L’emissione di fatture per operazioni inesistenti è punibile a prescindere dalla loro effettiva utilizzazione.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.41124/2019 – depositata l’08.10.2019, con la quale la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sul tema dei rapporti tra art.2 ed art.8 come regolati dall’art. 9 del d.lgs. 74/2000, ha confermato la penale responsabilità dell’imputata per il reato di cui emissione di fatture per operazioni inesistenti chiarendo che per la punibilità della fraudolenta condotta tributaria non è richiesta la successiva utilizzazione del documento da parte del soggetto beneficiario.

L’imputazione e il doppio grado di giudizio.

La Corte di appello di Roma riformando la sentenza di condanna emessa dal Tribunale in sede ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputata per intervenuta prescrizione del reato in contestazione di cui all’art 8 del d.lgs. 74 del 2000, avendo quest’ultima, in qualità di amministratore delegato della società ed in concorso con altri soggetti emesso fatture relative ad operazioni inesistenti negli anni 2009 e 2010.

Attesa la declaratoria di estinzione del reato la Corte territoriale confermava le statuizioni civili   pronunciate dal primo giudice pretermettendo di fatto qualsivoglia giudizio sulla dispiegata azione civile per la quale era stata pronunciata sentenza di condanna al risarcimento del danno,  nonostante la specifica impugnazione sul punto.

Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Contro la sentenza di secondo grado promuoveva ricorso per cassazione la difesa dell’imputata, censurando il provvedimento emesso dal Collegio romano con plurimi motivi di impugnazione, con i quali veniva richiesta l’assoluzione del giudicabile per le ragioni sintetizzate nei motivi per il cui corretto apprezzamento si rimanda alla lettura della sentenza in commento.

Veniva, altresì, impugnato il capo della sentenza relativo all’azione civile sul quale la Corte di appello non aveva ritenuto di pronunciarsi attesa la declaratoria ex art. 129 c.p.p. di estinzione del reato

Il Supremo Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso quanto al giudizio incidentale sulla sussistenza del reato annullando la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili, con rinvio al giudice civile competente in grado di appello.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento di maggiore interesse.

(i) La ratio legis sottesa alla disciplina dell’art. 9 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n.74 e la consumazione del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.

“Ciò posto, con il primo motivo la ricorrente ha sostenuto essenzialmente che l’addebito a lei mosso di concorso nella emissione di fatture per operazioni inesistenti si sarebbe tradotto in violazione del disposto di cui all’art. 9 stante la veste della stessa di legale rappresentante della società destinataria di dette fatture.

Tale assunto non è condivisibile. La ratio che sorregge la norma appena ricordata, infatti, riposa nella esigenza di evitare che la sola circostanza di utilizzazione, da parte del destinatario, delle fatture per operazioni inesistenti possa integrare anche il concorso nella emissione delle stesse così come, all’inverso, il solo fatto dell’emissione possa integrare il concorso nella utilizzazione, da parte del destinatario che abbia ad indicarle in dichiarazione, delle medesime; in altri termini, la norma ha inteso evitare la sostanziale sottoposizione per due volte a sanzione penale dello stesso soggetto per lo stesso fatto giacché l’emissione trova la sua naturale conseguenza nella utilizzazione mentre l’utilizzazione trova il suo naturale antecedente nell’emissione : né la emissione né la utilizzazione sono, dunque, fini a se stesse sicché, ove l’emissione integrasse anche il concorso nella utilizzazione così come l’utilizzazione integrasse anche il concorso nella emissione, il risultato sarebbe quello di una sostanziale violazione del divieto di bis in idem, che la norma ha dunque inteso scongiurare.”

Così stando le cose, è allora conseguente ritenere che tale violazione non operi allorquando, come nel caso di specie, il destinatario delle fatture non ne abbia fatto utilizzazione, circostanza questa riconosciuta e dedotta dalla stessa ricorrente (che del resto non risulta essere stata imputata per il reato di cui all’art.2 del d.lgs. n. 74 del 2000) mentre resta non censurato il fatto, sottolineato dalla sentenza di primo grado (v. specificamente pag. 20), richiamata sul punto dalla sentenza impugnata, che, secondo quanto dichiarato dal teste [omissis] , i pagamenti effettuati da [omissis] nei confronti della emittente [omissis S.r.1.] per prestazioni non eseguite erano autorizzati dall’amministratore delegato omissis.”

(ii) Il principio di diritto enunciato in relazione al rapporto tra l’art. 110 cod. pen. e la deroga prevista  dall’art. 9 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n.74:

Sarebbe del resto irrazionale il risultato cui si perverrebbe seguendo invece l’assunto della ricorrente, ovvero una situazione di irrilevanza penale nei confronti di chi abbia posto in essere comportamenti riconducibili alla previsione concorsuale in relazione alla emissione della documentazione fittizia per il solo fatto di non avere utilizzato poi quella stessa documentazione.

Né è dato comprendere il riferimento in ricorso alla scelta effettuata dal legislatore di evitare di sanzionare condotte che si arrestino alla fase del mero tentativo posto che nella specie la condotta di emissione, a cui avrebbe concorso l’imputata, si è invece indubitabilmente perfezionata.

Va dunque, in definitiva, ribadito che il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti può concorrere, ove ne sussistano i presupposti, secondo l’ordinaria disciplina dettata dall’art. 110 cod. pen., con l’emittente, non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (già in tal senso Sez. 3, n. 14862 del 17/03/2010, P.M. in proc. Perconti, Rv. 246967).

Ne consegue che, irrilevante la mancanza di motivazione della sentenza impugnata con riferimento non a questione di fatto ma a questione di diritto (tra le altre, Sez.1, n. 16372 del 20/03/2015, P.G. in proc. De Gennaro, Rv. 263326, secondo cui infatti nel giudizio di cassazione il vizio di motivazione non è denunciabile con riferimento a questioni di diritto, poiché queste, se sono fondate e disattese dal giudice, motivatamente o meno, danno luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge, mentre, se sono infondate, il loro mancato esame non determina alcun vizio di legittimità della pronuncia), il motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.”

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Riferimento normativo.

Art. 8 D.lgs. 74/2000, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti:

  1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
  2. Ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.

[ 3. Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a euro 154.937,07 per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.]

Art. 2 D.lgs. n. 74/2000, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti:

È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria”.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di art. 9 d.lg. 10 marzo 2000 n.74.

Cassazione penale sez. III, 28/09/2018, n.2570:

Il dolo specifico dei delitti di cui agli artt. 2, 5, 8 e 10 d.lgs. n. 74/2000 in capo all’amministratore di diritto di una società che abbia le caratteristiche di un ‘prestanome’ può essere desunto dal complesso dei rapporti tra questo e l’amministratore di fatto, nell’ambito dei quali assumono una decisiva valenza la macroscopica illegalità dell’attività svolta e la consapevolezza di tale illegalità da parte dell’amministratore di fatto.

Corte appello Cagliari sez. II, 19/05/2015, n.614:

In primo luogo, si deve ricordare che, per giurisprudenza consolidata, “il termine di prescrizione del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti inizia a decorrere, per l’unità del reato previsto dall’art. 8, comma secondo, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non dalla data di commissione di ciascun episodio ma dall’ultimo di essi, anche nel caso di rilascio di una pluralità di fatture nel medesimo periodo di imposta”. Nella specie, sebbene sia contestata l’emissione, in tempi diversi, di due fatture false, il termine di prescrizione decorre dalla seconda.

Cassazione penale sez. III, 15/10/2014, n.50628:

Non costituisce reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, quale previsto dall’art. 8 d.lg. n. 74 del 2000, la condotta di chi si limiti a fornire dei moduli in bianco a taluno che se ne serva per formare fatture ideologicamente false delle quali poi si avvalga al fine di indicare, nelle dichiarazioni presentate al fisco, elementi passivi fittizi, così commettendo il reato di cui all’art. 2 del citato d.lg., del quale, peraltro, anche il fornitore dei moduli potrà rispondere a titolo di concorso.

Cassazione penale sez. III, 20/12/2012, n.19025

In tema di reati tributari, il regime derogatorio previsto dall’art. 9 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74 non trova applicazione quando l’amministratore della società che ha emesso le fatture per operazioni inesistenti coincida con il legale rappresentante della diversa società che le abbia successivamente utilizzate.

Cassazione penale sez. III, 17/03/2010, n.14862:

Il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti concorre con l’emittente, secondo l’ordinaria disciplina dettata dall’art. 110 c.p., non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall’art. 9 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo in cui la Corte ha precisato che una diversa interpretazione determinerebbe una situazione di irrilevanza penale nei confronti di chi abbia posto in essere comportamenti riconducibili alla previsione concorsuale in relazione all’emissione della documentazione fittizia, non utilizzando poi le fatture per essere avvenuti gli accertamenti prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione, poiché questi non potrebbe essere sanzionato né a norma dell’art. 8, a titolo di concorso, né a norma dell’art. 2, a titolo di tentativo).

by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata