Nel reato di bancarotta fraudolenta documentale se contestata la condotta di sottrazione, distruzione od omessa tenuta delle altre scritture contabili per la condanna dell’imputato serve la prova del dolo specifico.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n. 42744/2019 – depositata il 17.10.2019, con la quale la Suprema Corte si è pronunciata sulla prova necessaria e sufficiente a ritenere dimostrato l’elemento psicologico nel reato di bancarotta fraudolenta documentale.

Nello specifico, il Supremo Collegio, ha annullando con rinvio la sentenza impugnata, ritenendo viziata la motivazione fornita dai giudici del merito, che erroneamente provavano la sussistenza del dolo  – generico – in ordine alle condotte di distruzione e sottrazione della documentazione, in luogo del dolo specifico.

L’imputazione e il doppio grado di giudizio.

La Corte di appello di Trieste confermava la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Pordenone nei confronti dell’imputato ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale, consumato con plurime condotte riferibili a diverse società fallite di cui risultava, secondo l’imputazione, amministratore di fatto.

Il principio di diritto e il giudizio di legittimità.

Contro la sentenza di secondo grado della Corte di appello triestina proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per ottenerne l’annullamento articolando plurimi motivi di impugnazione per denunciare violazione di legge e vizio motivazionale relativi sia alla ricostruzione delle condotte contestate al giudicabile sia, per quanto qui di interesse, l’errore di diritto sull’elemento psicologico del reato.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’imputato limitatamente al tema della colpevolezza.

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento di particolare interesse per gli operatori di diritto che si occupano del diritto penale fallimentare.

(i) La pronunce di merito (doppia conforme) sul tema della colpevolezza.

Come si è detto, i giudici di merito hanno ritenuto l’omissis responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta documentale. Le condotte come contestate nell’imputazione fanno riferimento alla inesistenza di documentazione contabile ovvero al suo occultamento o distruzione, non essendo stata reperita dal curatore, “così determinando la impossibilità della ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari”.

 Si tratta di imputazione che crea equivoci facendo riferimento alla condotta di “inesistenza” della documentazione contabile e nel contempo richiamando l’elemento “della impossibilità della ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari” che caratterizza la fattispecie della “irregolare tenuta” della contabilità. Nella sentenza di primo grado sinteticamente il Tribunale (pagg. 19-20) ha affermato che “la documentazione contabile è sparita quando le società sono state cedute ai nuovi proprietari stranieri”.”

 “Quanto all’elemento soggettivo, il Tribunale ha rilevato che, “considerato che la scomparsa della contabilità è avvenuta in prossimità dei fallimenti, per effetto delle cessioni delle società ai soggetti stranieri, è del tutto ragionevole sostenere che le operazioni fossero finalizzate ad impedire la successiva ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

In ogni caso, a prescindere dalla finalità perseguita, il reato è punito a titolo di dolo generico….”. A fronte di specifici motivi di appello sul punto, la Corte territoriale si è limitata a rilevare quanto all’elemento oggettivo che “è pacifico che la condotta del -omissis- la quale si è certamente estrinsecata nella distruzione o sottrazione di documentazione, perché a suo dire consegnata ai nuovi acquirenti delle società, che l’avevano poi buttata via … è proprio il dato della avvenuta consegna della documentazione al momento della cessione della società … che integra la condotta fraudolenta sanzionata dalla norma” (pag. 14 sentenza impugnata). Ha poi però fatto riferimento alla “condotta omissiva” del [omissis] “finalizzata proprio a non consentire … una esatta ricostruzione del patrimonio e dei movimenti degli affari delle società”, dopo aver rilevato, quanto all’elemento soggettivo che “il dolo nella bancarotta documentale per irregolare tenuta delle scritture contabili può essere solo generico” (sempre a pag. 14 della sentenza).”

(ii) Il vizio di  motivazione insito nella sentenza di appello sul tema del dolo.

I passaggi motivazionali appena evidenziati sono illogici, insufficienti oltre che contraddittori in diritto. E’ bene ricordare in proposito che la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 I. fall. prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico (ex multis, Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611; Sez. 5, Sentenza n. 17084 del 09/12/2014, Caprara e altri, Rv. 263242; Sez. 5, Sentenza n. 24328 del 18/05/2005, Di Giovanni, Rv. 232209). Hanno fatto allora confusione i giudici di merito nell’indicare il dolo generico quale elemento soggettivo sussistente nella specie dopo aver affermato che la condotta dell’omissis si è estrinsecata nella distruzione o sottrazione di documentazione ovvero nella condotta riconducibile alla prima delle fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 legge fallimentare.

Peraltro il dolo specifico proprio di tale fattispecie non è quello finalizzato a “non consentire una esatta ricostruzione del patrimonio e dei movimenti degli affari delle società”, bensì quello di recare pregiudizio ai creditori, consistendo la condotta sanzionata nella fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta; essa, come si è già detto, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno e altro, Rv. 26990401).”

“Orbene, è evidente nella specie che, al di là della confusione che è stata fatta nella sentenza in relazione alla natura dell’elemento soggettivo necessario a caratterizzare il caso concreto, la Corte territoriale non ha motivato in maniera sufficiente sulla sussistenza del dolo specifico nei termini sopra indicati.

Tali ultime considerazioni sono utili anche per ritenere non manifestamente infondata la censura finalizzata ad ottenere la riqualificazione del fatto in bancarotta semplice. Sul punto, invero, la Corte territoriale non si è soffermata con coerente e corretta motivazione, dovendo in proposito ribadirsi che l’omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta – e non quello di bancarotta semplice – qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori (Sez. 5, n. 25432 del 11/04/2012, De Mitri e altri, Rv. 25299201; Sez. 5, n. 32173 del 11/06/2009, Drago, Rv. 24449401). La sentenza va quindi annullata, con rinvio ad altra sezione della stessa Corte di Appello per nuovo esame sulla sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta documentale come ritenuto in fatto dai giudici di merito.”

*****

La norma incriminatrice.

Art. 216 l.f., Bancarotta fraudolenta:

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa 

*****

Quadro giurisprudenziale in ordine all’elemento soggettivo nel delitto di bancarotta documentale fraudolenta:

Cassazione penale sez. V, 08/04/2019, n.32001:

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale, ex articolo 216 comma 1 n. 2 della Legge fallimentare, prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico; e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita, che richiede il dolo generico. Pertanto, in caso di contestazione della prima ipotesi, ovvero sottrazione, distruzione od omessa tenuta dei libri e delle altre scritture contabili, è necessaria la dimostrazione del dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori. A ricordarlo è la Cassazione per la quale, nel caso di specie, il generico riferimento alla impossibilità di ricostruire il patrimonio o il movimento di affari è un elemento estraneo alla fattispecie, che invece rientra nel raggio d’azione del dolo generico della seconda ipotesi.

Corte appello L’Aquila, 28/05/2018, n.1273:

Ai fini dell’accertamento dell’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico; quest’ultimo costituito dalla consapevolezza nell’agente che la confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione.

Cassazione penale sez. V, 08/11/2018, n.12544:

La condotta di sottrazione o occultamento delle scritture contabili deve essere sostenuta dal dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori affinché si provi la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta.

Cassazione penale sez. V, 14/07/2017, n.43977:

In tema di reati fallimentari, le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, prima e seconda ipotesi, legge fall. sono alternative, ciascuna idonea ad integrare il delitto in questione, per cui, accertata la responsabilità in ordine alla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita – che richiede il solo dolo generico – diviene superfluo accertare il dolo specifico richiesto per la condotta di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, anch’essa contestata.

Cassazione penale sez. V, 25/09/2017, n.55740:

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, è onere dell’amministratore cessato, nei confronti del quale sia provata la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili relative al periodo in cui rivestiva l’incarico, dimostrare l’avvenuta consegna delle scritture contabili al nuovo amministratore subentrante.

Cassazione penale sez. V, 17/04/2013, n.22894:

In materia di bancarotta fraudolenta la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti.

Cassazione penale sez. V, 09/02/2015, n.33243:

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la responsabilità dell’amministratore non è esclusa per essere stata la documentazione contabile nella disponibilità di un institore, atteso che la responsabilità di questi si aggiunge a quella del primo, assumendo entrambi nell’ambito della impresa una posizione di garanzia rispetto alla corretta tenuta delle scritture contabili.

by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata