Va annullata la sentenza di appello che condanna il medico curante per omicidio colposo del paziente se non vi è prova dell’effetto salvifico della visita domiciliare non eseguita.
Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n. 42006/2019, con la quale la Corte di Cassazione è stata chiamata al vaglio di legittimità su una vicenda di responsabilità medica ascritta al sanitario che aveva omesso di effettuare la visita ambulatoriale o domiciliare del paziente, limitandosi ad accertare lo stato di salute del malato.
Il caso clinico, l’imputazione e il doppio grado di giudizio.
La Corte di appello di Roma confermava la penale responsabilità dell’imputata condannata in primo grado alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento del danno da liquidare in separata sede in favore della parte civile costituita, per aver omesso di effettuare la visita ambulatoriale e/o domiciliare al paziente nel pomeriggio del 27.01.2011, il quale, recatosi presso il nosocomio qualche ora più tardi, decedeva nella notte tra il 27 e il 28 gennaio 2011 a causa di un’insufficienza cardio-respiratoria dovuta ad una complicanza indotta da una pneumopatia di origine virale.
Il principio di diritto e il giudizio di legittimità.
Contro la sentenza emessa dalla Corte territoriale romana interponeva ricorso per cassazione l’imputato, con plurimi motivi di impugnazione per il cui apprezzamento si rimanda alla lettura della sentenza in commento.
Il Supremo Collegio ha ritenuto fondato il ricorso, annullando la sentenza – senza rinvio – agli affetti penali per intervenuta estinzione del reato, rimettendo, quindi, la materia del contendere, al giudice civile in grado di appello per un nuovo esame della vicenda processuale ai fini dell’accertamento della responsabilità civile, da accertare secondo i paradigmi di quella penale.
Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento di particolare interesse per gli operatori di diritto in ambito sanitario.
(i) L’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato ed i rapporti con tra la sentenza di proscioglimento e quella di assoluzione.
“Il ricorso non appare manifestamente infondato, né affetto da altre cause di inammissibilità, per cui va dichiarata la prescrizione del reato, che è maturata, in assenza di periodi di sospensione, in data 28 luglio 2018. In proposito va ricordato che, in conformità all’insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, in presenza di una causa estintiva del reato, l’obbligo del giudice di pronunciare l’assoluzione dell’imputato per motivi attinenti al merito si riscontra nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell’insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all’imputato, emergono in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una ‘constatazione’, che a un atto di ‘apprezzamento’ e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 ud. – dep. 15/09/2009, Rv. 244273). E invero il concetto di ‘evidenza’, richiesto dal secondo comma dell’art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Sez. 6, n. 31463 del 08/06/2004 ud. – dep. 16/07/2004, Rv. 229275). Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell’imputato occorre applicare il principio di diritto secondo cui ‘positivamente’ deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l’estraneità dell’imputato a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non rilevando l’eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (v. Sez. 2, n.26008 del 18/05/2007 ud. – dep. 05/07/2007, Rv. 237263).”
(ii) Il nesso di causalità ed il giudizio controfattuale nei reati omissivi:
“In primo luogo va sottolineato che, nel capo di imputazione, la condotta negligente contestata all’imputata è solo e esclusivamente quella tenuta nel pomeriggio del 27 gennaio 2011, allorché [omissis], contattata telefonicamente, all’incirca alle ore 16,00, ha omesso di effettuare una visita ambulatoriale o domiciliare o, in alternativa, di inviare il paziente al Pronto Soccorso. Nella sentenza di appello, a p. 3, si legge, in maniera corrispondente alla contestazione formulata nell’imputazione che “la dott. [omissis] teneva una condotta certamente imprudente e negligente nella giornata del 27 gennaio”. “
“Occorre in primo luogo rilevare che, anche in caso di reato omissivo, lo statuto logico del rapporto di causalità rimane sempre quello del “condizionale controfattuale”. Si deve, cioè, accertare se, mentalmente eliminato il mancato compimento dell’azione doverosa e sostituito alla componente statica un ipotetico processo dinamico corrispondente al comportamento doveroso, supposto come realizzato, il singolo evento lesivo, hic et nunc verificatosi, sarebbe venuto meno, mediante un enunciato esplicativo “coperto” dal sapere scientifico del tempo.
Il giudice, dovendo accertare ex post, sulla base dell’intera evidenza probatoria disponibile, che la condotta dell’agente “è” (non “può essere”) condizione necessaria del singolo evento lesivo, è impegnato nell’operazione ermeneutica alla stregua dei comuni canoni di “certezza processuale”, conducenti conclusivamente, all’esito del ragionamento probatorio di tipo largamente induttivo, ad un giudizio di responsabilità caratterizzato da un alto grado di credibilità razionale e, cioè, di elevata probabilità logica o probabilità prossima alla certezza. Ex adverso, l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza probatoria, il plausibile e ragionevole dubbio, fondato su specifici elementi, comporta la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio stabilito dall’art. 530 comma 2 cod.proc.pen., secondo il canone di garanzia “in dubio pro reo”.
(iii) Il vizio di motivazione della sentenza impugnata e le ragioni dell’annullamento agli effetti civili.
“In definitiva, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002 ud.- dep.11/09/2002, Rv. 222138 – 01 ). Nella sentenza in esame si è affermato, in modo alquanto laconico, che “un più tempestivo soccorso sanitario attivato dal medico curante … avrebbe certamente disinnescato una precipitosa ingravescenza delle complessive condizioni di salute del paziente”, ma non sono state individuate né la terapia né le cure che se tempestivamente somministrate, grazie alla visita del medico curante o al ricovero in ospedale, avrebbero evitato l’evento morte.
A ciò si aggiunga che si è riconosciuta l’insorgenza di un’ulteriore patologia, di tipo cardiaco, senza, tuttavia, in alcun modo spiegare la sua incidenza sul decorso causale e il suo inquadramento in termini di concausa da sola non necessaria e sufficiente a determinare il decesso. Anche su tale aspetto la sentenza di primo grado non consente di superare le carenze motivazionali di quella di appello, in quanto il problema del nesso di causalità è stato affrontato solo dal punto di vista statistico, con riferimento alla percentuali di sopravvivenza in ospedale in caso di insufficienza respiratoria, senza, tuttavia, alcuna specifica analisi delle circostanze del caso concreto. Le obiezioni formulate dalla difesa in punto di nesso causale sono, peraltro, superate dal giudice di primo grado, a p. 20, non sul piano del giudizio contro-fattuale, ma con considerazioni relative alla individuazione della colpa dell’imputata.”
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Riferimento normativo.
Art 589 cod. pen., omicidio colposo:
Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
Se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.
[Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:
1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
2) soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.
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Quadro giurisprudenziale di responsabilità penale del sanitario che abbia omesso di effettuare visita ambulatoria o domiciliare:
Cassazione penale sez. IV, 09/04/2019, n.24372:
Nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. (Fattispecie relativa al decesso di un calciatore durante una partita di calcio, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo nei confronti dei medici intervenuti in soccorso per il mancato impiego del defibrillatore in presenza di una crisi cardiaca in soggetto affetto da cardiomiopatia aritmogena, per non avere i giudici di appello effettuato la concreta valutazione della valenza salvifica da assegnare all’uso del defibrillatore nel quadro patologico presentato dal paziente).
Corte appello Reggio Calabria, 21/01/2019, n.48:
In tema di responsabilità medica, essendo il medico tenuto a espletare l’attività professionale secondo canoni di diligenza e di perizia scientifica, il giudice, accertata l’omissione di tale attività, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’evento lesivo, secondo la regola di accertamento del “più probabile che non”, che impone di considerare sussistente il nesso causale quando, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si possa ritenere che l’opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto fondate possibilità di evitare il danno.
Cassazione penale sez. VI, 20/01/2015, n.10130:
Non risponde del delitto di omissione di atti d’ufficio il medico che, durante il turno di guardia medica, anziché recarsi di persona a visitare il paziente che denuncia problemi respiratori, si limiti a prescrivere, telefonicamente, la terapia del caso, essendo egli arbitro della scelta di effettuare o meno la visita domiciliare.
Cassazione penale sez. VI, 27/09/2012, n.39745:
Integra il reato di rifiuto di atti di ufficio la condotta del medico di turno in ospedale che si rifiuta di effettuare una consulenza cardiologica urgente su un paziente ricoverato in altro reparto, sebbene più volte sollecitato ed informato dell’aggravarsi delle condizioni dello stesso.
Cassazione penale sez. un., 10/07/2002, n.30328:
Nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità, tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità, razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità, lesiva. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta legittimamente affermata la responsabilità di un sanitario per omicidio colposo dipendente dall’omissione di una corretta diagnosi, dovuta a negligenza e imperizia e del conseguente intervento che, se effettuato tempestivamente, avrebbe potuto salvare la vita del paziente).
Cassazione penale sez. IV, 02/10/2003, n.37473:
La prevedibilità consiste nella possibilità di prevedere l’evento che conseguirebbe al rischio non consentito e deve essere commisurata al parametro del modello di agente, dell'”homo eiusdem professionis et condicionis”, arricchito dalle eventuali maggiori conoscenze dell’agente concreto. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto legittima l’affermazione del giudice di merito circa la sussistenza della colpa grave di un ginecologo che, nell’alternativa aveva scelto la manovra di “disancoramento” del feto meno corretta e più rischiosa per far nascere il neonato, con conseguenti lesioni gravi di quest’ ultimo).
by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata