Reati tributari e misura custodiale personale: sussiste l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione se appare concreta ed attuale la possibile commissione di altri reati della stessa specie.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 41956/2019 – depositata l’11.10.2019, con la quale la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi in ordine ad un giudizio cautelare personale, ha ritenuto legittima la misura restrittiva degli arresti domiciliari disposta nei confronti del prevenuto per il reato tributario di indebita compensazione, chiarendo che il licenziamento dell’imputato dall’Agenzia delle Entrate e lo scioglimento della società utilizzata per commettere il reato non escludevano il “periculum” di reiterazione di reati tributari.
L’imputazione provvisoria ed il giudizio cautelare di merito.
Il Tribunale della Libertà di Napoli rigettava l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa dal G.i.p. in sede che aveva rigettato l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare degli arresti applicata all’indagato per reato di indebita compensazione poiché ritenuto membro di un’associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di una serie di reati tributari.
Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Contro l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame partenopeo promuoveva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, censurando il provvedimento emesso con un unico motivo di impugnazione, con il quale si lamentava vizio motivazionale e violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del periculum di reiterazione di delitti della stessa specie malgrado l’intervenuto licenziamento dell’indagato ad opera dell’Agenzia delle Entrate presso la quale svolgeva mansioni di messo notificatore.
Il Supremo Collegio ha rigettato il ricorso condividendo la motivazione addotta dal Collegio cautelare di Napoli con l’ordinanza reiettiva dell’appello cautelare.
Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento di maggiore interesse.
(i) La ricostruzione delle condotte di cui all’ art 10-quater d.lgs 74/2000:
“Premesso che nel caso di specie di specie non è controversa la valutazione circa i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, deve rilevarsi che, anche rispetto al giudizio circa la ritenuta persistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura custodiale domestica in esecuzione, il provvedimento impugnato non presenta vizi di legittimità rilevabili in questa sede.
Ed invero al riguardo il Tribunale del Riesame, nel condividere e nello sviluppare il percorso argomentativo della decisione appellata, ha evidenziato come il pericolo di condotte recidivanti da parte di [omissis] sia stato ragionevolmente ancorato alla personalità spregiudicata di cui questi aveva dato prova, essendo emerso dal materiale investigativo disponibile che l’indagato, parallelamente alla lecita attività di dipendente dell’Agenzia delle Entrate, dove svolgeva le mansioni di messo notificatore, fungeva da punto di riferimento di vari contribuenti indebitati, che egli, grazie ai suoi stretti rapporti con [omissis] e i componenti del suo studio professionale, metteva in contatto con il sodalizio criminoso specializzato nelle indebite compensazioni tributarie.
Alla luce di tale considerazione, l’avvenuto licenziamento di omissis è stato ritenuto non dirimente, sia perché di per sé non irreversibile, sia perché, in ogni caso, i compiti operativi svolti dal ricorrente nell’Agenzia delle Entrate hanno avuto una modesta influenza ai fini del procacciamento dei clienti, tanto più che l’indagato a tal fine non ha mai fatto accesso al sistema informatico dell’Ufficio.”
(ii) Il principio di diritto sotteso alla valutazione della recidiva in materia di reati tributari:
“Di qui l’affermazione dei giudici cautelari secondo cui il pericolo di reiterazione di comportamenti analoghi scaturiva dall’avere omissis ormai acquisito rapporti consolidati con una fitta rete di clienti e di persone inseriti nel medesimo settore, per cui neanche lo scioglimento della società riconducibile a omissis è stato ritenuto decisivo, risultando necessaria una misura custodiale al fine di recidere i legami tra l’indagato e gli ambienti in cui erano maturate le condotte contestate.
Orbene, la motivazione dell’ordinanza impugnata non presta il fianco alle censure difensive, sia perché sorretta da argomentazioni pertinenti, consequenziali a una disamina razionale delle risultanze investigative, sia perché coerente, soprattutto nel richiamo alla valenza dimostrativa dei vari comportamenti illeciti oggetto di imputazione, con il costante orientamento di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, Rv. 274403 e Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, Rv. 271216), secondo cui, in tema di esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, che deve essere necessariamente non solo concreto ma anche attuale, non va inteso come pericolo di reiterazione dello stesso fatto reato, atteso che l’oggetto del “periculum” è la reiterazione di astratti reati della stessa specie e non del concreto fatto reato oggetto di contestazione, non richiedendo in ogni caso la valutazione prognostica demandata al giudice sulla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice.”
by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata