cui azienda viene rinvenuta l’attrezzatura o l’impianto non “a norma”, a prescindere dall’effettivo utilizzo di tali strumenti.
Cassazione penale sez. IV, 30/09/2008, n.42131
In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente di opere edili è titolare di una posizione di garanzia, ed ha l’obbligo di nominare il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, che permane anche nell’ipotesi in cui, dopo l’affidamento dei lavori ad una impresa, l’esecuzione degli stessi sia stata subappaltata a più imprese, poiché, in caso di infortunio, la responsabilità del committente non è esclusa da quella dell’appaltatore.
Cassazione penale sez. IV, 21/06/2005, n.39388
La legittimazione passiva del responsabile civile sussiste solo se nel processo penale è presente un imputato del cui operato debba rispondere per legge, dovendo escludersi che risponda anche del fatto altrui in base ad un titolo contrattuale. (Fattispecie in cui era stato citato come responsabile civile l’Anas, in qualità di ente committente, in un processo per omicidio colposo a carico di imputati che erano dipendenti della società appaltatrice dei lavori).
Cassazione penale sez. IV, 03/04/2004, n.24010
In forza dell’art. 5 d.lg. 14 agosto 1996 n. 494, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori ha il compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione all’evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute, vigilare sul rispetto del piano stesso e sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni; e, pertanto, qualora l’ordine di esecuzione delle opere previsto dal piano di sicurezza venga variato, egli, presente quotidianamente in cantiere, è tenuto ad introdurre, prima della effettuazione dei lavori, le necessarie modifiche al piano di sicurezza, e, comunque, in caso di assenza di tali modifiche, a disporre la sospensione dei lavori.
Cassazione penale sez. III, 28/06/2000, n.10342:
Il divieto di vendita di macchine non conformi alle norme antinfortunistiche, di cui all’art. 6 comma 2 d.lg. 19 settembre 1994 n. 626, come sostituito dall’art. 4 d.lg. 19 marzo 1996 n. 242, non può ritenersi limitato agli industriali o commercianti che abitualmente forniscono le macchine, attrezzature ed impianti, bensì va esteso a qualsiasi soggetto che esegua anche una sola vendita o rivendita.
by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata