L’avere emesso fatture fittizie per operazione inesistenti non esonera il contribuente dal pagamento dell’IVA.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n.26983/2019, pubblicata il 22.10.2019, con la quale la Suprema Corte –  Sezione Tributaria, ha affermato il principio di diritto secondo il quale l’aver emesso fatture per operazioni inesistenti con finalità fraudolente, vincola comunque il contribuente al versamento dell’IVA, non essendo l’Agenzia delle entrate obbligata a provarne l’inesistenza soggettiva in quanto la pretesa tributaria è autonomamente fondata sull’utilizzo e sulla trasmissione al destinatario delle predette fatture.

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento di maggiore interesse dei quali tener conto per la migliore tutela del contribuente, chiamato a rispondere fiscalmente del proprio operato, oltre che in sede penale, trattandosi di reato fraudolento la cui configurabilità non richiedo il superamento della soglia di punibilità.

se la fattura si riferisce a un’operazione inesistente, non è consentita, quindi la variazione in diminuzione; conseguentemente il cedente o falso prestatore deve sempre versare l’imposta esposta in fattura, mentre l’acquirente o il committente non può in alcun caso portare in detrazione l’Iva per assenza del suo presupposto, ossia l’acquisto di beni o servizi acquistati nell’esercizio d’impresa, arte o professione (cfr. Cass. n. 12353/2005).

 Nella specie, la sentenza impugnata non si è conformata ai principi sopra esposti, non avendo in alcun modo valorizzato, con riguardo al contestato «omesso versamento dell’IVA» ed ai fini della configurabilità del presupposto che determina l’insorgenza della pretesa impositiva correlata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, l’emissione delle fatture con la consegna al destinatario, avendo piuttosto fatto riferimento al distinto regime relativo al diritto a detrazione Iva per fatture ricevute relative ad operazioni soggettivamente inesistenti ed al mancato assolvimento dell’onere probatorio a carico dell’Ufficio circa la consapevolezza, da parte del contribuente – acquirente dei beni o dei servizi-, di partecipare ad una operazione fraudolenta posta in essere da altri soggetti;”

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Riferimenti normativi:

Art. 21, comma 7 D.P.R. N. 633/1972, Fatturazione delle operazioni:

  1. Se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta e’ dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura.

Art. 203 Direttiva del 28/11/2006 – N. 112:

L’IVA è dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento

Comm. trib. reg. Brescia, (Lombardia) sez. XXV, 08/06/2017, n.2569:

In caso di inesistenza soggettiva delle operazioni, è onere dell’Amministrazione “provare, alla luce di elementi oggettivi, che il soggetto passivo interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva – per l’esistenza nella specie di indizi idonei ad avvalorare il sospetto in tal senso indicati dall’amministrazione – in un’evasione commessa dall’emittente delle fatture contestate o da un altro operatore intervenuta a monte nella catena di prestazioni. Né il diritto alla detrazione può essere negato con la motivazione che il soggetto passivo non si è assicurato che l’emittente della fattura correlata ai beni a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio del diritto a detrazione avesse la qualità di soggetto passivo, che disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che avesse soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, o con la motivazione che il suddetto soggetto passivo non dispone, oltre che di detta fattura, di altri documenti idonei a dimostrare la sussistenza delle circostanze menzionate.

Comm. trib. reg. Roma, (Lazio) sez. II, 09/05/2017, n.2592:

Le presunzioni di inesistenza soggettiva dell’attività commerciale svolta dalle società danti causa della società accertata, sono presunzioni con i requisiti della gravità, precisione e concordanza, atteso che si fondano sui rilievi della mancanza di una sede societaria, della mancanza di beni strumentali, dell’omessa dichiarazione dei redditi e dei versamenti iva, ciò, inoltre, posto in relazione ad un rilevantissimo fatturato; ossia sono presunzioni che si fondano su una serie di elementi chiari ed univoci i quali, unitariamente considerati, portano a ritenere ragionevolmente che le fatture siano state emesse per operazioni soggettivamente inesistenti, ossia, più in particolare, di fatture emesse da soggetti interposti nell’importazione delle merci destinate alla vendita al dettaglio sul mercato nazionale.

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2014, n.25779:

Ove l’Amministrazione Finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture perché relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Amministrazione l’onere di provare – anche mediante presunzioni semplici – che si tratta di operazioni inesistenti dimostrando, nel caso di inesistenza oggettiva, che le operazioni non sono state effettuate, e, nel caso di inesistenza soggettiva, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in una evasione commessa dal fornitore.

Corte giustizia UE sez. V, 11/04/2013, n.138:

Il principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, quale concretizzato della giurisprudenza relativa all’art. 203 della direttiva 2006/112, può essere invocato da un soggetto passivo al fine di opporsi ad una disposizione del diritto nazionale che subordina il rimborso dell’i.v.a. fatturata per errore alla rettifica della fattura erroneamente redatta, mentre il diritto di detrarre detta i.v.a. è stato definitivamente negato, comportando tale diniego definitivo che il regime di rettifica previsto dalla legge nazionale non è più applicabile (la Corte si è così pronunciata nella controversia in merito al diniego da parte dell’amministrazione finanziaria bulgara di rimborsare ad una società l’i.v.a. fatturata da quest’ultima al suo cliente, dopo che la l’amministrazione tributaria aveva negato a questi il diritto di detrarre l’i.v.a., in quanto la prestazione di cui trattasi non era imponibile).

Cassazione penale sez. III, 24/09/2008, n.39177:

In tema di reati finanziari e tributari, il delitto di omessa dichiarazione a fini dell’IVA è configurabile anche nel caso in cui siano state emesse fatture per operazioni inesistenti, in quanto, secondo la normativa tributaria, l’i.v.a. è dovuta anche per tali fatture, indipendentemente dal loro effettivo incasso, con conseguente obbligo di presentare la relativa dichiarazione. (Fattispecie nella quale è stata disattesa la tesi difensiva secondo cui, non essendo dovuta l’IVA su tali fatture, non risultava provato il superamento della soglia di punibilità).

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2005, n.12353:

In tema di i.v.a., la speciale procedura di variazione prevista dall’art. 26 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, presuppone necessariamente, come si desume univocamente dalla considerazione della funzione perseguita dalla norma, che l’operazione per la quale sia stata emessa fattura, da rettificare perché venuta meno in tutto o in parte in conseguenza di uno degli specifici motivi indicati nel comma 2 della norma stessa, sia una operazione vera e reale e non già del tutto inesistente. Ciò discende anche dal disposto dell’art. 21, comma 7, del menzionato d.P.R. n. 633 del 1972, il quale – nel prevedere, allo scopo di ricondurre a coerenza il sistema impositivo dell’i.v.a., fondato sui principi della rivalsa e della detrazione, che, se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, “l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura” – da un lato incide direttamente sul soggetto emittente la fattura, costituendolo debitore d’imposta sulla base dell’applicazione del solo principio di cartolarità, e, dall’altro, incide indirettamente, in combinato disposto con gli art. 19, comma 1, e 26, comma 3, dello stesso d.P.R., anche sul destinatario della fattura medesima, il quale non può esercitare il diritto alla detrazione o alla variazione dell’imposta in totale carenza del suo presupposto, e cioè dell’acquisto (o dell’importazione) di beni e servizi nell’esercizio dell’impresa, arte o professione.

by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata