Omesso versamento dei contributi previdenziali: è illegittimo il decreto di sequestro preventivo eseguito sul patrimonio personale degli indagati se non risulta provato che le somme rinvenute sui conti correnti derivino dal risparmio contributivo.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 45538/2019, depositata l’08.11.2019, con la quale la Corte di Cassazione chiamata a scrutinare la legittimità del sequestro preventivo diretto disposto sulle somme di denaro rinvenute sui conti correnti e sui beni degli indagati, ha confermato il principio di diritto, oramai consolidato nella  giurisprudenza, secondo il quale la legittimità del vincolo ablatorio – qualificato come diretto ed eseguito sul patrimonio degli indagati – è subordinata alla prova della provenienza illecita delle somme e dei beni ritenuti profitto dell’attività criminosa compiuta con lo schermo societario.

L’imputazione e il doppio grado di giudizio.

Il Tribunale della Libertà di Gorizia giudicando in sede di rinvio da un precedente annullamento da parte della Corte di Cassazione, confermava il sequestro preventivo disposto dal Pubblico Ministero e convalidato dal Giudice per le indagini preliminari, finalizzato alla confisca delle somme di denaro e dei titoli di investimento degli indagati, che in qualità di amministratori e/o rappresentati di diritto e di fatto di società erano stati incolpati provvisoriamente del reato previsto e punito dall’art.316 cod. pen., in relazione all’omesso versamento dei contributi previdenziali obbligatori, realizzato da quattro società sotto forma di risparmio, cioè di minor esborso dei contributi obbligatori per un importo pari ad euro 3.600,00.

Il principio di diritto e il giudizio di legittimità.

Avverso la predetta ordinanza interponevano ricorso per cassazione gli indagati, censurando il provvedimento e denunciando vizio di legge sulla qualificazione giuridica del sequestro.

Il Supremo Collegio ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata con nuovo  rinvio al Collegio cautelare di Gorizia..

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento di particolare interesse per gli operatori di diritto.

(ii) I presupposti del sequestro diritto (sul patrimonio sociale) e quelli del sequestro per equivalente (sul patrimonio degli indagati).

“ In maniera puntuale e pertinente i ricorrenti hanno dedotto che, pur qualificando il sequestro eseguito come diretto e non per equivalente (secondo le indicazioni, peraltro, fornite dallo stesso giudice di legittimità in sede di annullamento con rinvio), il Tribunale ha erroneamente interpretato il principio, legittimandolo nei confronti di soggetti diversi dalle società commerciali che vanno individuate come i diretti percettori del profitto e senza fornire motivazione convincente dell’esistenza di prove di un nesso di derivazione da quest’ultimo, presumendo in definitiva che le somme sequestrate agli indagati provengano con certezza dall’attività svolta dalle società di riferimento (S.C.F. srl e I.S.O. C. S.r.l.). L’assunto appare corretto.”

Nel caso di reati che abbiano generato un profitto illecito a favore di una determinata persona giuridica, com’è quello in esame qualificato dal Tribunale ai sensi dell’art. 316 ter cod. pen. sotto forma di indebito risparmio di contributi previdenziali INPS consumato mediante presentazione di false auto certificazioni all’ente previdenziale, il sequestro diretto è quello avente ad oggetto il denaro o beni fungibili ricadenti nella disponibilità immediata della persona giuridica stessa o anche di terze persone, a condizione, tuttavia, che sia tracciabile in questo caso il processo di trasformazione del profitto stesso.

Dal decreto di sequestro del GIP del Tribunale di Gorizia emerge, del resto, che le citate società commerciali riconducibili ai ricorrenti sono direttamente accusate dell’illecito amministrativo di cui all’art. 24 ter d. Igs. n. 231 del 2001 in relazione ai vari reati ipotizzati (artt. 416, 640 commi 1 e 2 e 316 ter cod. pen.) e come anzidetto, la struttura del reato penale evidenzia che esse sono quelle ad avere beneficiato in via immediata delle condotte in addebito.

Quando è la persona giuridica a risultare formalmente beneficiaria del profitto del reato, derivante da condotta ascrivibile al suo legale rappresentante, così come avviene in reati di analoga struttura come quelli di natura tributaria < il sequestro preventivo funzionale alla confisca, nei confronti della società, è possibile solo sui beni su cui disporre la confisca diretta, previa individuazione del profitto del reato; in mancanza, è possibile il sequestro per equivalente dei beni dell’imputato> (Sez. 3, sent. n. 43816 del 01/12/2016, dep. 22/09/2017, DiFlorio, Rv. 271254).

Secondo i principi che informano l’ordinamento penale, è la persona fisica che commette materialmente il reato ma se lo commette in favore di una persona giuridica è questa a beneficiare del profitto, sicchè il sequestro diretto è quello eseguito nei confronti di quest’ultima, mentre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti dell’amministratore <può essere disposto nei confronti dello stesso solo quando, all’esito di una valutazione allo stato degli atti sullo stato patrimoniale della persona giuridica, risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato nei confronti dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato> (Sez. 4, sent. n. 10418 del 24/01/2018,Rubino, Rv. 272238).

Nei confronti degli amministratori della società si può, dunque, procedere al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente (da cui le reiterate doglianze dei ricorrenti sul punto) oppure alla confisca diretta del profitto del reato a condizione, però, che se ne dimostri il passaggio nella disponibilità degli amministratori.

(ii) L’errore nella qualificazione giuridica del sequestro compiuto Tribunale della Libertà cui è seguito l’annullamento:

Allora il Tribunale ha argomentato nel senso del carattere diretto nei confronti degli indagati, in quanto amministratori di diritto o di fatto di quelle società, della confisca cui il sequestro in atto è finalizzato, limitandosi sul punto a rilevare che “non v’è motivo per escludere che le somme sequestrate presso i conti correnti degli odierni indagati [provengano] proprio dall’attività sociale anzidetta, atteso altresì che non risulta configurabile alcuna fonte alternativa a siffatta provvista”.

L’argomentazione si atteggia, peraltro, a mera tautologia, a fronte di una fattispecie come quella in esame in cui il profitto è costituito dal mancato esborso periodico di somme di denaro in tesi d’accusa indebito e senza indicare elementi concreti atti a dimostrare che i beni fungibili sequestrati costituiscano il reimpiego del profitto di cui hanno beneficiato le società commerciali, come del resto indicato dalla stessa pronuncia di annullamento con rinvio (pag. 5 di Sez. 2 sent.n. 11475/15 Comentale e altri) con il richiamo espresso o implicito della copiosagiurisprudenza di legittimità sul punto (Sez. 6, sent. n. 7896 del 15/12/2017,dep. 2018, Zullo, Rv. 272482; Sez. 6, sent. n. 15923 del 26/03/2015, PM inproc. Antonelli e al., Rv. 263124; Sez. 6, sent. n. 21327 del 04/03/2015,Antonelli, Rv. 263482; Sez. 5, sent. n. 16008 del 12/02/2015, PM in proc. Capriottie al., Rv. 263702; Sez. 2, sent. n. 14600 del 12/03/2014, Ber Banca Spa,Rv. 260145; Sez. 6, sent. n. 11918 del 14/11/2013, dep. 2014, Rossi, Rv.262613).

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La norma incriminatrice

Art. 316 ter cod. pen.: indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato:

Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’articolo 640bis, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri.(4)

Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a tremilanovecentonovantanove euro e novantasei centesimi si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da cinquemilacentosessantaquattro euro a venticinquemilaottocentoventidue euro. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.

 

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Giurisprudenza di legittimità in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca.

Cassazione penale sez. VI, 15/12/2017, n.7896:

In tema di confisca disposta ai sensi dell’art. 322 ter cod. pen., il bene immobile costruito con l’immediato reimpiego del provento del delitto di malversazione ai danni dello Stato costituisce il “profitto” del reato e, pertanto, è suscettibile di confisca diretta e non per equivalente. (In motivazione, la Corte ha precisato che, qualora l’immobile sia stato realizzato solo in parte con il reimpiego delle somme provento del reato di cui all’art.316 bis, cod.pen., la confisca deve essere limitata all’importo delle somme illecitamente conseguite).

Cassazione penale sez. III, 01/12/2016, n.43816:

In caso di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca, nei confronti della società, è possibile solo sui beni su cui disporre la confisca diretta, previa individuazione del profitto del reato; in mancanza, è possibile il sequestro per equivalente dei beni dell’imputato.

Cassazione penale sez. VI, 26/03/2015, n.15923:

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta di somme di denaro che costituiscono profitto di reato può avere ad oggetto sia la somma fisicamente identificata in quella che è stata acquisita attraverso l’attività criminosa, sia una somma corrispondente al valore nominale di questa, quando sussistono indizi per i quali il denaro di provenienza illecita risulti depositato in banca ovvero investito in titoli, trattandosi di assicurare ciò che proviene dal reato e che si è cercato di occultare. (In motivazione, la S.C. ha precisato che il sequestro funzionale alla confisca diretta può colpire anche una somma corrispondente al valore nominale di quella illegalmente percepita, purché il denaro sequestrato sia comunque riferibile all’indagato e sussista il rapporto pertinenziale tra il numerario sottoposto a vincolo e il reato del quale esso costituisce il profitto illecito).

Cassazione penale sez. V, 12/02/2015, n.16008:

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato costituito da somme di denaro disponibili su un conto corrente bancario può avere ad oggetto sia la somma fisicamente identificata in quella che è stata acquisita attraverso l’attività criminosa, sia una somma corrispondente al valore nominale di questa, a condizione che vi siano indizi del deposito del denaro di provenienza illecita in banca, attesa l’esigenza di assicurare una diretta derivazione causale della “res” dall’attività del reo per evitare un’estensione indefinita della nozione di profitto tale da ricomprendere qualsiasi vantaggio patrimoniale indiretto o mediato che possa scaturire da un reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi il provvedimento con cui il Tribunale del riesame aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo di somme di denaro giacenti su un conto corrente bancario considerate profitto del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, dopo aver escluso l’esistenza di elementi dai quali inferire che le somme distratte fossero state accreditate su conti correnti bancari).

Cassazione penale sez. II, 12/03/2014, n.14600:

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del denaro, costituente il profitto del reato, può colpire sia la somma che si identifica proprio in quella che è stata acquisita attraverso l’attività criminosa sia la somma corrispondente al valore nominale, ovunque sia stata rinvenuta e comunque sia stata investita. (Fattispecie relativa al sequestro preventivo di denaro, titoli, valori, beni mobili, immobili ed altre utilità nella disponibilità di una banca, corrispondenti al prezzo del reato di “market abuse”, commesso dai legali rappresentati della banca medesima).

Cassazione penale sez. VI, 14/11/2013, n.11918:

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca prevista dall’art. 322 ter c.p., costituiscono “profitto” del reato anche gli impieghi redditizi del denaro di provenienza delittuosa e i beni in cui questo è trasformato, in quanto tali attività di impiego di trasformazione non possono impedire che venga sottoposto ad ablazione ciò che rappresenta l’obiettivo del reato posto in essere.

Cassazione penale sez. II, 06/11/2008, n.45389:

In tema di sequestro preventivo, nella nozione di profitto funzionale alla confisca rientrano non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell’illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell’attività criminosa.

By Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata