Il reato di omessa esibizione di documenti legalmente richiesti in caso di totale inadempimento di parte datoriale ha natura permanente e si consuma sino alla notifica del decreto penale di condanna.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 43702/2019, depositata il 28.11.2019, e trasmessa all’ufficio del Massimario per l’importanza della questione di diritto trattata, con la quale la Suprema Corte, chiamata pronunciarsi sulla natura della contravvenzione di omessa esibizione di documenti legalmente richiesti al datore di lavoro, ne ha confermato la natura di reato permanente, individuando come dies ad quo del termine prescrizionale la notifica del decreto penale di condanna oppure alternativamente la pronuncia della sentenza di primo grado.
L’imputazione e il doppio grado di giudizio.
Il Tribunale di Macerata condannava l’imputato tratto a giudizio per il reato di cu all’art. 4 l. n. 268/1961, perché, in qualità di legale rappresentante di alcune società di capitali, ometteva di esibire e consegnare la documentazione richiesta dalla Direzione territoriale del lavoro.
Dalla sentenza si ricava che il giudizio dibattimentale era stato incardinato a seguito della opposizione a decreto penale di condanna.
Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Macerata interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, lamentando l’erronea qualificazione giuridica della condotta operata dal primo Giudice incidente anche sulla estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento che affrontano il tema della qualificazione giuridica delle condotte omissive ascritte al giudicabile al fine di individuare correttamente il dies ad quo della prescrizione.
(i) Gli elementi costitutivi della fattispecie penale p. e p. dall’art 4 legge n. 268/1961:
“…Esso consiste nel fatto di colui il quale, legalmente richiesto dalla Direzione territoriale del lavoro, di fornire delle notizie ovvero di consegnare della documentazione sulle materie indicate nel medesimo articolo, non le fornisca, o le dia scientemente errate od incomplete, o non la consegni nella sua integralità.
La norma incriminatrice, dunque, sanziona l’inosservanza di obblighi di informazione strumentali a consentire alla competente autorità amministrativa di esercitare le funzioni di vigilanza e controllo alla stessa attribuite dalla legge, a condizione che la richiesta rivolta dall’Ufficio sia stata legalmente formulata”.
- a) La richiesta di informazione e documenti:
Il primo elemento strutturale della fattispecie incriminatrice è, dunque, costituito dalla esistenza di una richiesta di informazioni o di documenti, da parte del soggetto competente, nelle materie specificamente previste dall’art. 4 della legge n. 628 del 1961.
- b) La richiesta di informazioni deve giungere a conoscenza del legale rappresentante:
in secondo luogo è necessario che la richiesta sia stata “legalmente” formulata. Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte si è assestata nel ritenere innanzitutto che il destinatario della richiesta da parte dell’Ufficio sia il legale rappresentante della ditta, anche quando essa non sia stata rivolta al datore di lavoro personalmente, in quanto è sufficiente che la richiesta venga notificata alla sede dell’azienda perché sia comunque conoscibile dal legale rappresentante di essa (in tal senso, Corte di cassazione, Sezione III penale, 1 luglio 2004, n. 28701).
- c) Mancata risposta alla richiesta:
In terzo luogo, ai fini dell’integrazione del reato in questione è necessario che vi sia una mancata risposta alla richiesta oppure che la risposta fornita contenga dati non rilevanti e/o non pertinenti rispetto a quelli richiesti (Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 gennaio 2008, n. 2272).
- d) La possibile consumazione del reato possibile, alternativamente, con condotta omissiva e condotta commissiva:
Come accennato, il reato in questione può, pertanto, essere realizzato sia in forma commissiva, allorché il soggetto richiesto dia informazioni mendaci o impertinenti ovvero trasmetta documentazione diversa da quella a lui richiesta, sia in forma omissiva, allorché il soggetto legalmente richiesto ometta sic et simpliciter di fornire le risposte o la documentazione che gli erano state richieste. Come questa Corte ha ancora di recente rilevato (cfr., infatti: Corte di cassazione, Sezione III penale, 20 marzo 2017, n. 13204), la fattispecie in esame configura, nella sua forma omissiva, un reato permanente, la cui consumazione si protrae fino all’osservanza della disposizione ovvero, secondo un certo orientamento, sino alla data della relativa denuncia penale in danno del responsabile (Corte di cassazione, Sezione III penale, 31 gennaio 2003, n. 4687) oppure, secondo altro, come vedremo preferibile, indirizzo, sino alla notificazione del decreto penale di condanna o sino alla sentenza di primo grado (Corte di cassazione, Sezione III penale, 14 marzo 1997, n. 753).
(ii) La natura di reato permanente delle condotte omissive e l’individuazione del dies ad quo del termine prescrizionale:
“Pertanto, allorché sia previsto un termine per l’adempimento, il reato si perfeziona alla scadenza di detto termine ma esso non si consuma, protraendosi la condizione di illiceità per tutto il tempo in cui il destinatario omette volontariamente di adempiere (Corte di cassazione, Sezione III penale, 28 dicembre 2000, n. 13406), oppure, in ipotesi di perdurante condotta omissiva, sino alla data della denunzia penale o della emissione del decreto penale o della sentenza di primo grado.
“Nel caso che interessa – rilevato che l’omissis non risulta avere mai ottemperato alla richiesta indirizzatagli dalla Direzione territoriale del lavoro di Macerata con atto notificato in data 6 settembre 2013 – ritiene il Collegio che, ribadita la natura permanente del reato contestato laddove lo stesso si sia presentato, come nella fattispecie, in forma puramente omissiva, la decorrenza del termine prescrizionale debba essere ancorata, conformemente, peraltro, alla giurisprudenza consolidata sul punto, al momento di cessazione della permanenza che, in assenza di condotte positive del reo atte ad interrompere il predetto stato, è collocabile, in caso di contestazione cosiddetta aperta (quale è quella formulata a carico dell’omissis, essendo stata indicata solo la data di accertamento del reato e non anche quella di sua consumazione), contestualmente alla pronunzia della sentenza di primo grado (Corte di cassazione, Sezione I penale, 16 ottobre 2018, n. 47034; idem Sezione III penale, 21 settembre 2017, n. 43173) o, se emesso, contestualmente alla notificazione del decreto penale di condanna, costituendo anch’esso, non diversamente dalla sentenza di primo grado, un’affermazione giudiziale, sebbene non necessariamente definitiva, della responsabilità del prevenuto atta ad interrompere l’unità psicologica della condotta omissiva (Corte di cassazione, Sezione III penale, 18 marzo 1993, n. 2563).”
Ritiene, infatti, il Collegio di non dovere aderire alla tesi, pur riscontrabile, come dianzi evidenziato, in giurisprudenza, sebbene in forma assertiva e non argomentata (cfr. Corte di cassazione, Sezione III penale, 31 gennaio 2003, n. 4687), secondo la quale la permanenza del reato sarebbe cessata con la denuncia penale, posto che quest’ultimo è atto che, rimanendo estraneo alla sfera di conoscenza del soggetto omittente in quanto indirizzato non a questo ma alla autorità pubblica, non si vede in che modo possa incidere nell’interrompere la unità della condotta omissiva di quello.
Considerato che nell’occasione il decreto penale è stato notificato all’imputato in data 4 novembre 2014, il reato ascritto al predetto sarebbe destinato ad estinguersi per prescrizione solo il prossimo 4 novembre 2019, evento che la emissione della presente sentenza, con la conseguente definitività della affermazione della penale responsabilità del prevenuto rende, tuttavia, irrealizzabile.”
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Riferimento normativo.
Art. 4 Legge del 22/07/1961, n. 628:
L’Ispettorato del lavoro ha il compito:
- a) di vigilare sull’esecuzione di tutte le leggi in materia di lavoro e di previdenza sociale nelle aziende industriali, commerciali, negli uffici, nell’agricoltura, ed in genere ovunque è prestato un lavoro salariato o stipendiato, con le eccezioni stabilite dalle leggi;
- b) di vigilare sull’esecuzione dei contratti collettivi di lavoro;
- c) di fornire tutti i chiarimenti che vengano richiesti intorno alle leggi sulla cui applicazione esso deve vigilare;
- d) di vigilare sul funzionamento delle attività previdenziali, assistenziali e igienico-sanitarie a favore dei prestatori d’opera compiute dalle associazioni professionali, da altri enti pubblici e da privati, escluse le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e le istituzioni esercitate direttamente dallo Stato, dalle province e dai comuni per il personale da essi dipendente;
- e) di esercitare le funzioni di tutela e di vigilanza sugli enti dipendenti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
- f) di rilevare secondo le istruzioni del Ministero del lavoro e della previdenza sociale le condizioni tecniche ed igieniche delle singole industrie, l’ordinamento e la rimunerazione del lavoro, il numero e le condizioni degli operai, gli scioperi, le loro cause e i loro risultati, il numero, le cause e le conseguenze degli infortuni degli operai, gli effetti delle leggi che più specialmente interessano il lavoro; di raccogliere tutte le notizie e le informazioni sulle condizioni e lo svolgimento della produzione nazionale e delle singole attività produttive; di compiere, in genere, tutte le rilevazioni, indagini ed inchieste, delle quali fosse incaricato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
- g) di compiere tutte le funzioni che ad esso vengano demandate da disposizioni legislative o regolamentari, o delegate dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
L’azione di consulenza, di cui in particolare alla lettera c), sarà esercitata a mezzo di apposita sezione da istituirsi presso ciascun Ispettorato regionale e provinciale.
Le indagini sui processi di lavorazione, che gli industriali vogliono tenere segreti, devono essere limitate solo a quanto si riferisce all’igiene ed alla immunità degli operai, e solo per questa parte possono essere comunicati i relativi risultati. Il personale dell’Ispettorato del lavoro deve conservare il segreto sopra tali processi e sopra ogni altro particolare di lavorazione, che venisse a sua conoscenza per ragioni di ufficio. La violazione di tale obbligo è punita con la pena stabilita dall’art. 623 del Codice penale.
Le notizie comunicate all’Ispettorato o da questo richieste o rilevate non possono essere pubblicate nè comunicate a terzi e ad uffici pubblici in modo che se ne possa dedurre l’indicazione delle persone o dei datori di lavoro ai quali si riferiscono, salvo il caso di loro espresso consenso.
L’Ispettorato del lavoro, nell’esercizio della vigilanza e degli altri compiti di cui al presente articolo, può chiedere o rilevare ogni notizia o risultanza esistente presso gli enti pubblici ed i privati che svolgono attività dirette alla protezione sociale dei lavoratori.
Analoga facoltà compete nei confronti delle persone autorizzate, ai termini dell’art. 4 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, alla tenuta e regolarizzazione dei documenti delle aziende riguardanti materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale.
Coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete, sono puniti con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda fino a lire un milione.
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Quadro giurisprudenziale in materia di responsabilità penale del datore di lavoro in ordine al reato di omessa esibizione di documenti all’Ispettorato richiedente.
Cassazione penale sez. III, 25/06/2018, n.4221:
Il reato di omessa risposta alla richiesta d’informazioni dell’ispettorato del lavoro, prevista dalla legge n. 628 del 1961, art. 4, ha natura permanente che cessa o con l’osservanza della disposizione o con il decreto penale di condanna o con la sentenza di primo grado.
Cassazione penale sez. III, 06/11/2018, n.6913:
In tema di igiene e sicurezza sul lavoro, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 4 l. 22 luglio 1961, n. 628, il rifiuto del datore di lavoro deve riferirsi a richieste di informazioni effettuate dagli ispettori del lavoro in occasione dello svolgimento di attività di accertamento e investigazioni rientranti nell’ambito della vigilanza amministrativa, dovendosi invece escludere la ricorrenza di detto reato nel caso in cui l’Ispettorato agisca come organo di polizia giudiziaria in un procedimento penale a carico del datore di lavoro.
Cassazione penale sez. III, 17/01/2017, n.13102:
Il reato di cui all’art. 4 l. n. 628 del 1961 (mancata risposta alla richiesta di notizie da parte dell’Ispettorato del lavoro) è integrato anche nel caso di omessa esibizione di documenti richiesti dal predetto Ispettorato nell’esercizio dei compiti di vigilanza demandati dall’art. 4 della legge citata, e anche quando la richiesta non avvenga nel contesto delle indagini di polizia amministrativa disciplinate dall’art. 8 d.P.R. n. 520 del 1955, rimanendo escluso solo nel caso della “documentazione di lavoro”. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto legittima la configurazione del reato in una fattispecie di inottemperanza alla richiesta di esibizione della documentazione, comprensiva del libro unico del lavoro, relativa all’avviamento dei lavoratori e alla regolarità contributiva dell’impresa).
Cassazione penale sez. III, 26/06/2013, n.42334:
Il reato previsto dall’art. 4 l. n. 628 del 1961 (mancata risposta alla richiesta di notizie da parte dell’Ispettorato del lavoro) deve ritenersi integrato anche nel caso di mancata esibizione di documenti richiesti dall’Ispettorato del lavoro nell’esercizio dei compiti di vigilanza demandati dall’art. 4 l. cit. e anche quando la richiesta non avvenga nel contesto delle indagini di polizia amministrativa disciplinate dall’art. 8 d.P.R. n. 520 del 1955.
Cassazione penale sez. III, 02/12/2011, n.6644:
Il reato di cui all’art. 4 l. 22 luglio 1961, n. 628 si configura non soltanto nel caso di richiesta di semplici notizie, ma anche nell’ipotesi di omessa esibizione di documentazione, necessaria all’ispettorato del lavoro per la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di categoria. (Fattispecie in tema di omessa trasmissione di documentazione relativa all’adempimento degli obblighi contributivi).
Cassazione penale sez. III, 25/05/2004, n.28701:
Per la sussistenza del reato di cui all’art. 4 l. 22 luglio 1961 n. 628 (omessa fornitura all’ispettorato del lavoro di notizie legalmente richieste), non occorre che la richiesta di notizie sia data personalmente al legale rappresentante della ditta, e, qualora il datore di lavoro sia una società, destinatario della notifica è il suo legale rappresentante, sicché la notifica è regolare quando la richiesta pervenga alla sede legale perché, in tal caso, il rappresentante legale è posto in condizione di conoscerla e di ottemperare a quanto richiesto.
By Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata