Rivelazione di segreti e prova induttiva della commissione del reato ricavabile tramite l’indirizzo di posta elettronica.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 42735/2019 – depositata il 17.10.2019 con la quale, la Suprema Corte, ha confermato la condanna disposta nei confronti del tecnico fiduciario del SISMI ritenuto responsabile di aver divulgato sulla rete internet documenti segreti relativi ad un contenzioso civile pendente.

L’imputazione e il doppio grado di giudizio.

La Corte di appello di Torino confermava la condanna dell’imputato tratto a giudizio per aver diffuso attraverso varie pubblicazioni sulla piattaforma internet avvenute nel 2012 delle informazioni segrete relative a dati tecnici riservati destinate unicamente ad uso interno in quanto relative ad attività legali intraprese dalla società presso cui operava il prevenuto in qualità di tecnico fiduciario.

Il principio di diritto e il giudizio di legittimità.

Avverso la sentenza di condanna della Corte distrettuale torinese interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, censurandola con plurimi motivi di impugnazione impingenti la prova della consumazione del reato e la riconducibilità del medesimo al giudicabile.

Il Supremo Collegio ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento che affrontano il tema della prova in ordine alla  riconducibilità del fatto-reato al suo autore.

Le ulteriori censure investono palesemente profili di merito, risolvendosi in una sollecitazione al giudice di legittimità affinché proceda ad una non consentita rivalutazione del materiale probatorio.

Né le argomentazioni sviluppate dalla Corte torinese possono dirsi in alcun modo affette da vizi di contraddittorietà o manifesta illogicità, ove si consideri – a tacer d’altro – che: – i documenti riservati oggetto di illecita divulgazione furono senza dubbio inviati al portale ” omissis” in allegato ad uno o più articoli a firma “omissis” recanti (quali indirizzi e – mail di riferimento) l’indicazione delle caselle di posta elettronica “omissis” e “omissis”; – non è in contestazione, e trova conferma anche su base testimoniale, il dato che “omissis” fosse lo pseudonimo dell’omissis, così egli risultando noto anche alle forze dell’ordine; – la seconda delle caselle sopra indicate, a dire dell’imputato, sarebbe esistita già dal 2006, ma (come si legge a pag. 11 della motivazione della sentenza impugnata) gli articoli attestanti tale circostanza non risultano affatto presenti sul web; – quand’anche non si volesse considerare decisiva la circostanza che la casella medesima parrebbe essere stata attivata nel novembre 2010, in virtù di comunicazioni le cui tracce appaiono presenti in uno dei computer sequestrati all’omissis, sono gli stessi documenti prodotti dalla difesa a chiarire che il portale “autistici.org ” non richiede alcun dato personale a chi intende attivare un indirizzo se non di indicare un indirizzo di posta elettronica cui inoltrare i dati dell’attivazione de qua; – l’inoltro di quei dati di conferma, infatti, avvenne con destinataria la casella “omissis”, che lo stesso ricorrente ha più volte ammesso essere riferibile a lui.”

By Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata