La responsabilità del pediatra alla prova del giudizio controfattuale.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 39724/2019 – depositata il 27.09.2019, con la quale la Corte di Cassazione, chiamata a scrutinare un caso di colpa medica ascritta al medico specialista pediatrico, nel ritenere provata la grave colpa del sanitario, che in fase diagnostica ometteva di disporre il corretto iter terapeutico riducendo così le probabilità salvifiche del paziente, ha confermato l’apparato argomentativo della Corte territoriale seppure ai soli effetti della responsabilità civile, attesa l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Il caso clinico e il doppio grado di giudizio.

La Corte di appello di Catania confermava la condanna dell’imputato per il reato di cui all’art 589 cod. pen. alla pena ritenuta di giustizia ed alla refusione, in solido con il nosocomio evocato in giudizio quale responsabile civile, al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili.

Al sanitario tratto a giudizio nella qualità di medico specialista pediatrico in servizio presso la struttura ospedaliera, veniva ascritta una responsabilità per colpa consistita in negligenza e imperizia, nella fase diagnostica per aver omesso di disporre gli accertamenti necessari ad escludere ulteriori ipotesi patologiche, nonché di non aver richiesto la necessaria consulenza chirurgica; fatti omissivi dai quali era derivata la mancata diagnosi dell’occlusione intestinale che affliggeva il piccolo paziente al momento del ricovero.

Dalla lettura della sentenza si apprende che il bambino, inizialmente  ricoverato per una colica addominale, aveva presentato nelle ore successive un chiaro peggioramento del quadro sintomatico, sino al decesso per compromissione multiorgano con grave squilibrio metabolico ed idroelettrico secondaria ad infarto intestinale.

Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Contro la sentenza di appello interponeva ricorso per cassazione il medico specialista, censurando la sentenza di condanna emessa dalla Corte distrettuale di Catania con tre motivi di impugnazione, afferenti vizio motivazionale e violazione di legge per l’apprezzamento dei quali si rimanda alla lettura della sentenza in commento.

Riteneva il ricorrente che la Corte territoriale non aveva adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza del nesso causale tra l’evento morte e la condotta dell’imputato ritenendo, la difesa del giudicabile, che al momento del ricovero presso il reparto di pediatria, non vi fossero le condizioni per prevedere l’occlusione intestinale, causa del successivo decesso del bambino, essendo i valori ematochimici presentati non sintomatici di una condizione patologica urgente.

Il Supremo Collegio dichiarata l’intervenuta prescrizione del reato, ha annullato senza rinvio la sentenza ai soli effetti penali, confermando le statuizioni civili.

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento, che affrontano il tema della prova del rapporto di causalità fra le condotte salvifiche omesse e l’exitus fatale.

(i) il giudizio controfattuale e la prova  del nesso di causalità fra omissione ed evento lesivo:

“Nel caso di specie, la sentenza impugnata, ha fatto buon governo delle indicazioni che provengono dalla citata giurisprudenza delle Sezioni Unite Franzese.

Essa, come quella di primo grado, ha sostenuto, sulla base dee risultanze peritali e della consulenza disposta dal pubblico ministero, che già all’ingresso in reparto era evidente l’iniziale distensione dell’addome, emergente alla sua percussione, la quale avrebbe tempestivamente richiesto un esame radiologico, configurandosi, già da quel momento, la prevedibilità dell’occlusione, in ragione dell’intervento chirurgico cui il minore era stato sottoposto l’anno precedente, dell’assenza di alternative patologiche in diagnosi differenziale, del quadro clinico riconducibile all’addome, del progressivo peggioramento delle condizioni cliniche del bambino.

La condotta doverosa omessa avrebbe, invece, imposto all’imputato – di fronte alla menzionata difficoltà a reperire un accesso venoso periferico, a compulsare in tempi brevi i rianimatori, per eseguire en accesso venoso centrale, senza attendere le ore 05:35, dopo un’inerzia di tre ore: ciò avrebbe consentito adeguati idratazione e sostegno elettrolitico, atteso che costituisce dato di comune sapere medico che relative alterazioni sono di grave nocumento per i piccoli pazienti.

Pur mostrato dal medico, appalesandosi quella effettuata del tutto insufficiente, occorreva assicurare un’adeguata idratazione del paziente il quale continuava a perdere liquidi, così determinandosi gli squilibri circolatori. Egli avrebbe dovuto richiedere immediatamente una consulenza chirurgica (cui provvide molto tardi, ore 07.10, quando la situazione era irrimediabilmente compromessa).

Secondo norma , i canoni di diligenza, di prudenza e di perizia, si imponeva che all’[omissis], quanto meno dalle ore 03:30, allorché il quadro clinico assunse connotati di estrema gravità ed evidenza, considerasse la probabile occlusione intestinale con soluzione chirurgica.

Costituisce principio pacifico che, in tema di responsabilità del sanitario per condotte omissive in fase diagnostica, ai fini dell’accertamento della sussistenza del nesso di causalità, occorre far ricorso ad un giudizio controfattuale meramente ipotetico e di accertare, dando per verificato il comportamento invece omesso, se quest’ultimo avrebbe, con un alto grado di probabilità logica, impedito o significativamente ritardato il verificarsi dell’evento o comunque ridotto l’intensità lesiva dello stesso (Sez. F, n. 41158 del 25/08/2015, P.G. in proc. E e altri, P.v. 264383).”

“Al riguardo, la sentenza impugnata rileva, sulla scorta delle valutazioni peritali, che un’immediata ed adeguata gestione del paziente (iter diagnostico immediato, intervento chirurgico eseguito in emergenza), posta in essere all’ingresso in reparto avrebbe comportato, per lo stesso: apprezzabili possibilità di salvezza. Sentito in dibattimento, su specifica domanda del Giudice, il perito affermava, infatti, che, con una corretta gestione medica, il piccolo [omissis] avrebbe potuto quasi certamente salvarsi. Nel medesimo senso, ricorda la Corte territoriale, depone anche la richiamata letteratura scientifica che valorizza come fondamentale la tempestività della diagnosi. Se poi si considera che la briglia era la causa dello strozzamento vascolare, appare evidente, continua la sentenza di appello, che intervenire chirurgicamente nel più breve tempo, ai fine di sezionare la briglia aderenziale avrebbe posto fine sia ai disturbi circolatori che all’arresto del transito intestinale.”

(ii) La gravità della colpa insita nell’atteggiamento attendista del pediatra:

“Quanto al grado della colpa, la sentenza impugnata ha condiviso la valutazione del primo giudice ravvisava una grave colpa professionale per negligenza e Imprudenza, tale da escludere in radice l’applicabilità dell’art. 3 L n.fr 139/2012 (cede Legge Baldazzi) che afferisce alla sola ipotesi di colpa lieve, sub specie della sola perizia, dei sanitario, i quale si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate.

Ha evidenziato, in particolare, come l’evento si sia verificato per colpa grave sotto il duplice profilo della grave imperizia e cella grave negligenza: grave imperizia «perché il omissis non riusciva a formulare una corretta diagnosi malgrado la pluralità di dati obiettivi e di laboratorio e benché fosse reso edotto dell’importante trascorso clinico del paziente, il che avrebbe dovuto indurlo, se non a privilegiare a possibilità della occlusione intestinale, quanto meno a prenderla in sena considerazione»; grave negligenza perché la condotta dell’imputato si esauriva in un atteggiamento meramente attendista, consistito nell’omettere le dovute iniziative o nell’attivarsi con grave ritardo (di tre ore prima di eseguire un accesso venoso centrale ai fini dell’idratazione dei paziente; di cinque ore prima di richiedere la necessaria consulenza chirurgica), temporeggiando in attesa all’evolversi della situazione.

Osserva condivisibilmente la Corte del merito che un evento alle difficoltà della – diagnosi non autorizza scelte meramente attendiste, imponendo, al contrarlo, accertamenti in varie direzioni, onde provare a restringere il cerchio delle ipotesi, e che «tanto maggiore appare il grado della colpa, quanto più – la si rapporti all’urgenza della situazione». 

Come si vede, la Corte etnea ha dato risposta alle questioni, nuovamente sollevate con il presente ricorso ;fornendo motivazione adeguata, congrua, logica e completa, nonché conforme ai principi di diritto cui si attiene questa Suprema Corte, di tal che non può che concludersi per l’infondatezza di tutti motivi proposti.”

*****

Riferimento normativo.

Art. 589 cod. pen.. Omicidio colposo:

Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. 

Se il fatto e’ commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena e’ della reclusione da tre a dieci anni.

 Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.

*****

Quadro giurisprudenziale in materia di colpa medica sulla prova del rapporto di causalità tra omissione ed evento lesivo prodotto.

Cassazione penale sez. IV, 09/04/2019, n.24372:

Nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. (Fattispecie relativa al decesso di un calciatore durante una partita di calcio, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo nei confronti dei medici intervenuti in soccorso per il mancato impiego del defibrillatore in presenza di una crisi cardiaca in soggetto affetto da cardiomiopatia aritmogena, per non avere i giudici di appello effettuato la concreta valutazione della valenza salvifica da assegnare all’uso del defibrillatore nel quadro patologico presentato dal paziente).

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2017, n.7659:

Sussiste il nesso di causalità tra l’omessa adozione, da parte del medico, di misure atte a rallentare o bloccare il decorso della patologia e il decesso del paziente, allorchè risulti accertato, secondo il principio di controfattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con modalità migliorative, anche sotto il profilo dell’intensità della sintomalogia dolorosa.

Corte assise appello Roma, 06/10/2016, n.41:

Ai fini della sussistenza del nesso di causalità tra il comportamento omissivo del medico e l’evento lesivo è necessario accertare, oltre al nesso di condizionamento, il giudizio controfattuale, secondo cui ipotizzata l’azione del medico, l’evento lesivo non si sarebbe verificato al di là di ogni ragionevole dubbio. (Nel caso di specie, si trattava di un detenuto ricoverato presso un ospedale e deceduto per omessa diagnosi da sindrome da inanizione, laddove è risultato improbabile che la cura avrebbe scongiurato il decesso al di là di ogni ragionevole dubbio poiché il momento in cui i medici avrebbero potuto fare la corretta diagnosi era troppo tardi per salvare la vita del paziente in considerazione delle condizioni di salute compromesse e dei dati relativi al peso corporeo di anni prima che i medici non conoscevano).

Cassazione penale sez. IV, 01/06/2016, n.28571:

Nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso il nesso causale tra la condotta omissiva addebitata all’ingegnere progettista e direttore dei lavori di realizzazione di un nuovo tetto di un fabbricato – individuata nella mancata effettuazione di una preliminare valutazione delle condizioni statiche dell’edificio, sia nello stato di fatto che in quello post-intervento – e la morte e le lesioni occorse agli abitanti del palazzo, interamente collassato in occasione del terremoto, non avendo il giudice di merito chiarito le ragioni in base alle quali ritenere che, informata sullo stato di fragilità del fabbricato e sulla sua scarsa capacità di resistenza alle azioni sismiche, l’assemblea condominiale avrebbe sicuramente deliberato l’effettuazione di non meglio precisati interventi di consolidamento strutturale dell’intero edificio, ovvero che, in mancanza di tale delibera, i singoli condomini avrebbero certamente abbandonato per mesi l’edificio, allertati dalle prime scosse simiche).

Cassazione penale sez. IV, 15/11/2005, n.3380:

La causalità omissiva ha la medesima struttura della causalità attiva e ne differisce esclusivamente per la necessità di far ricorso ad un giudizio controfattuale meramente ipotetico anziché fondato sui dati della realtà. È di natura omissiva il comportamento del medico che, in forza di un errore diagnostico, causa un evento lesivo ponendo in essere una condotta diversa da quella doverosa secondo le regole della comune prudenza, perizia e diligenza. (La Corte ha nella specie ritenuto omissivo il comportamento del medico che, in presenza di un esame mammografico dal quale risultavano sintomi di probabile patologia neoplastica, non dispose l’esame istologico ma prescrisse un ulteriore controllo mammografico da effettuarsi a distanza di un anno, così contribuendo alla progressione del male).

Cassazione penale sez. un., 10/07/2002, n.30328:

Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica -, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento “hic et nunc”, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. La conferma dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale non può essere dedotta automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto o elevato grado di credibilità razionale” o “probabilità logica”. L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio.

by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata.