Sempre responsabile l’amministratore di diritto per i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale che non adempie coscientemente ai doveri di vigilanza.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n. 37824/2019  con la quale la Suprema Corte, all’esito dello scrutinio di legittimità di diversi fatti di bancarotta (patrimoniale e documentale) ha confermato la condanna dell’amministratore di diritto della società fallita perché destinatario dell’obbligo giuridico diretto di vigilanza circa la regolare tenuta delle scritture contabili.

I reati fallimentari contestati ed il doppio grado di giudizio.

La Corte di appello di  Milano con sentenza riformava parzialmente il provvedimento di condanna emesso dal Tribunale di Sondrio, dichiarando di non doversi procedere nei confronti degli imputati, per intervenuta prescrizione dei capi di imputazione di cui al punto c) ed e) dell’art 217 L.F.  e dell’art. 224, n. 1, originariamente contestati, rideterminava, per l’effetto, la pena per i residuali reati di cui  agli artt. 216 comma 1, n. 2 e 223 L.F. in anni due di reclusione per ciascun imputato.

I prevenuti erano stati tratti a giudizio, rispettivamente, in qualità di amministratore unico e di amministratore di fatto della società fallita, per aver omesso di tenere regolarmente la contabilità della società ostacolando così la ricostruzione del volume patrimoniale di quest’ultima, compiendo, altresì, diverse attività distrattive di natura dolosa, appropriandosi illecitamente ed in danno del ceto creditorio di attrezzatura edili varie e di due autovetture.

Il principio di diritto e il giudizio di legittimità.

Avverso il provvedimento emesso dalla Corte distrettuale milanese interponeva ricorso per cassazione l’amministratore di diritto della società, lamentando per quanto qui di interesse,  vizio motivazionale e violazione di legge circa la sussistenza dell’elemento psicologico del reato in capo al giudicabile.

Il Supremo Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento.

(i) La responsabilità dell’amministratore di diritto su cui incombe il dovere di vigilanza:

Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di reati fallimentari, l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili anche se sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari. (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017 – dep. 22/09/2017, Pastechi e altro, Rv. 271754)

In altri termini, la giurisprudenza di legittimità ritiene prevalente il dovere di vigilanza e di controllo contabile, direttamente derivante dall’assunzione della qualifica di amministratore di diritto, con l’individuazione, nel contempo, della necessaria consapevolezza, a livello soggettivo, dello stato delle scritture contabili. “

(ii) L’applicazione del principio di diritto al caso di specie.

“Poste tali premesse, si osserva che, a fronte delle argomentazioni svolte dalla difesa circa l’esclusione del dolo, nella sentenza impugnata, i giudici del merito hanno ribadito l’oggettività dei fatti contestati, con riferimento alla tenuta irregolare della contabilità, oltre al fatto che la delega al [omissis] non esonerava comunque la [omissis] dai dovuti controlli.

I testi escussi, si legge nella sentenza, hanno confermato una presenza costante della omissis, sia in ufficio sia nei rapporti con il personale sia nei contatti diretti con il commercialista, sicchè alla stessa deve ricondursi la consapevolezza dell’andamento della gestione, ivi incluse le operazioni distrattive. A questo proposito, secondo i giudici del merito, l’aver consentito al compimento delle operazioni, pur essendo in condizioni di esercitare i dovuti controlli, è indice del carattere fraudolento delle condotte contestate e di una precisa volontà della omissis di violare gli obblighi sulla stessa incombenti.”

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La norma incriminatrice.

Art. 216 . f. n. 267/1942, bancarotta fraudolenta.

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

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Quadro giurisprudenziale in tema di responsabilità penale dell’amministratore di diritto per reati di natura fallimentare:

Cassazione penale, sez. V, 26 settembre 2018 , n. 54490

In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.

Cassazione penale sez. V, 25 giugno 2018 n. 40100.  

Poiché il fallimento determinato da operazioni dolose configura un’eccezionale ipotesi di fattispecie a sfondo preterintenzionale, l’onere probatorio dell’accusa si esaurisce nella dimostrazione della consapevolezza e volontà della natura dolosa dell’operazione alla quale segue il dissesto, nonché dell’astratta prevedibilità di tale evento quale effetto dell’azione antidoverosa, non essendo necessarie, ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo, la rappresentazione e volontà dell’evento fallimentare.

 Cassazione penale , sez. V , 19 giugno 2018 , n. 42568

In tema di reati fallimentari, le rettifiche contabili attuate ai sensi della legge 27 dicembre 2002, n. 289 in materia di condono, anche se effettuate per manipolare le scritture contabili, rendere più difficile l’attività ricostruttiva degli organi fallimentari e nascondere le attività distrattive poste in essere, non possono integrare di per sé una condotta di bancarotta per distrazione, se ad esse non segue un effettivo depauperamento delle garanzie patrimoniali per i creditori.

Cassazione penale sez. V, 05 giugno 2018 n. 30105.  

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell’”an”, non è determinato anche nel “quantum”. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non è giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore).

Cassazione penale sez. III  20 aprile 2018 n. 33380  

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la restituzione da parte dell’amministratore della società emittente fatture per operazioni inesistenti del corrispettivo versato dal simulato acquirente, transitato nel patrimonio della società e restituito decurtato dal compenso pattuito per l’emittente anche il temporaneo ingresso nel patrimonio della fallita di beni che in forza di un patto illecito vengano restituiti al dante causa determina, invero, un incremento dello stesso che espande le garanzie dei creditori, con la conseguenza che la restituzione costituisce atto ingiustificato idoneo a integrare la condotta di distrazione.

 Cassazione penale sez. V, 27 marzo 2018 n. 27141  

Non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice di appello, in parziale riforma della sentenza di condanna di primo grado relativa al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, riqualifichi il fatto come bancarotta preferenziale, in quanto l’atto dispositivo tipico di tale fattispecie criminosa costituisce una “species” del più ampio “genus” di sottrazioni di risorse del patrimonio della società, che caratterizza la bancarotta per distrazione.

 Cassazione penale sez. I, 09 marzo 2018 n. 14783  

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, ai fini della configurabilità del concorso dell’amministratore privo di delega per omesso impedimento dell’evento, è necessario che, nel quadro di una specifica contestualizzazione delle distrazioni in rapporto alle concrete modalità di funzionamento del consiglio di amministrazione, emerga la prova, da un lato, dell’effettiva conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società o, quanto meno, di “segnali di allarme” inequivocabili dai quali desumere l’accettazione del rischio – secondo i criteri propri del dolo eventuale – del verificarsi dell’evento illecito e, dall’altro, della volontà – in guisa di dolo indiretto – di non attivarsi per scongiurare detto evento.

 Cassazione penale sez. V, 14/07/2017, n.43977:

In tema di reati fallimentari, l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili anche se sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari.

Cassazione penale sez. V, 23 giugno 2017 n. 38396  

La fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale è reato di pericolo concreto, sicché, per il suo perfezionamento, è esclusa la necessità di un nesso causale tra i fatti di bancarotta ed il successivo fallimento, laddove i fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa ancora non versava in condizioni di insolvenza. In quanto reato di pericolo concreto è comunque necessario che il fatto di bancarotta abbia determinato un effettivo depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la integrità del patrimonio dell’impresa, da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori.

Cassazione penale sez. un.  31 marzo 2016 n. 22474  

L’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte.

 

Cassazione penale sez. III, 14/05/2015, n.38780:

Del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o i.v.a., l’amministratore di fatto risponde quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l’azione dovuta, mentre l’amministrazione di diritto, quale mero prestanome, è responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento (art. 40, comma 2, c.p. e 2932 c.c.), a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice.

by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata