Per provare il reato di indebita compensazione occorre dimostrare la condotta decettiva del contribuente mediante l’avvenuta presentazione del modello F24.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 44737/2019, depositata il 05.11.2019, con la Suprema Corte chiamata a scrutinare una fattispecie di indebita compensazione per crediti non spettanti, ha annullato la sentenza impugnata, confermando il principio di diritto secondo il quale la consumazione del reato presuppone la fraudolenta presentazione dei modelli F24 nel corso dell’anno di imposta da parte del contribuente.
L’imputazione e il doppio grado di giudizio.
La Corte di appello di Bari confermava la penale responsabilità degli imputati tratti giudizio per il reati previsti e puniti dagli artt. 10 bis e quater d.lgs. 74/2000e condannati dal locale Tribunale.
In particolare all’amministratrice di fatto della società veniva contestata la condotta consistente nell’aver occultato le scritture contabili obbligatorie con finalità evasive, mentre all’amministratore di diritto era stato ascritto il solo delitto di indebita compensazione di imposte relative agli anni di imposta 2008 e 2009, assolvendolo dalla contestazione del medesimo reato in riferimento ad ulteriori anni di imposta, riferiti agli anni 2010, 2011 e 2012.
Il principio di diritto e il giudizio di legittimità.
Avverso la sentenza emessa dalla Corte distrettuale barese interponevano ricorso per cassazione gli imputati, presentando due diversi atti, censurando il provvedimento de quo con plurimi motivi di impugnazione per il cui corretto apprezzamento si rimanda alla lettura della sentenza in commento.
Il Supremo collegio ha dichiarato fondati i ricorsi, annullando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Bari per nuovo esame.
Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento di particolare interesse per gli operatori di diritto che si occupano della materia tributaria.
(i) La carenza della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’amministratore di diritto:
“La censura formulata dalla [omissis], circa la mancata considerazione, da parte di entrambi i giudici di merito, delle proprie doglianze in ordine alla mancanza di una sua partecipazione alla gestione della [omissis srl], di cui era solo formalmente la amministratrice, ma che era in realtà e di fatto gestita dal padre della ricorrente, come peraltro da questi riconosciuto, nonché a proposito della insufficienza delle condotte considerate per poter ritenere provata la sua partecipazione alla amministrazione di tale società, è fondata.
La Corte territoriale, nel disattendere il gravame della omissis, si è limitata a ribadire quanto osservato dal primo giudice, circa la valenza dimostrativa della effettiva partecipazione alla amministrazione della omissis, di cui la omissis era socia e legale rappresentante, sia della sua partecipazione alla deliberazione di trasferimento della sede sociale in Romania e ad un viaggio nella località presso la quale la sede sociale era stata trasferita, sia della mancata esibizione della documentazione contabile agli organi accertatori, omettendo di adeguatamente considerare quanto esposto nell’atto di impugnazione, circa la estraneità della imputata alla gestione della società, controllata dal padre, di cui essa si limitava a eseguire le direttive, come da quest’ultimo ammesso, oltre che dichiarato anche dal fratello della imputata.”
“Ora, a fronte delle censure sollevate con l’atto d’appello e delle ammissioni del coimputato omissis, padre della ricorrente, oltre che degli altri elementi allegati a sostegno della prospettazione difensiva, la Corte territoriale si è limitata a ribadire quanto esposto dal primo giudice, senza considerare quanto esposto nell’atto di impugnazione, sottolineando solamente gli elementi indicativi della partecipazione alla amministrazione già indicati dal primo giudice, di per sé soli insufficienti, alla luce degli elementi di segno contrario allegati dalla imputata, a dimostrare l’effettività di tale partecipazione, stante la necessità dell’intervento del socio e legale rappresentante alla deliberazione di trasferimento della sede e la scarsa significatività della partecipazione al viaggio in Romania, cosicché i giudici dell’impugnazione, a fronte dei rilievi sollevati con l’atto d’appello, avrebbero avuto l’onere di evidenziare e illustrare la valenza dimostrativa degli elementi indicativi di detta partecipazione e anche di confutare quelli di segno contrario allegati dalla ricorrente (tra cui il regolare e stabile svolgimento da diversi anni di lavoro dipendente come cassiera o commessa).
Ne consegue la sussistenza del vizio di motivazione su tale punto denunciato dalla ricorrente, che impone un nuovo esame di detto punto, previo annullamento con rinvio della sentenza impugnata.”
(ii) Il perfezionamento della condotta di indebita compensazione per contributi inesistenti e il principio di diritto enunciato:
“Va ricordato che la condotta del reato di cui all’art. 10 quater d.lgs. 74/2000 si caratterizza per il mancato versamento di somme dovute utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lgs. n. 241 del 1997, crediti non spettanti o inesistenti. Non è, dunque, sufficiente, a integrare il reato, un mancato versamento, ma occorre che lo stesso risulti, a monte, formalmente “giustificato” da una operata compensazione tra le somme dovute all’Erario e crediti verso il contribuente, in realtà non spettanti od inesistenti.
E’ del resto, proprio la condotta, necessaria, di compensazione ad esprimere la componente decettiva o di frode insita nella fattispecie e che rappresenta il quid pluris che differenzia il reato di cui all’art. 10 quater rispetto ad una fattispecie di semplice omesso versamento (così Sez. 3, n. 15236 del 16/01/2015, Chiarolla, Rv. 263051).
Il delitto di indebita compensazione si consuma, di conseguenza, al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale (così Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018, dep. 01/02/2019, Cappello, Rv. 274854).
“L’indebita compensazione deve, dunque, risultare dal modello F24 mediante il quale la stessa è stata realizzata, indicandovi, appunto in compensazione, crediti inesistenti o non spettanti, trattandosi dello strumento imposto dal legislatore tributario per poter eseguire le compensazioni tra debiti e crediti tributari, che, quindi, non possono che essere realizzate attraverso la presentazione di tale modello debitamente compilato, in difetto del quale non può dirsi sussistente una compensazione.
(iii) Il caso di specie e la mancanza di prova per la consumazione del reato:
Ciò posto, nel caso in esame l’esecuzione delle compensazioni ritenute indebite è stata desunta dalle annotazioni sul libro giornale, dalle dichiarazioni iva e dai versamenti d’imposta effettuati mediante i relativi modelli F24, senza dare atto, però, come necessario, della realizzazione delle compensazioni ritenute indebite nei corrispondenti modelli F24 via via presentati nel corso dell’anno d’imposta, cosicché, in difetto di tale accertamento, deve ritenersi mancante la prova in ordine alla effettuata compensazione, quale necessario presupposto del mancato versamento, posto che non si dà atto nella sentenza impugnata della effettuazione delle compensazioni nei modelli F24 presentati nel corso degli anni d’imposta 2008 e 2009 e che la prova della loro realizzazione è stata ricavata dalle annotazioni sul libro giornale e dalle dichiarazioni iva.”
Riferimenti normativi.
Art. 10 quater d.lgs. 74/2000, indebita compensazione:
- E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.
- E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.
Art. 10 bis d.lgs. 74/2000, omesso versamento di ritenute dovute o certificate:
- È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.
*****
Quadro giurisprudenziale in ordine al reato tributario di indebita compensazione di cui all’art 10 quater d.lgs. 74/2000:
Cassazione penale sez. III, 30/10/2018, n.8689:
Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, è configurabile, alla luce dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione previste dalle norme tributarie disposto dall’art. 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, sia nel caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa. (In motivazione la Corte ha precisato che la struttura “asimmetrica” del reato, in virtù della quale è incriminata l’artificiosa diminuzione dell’entità dell’imposta da versare, qualunque tributo o contributo sia opposto in compensazione, è del tutto compatibile con la ratio del d.lgs. n. 74 del 2000, che è diretto a sanzionare le violazioni, sia in materia di Iva, sia in tema di imposte sui redditi).
Cassazione penale sez. III, 21/09/2018, n.8075:
La persistente natura obbligatoria (e sanzionatoria) della confisca per equivalente comporta che, ai fini dell’adozione del sequestro preventivo, il giudice è tenuto esclusivamente ad accertare la astratta confiscabilità del bene, esulando dal suo orizzonte decisorio la volontà del contribuente di estinguere il debito, il fatto che lo stia pagando e la positiva prognosi di adempimento. Il fatto che il d.lg. n. 158 del 2015 abbia introdotto nuove cause di non punibilità per i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, d.lg. n. 74 del 2000 e rigide scansioni procedurali per il pagamento del debito tributario, non muta, infatti, la natura del sequestro, né della confisca in funzione della quale esso viene disposto, non essendo il giudice dotato al riguardo di alcuna discrezionalità, atteso che la natura e finalità del provvedimento da adottare non gliela attribuiscono.
Cassazione penale sez. III, 16/01/2015, n.15236:
In tema di omesso versamento di ritenute certificate realizzato mediante indebita compensazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 10 bis e 10 quater d.lg. n. 74 del 2000, essendo necessario, ai fini della configurabilità del reato, che il mancato versamento trovi apparente giustificazione proprio nella compensazione rivelatasi indebita, è da escludere la sussistenza dell’illecito in questione quando manchi la prova di detta condizione, come si verifica anche nel caso in cui sia stata totalmente omessa (quale che ne sia stata la ragione), la prescritta presentazione dei modelli F24 relativi ai versamenti mensili dell’imposta sul valore aggiunto.
Cassazione penale sez. III, 26/06/2014, n.3367:
Deve considerarsi credito tributario non spettante, ai fini di cui all’art. 10-quater del d.lg. n. 74 del 2000, quel credito che, pur certo nella sua esistenza ed ammontare sia, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabile (ovvero non più utilizzabile) in operazioni finanziarie di compensazione nei rapporti fra il contribuente e l’Erario (fattispecie relativa alla condanna del legale rappresentante di una srl che aveva omesso di versare all’erario imposte e contributi previdenziali, attraverso la compensazione dell’Iva maturata a suo credito nel medesimo anno d’imposta e dunque esigibile solo l’anno successivo).
Cassazione penale sez. II, 04/04/2014, n.22191:
Integra il reato di cui all’art. 10 quater d.lg. n. 74 del 2000, e non quello di truffa aggravata, il comportamento fraudolento di porre in compensazione, ex art. 17 d.lg. n. 241 del 1997, partite debitorie in favore del Fisco con crediti inesistenti, sussistendo tra le fattispecie un rapporto di specialità unilaterale.
Cassazione penale sez. III, 14/12/2011, n.7662:
In materia di violazione degli obblighi di versamento, il delitto di cui all’art. 10 quater del d.lg. n. 74/2000 – compensazione dei debiti d’imposta con crediti non spettanti o inesistenti – si perfeziona nel momento in cui viene operata la compensazione per un importo superiore alla soglia di punibilità pari a 50mila euro con riferimento al singolo periodo di imposta.
Cassazione penale sez. II, 20/05/2009, n.35968:
Integra il reato di cui all’art. 10 quater d.lg. n. 74 del 2000, e non quello di truffa aggravata, il comportamento fraudolento di porre in compensazione, ex art. 17 d.l.gs. n. 241 del 1997, partite debitorie in favore del Fisco con crediti inesistenti, sussistendo tra le fattispecie un rapporto di specialità unilaterale. (La Corte ha, altresì, statuito che, in riferimento al reato di cui all’art. 10 quater d.lg. n. 74 del 2000, la confisca per equivalente non si applica per i fatti commessi sino al 27 dicembre 2007, restando comunque applicabile la confisca facoltativa in riguardo al profitto che ne è derivato).
Quadro giurisprudenziale in materia di omesso versamento delle ritenute dovute o certificate:
Cassazione penale sez. III, 05/07/2018, n.49705
In tema di omesso versamento di ritenute certificate, ai fini della prova del rilascio delle certificazioni attestanti le ritenute operate, non è sufficiente la sola acquisizione della dichiarazione mod.770.
Cassazione penale sez. III, 07/06/2018, n.39211
In tema di omesso versamento di ritenute fiscali e IVA, l’inesigibilità di una condotta alternativa diversa da quella omissiva tenuta dall’imputato, in presenza di una grave situazione di crisi aziendale, richiede una prova specifica che va oltre quella della contingenza negativa in cui versava la società.
Cassazione penale , sez. un. , 22/03/2018 , n. 24782
Attesa la natura innovativa, e non interpretativa, delle modifiche apportate dal d.lg. n. 158/2015 all’art. 10bis d.lg. 74/2000 (che attualmente sanziona l’omesso versamento delle ritenute se indicate sia nella dichiarazione del sostituto, sia nelle certificazioni rilasciate ai sostituiti), ai fini della prova della responsabilità per il reato di omesso versamento delle ritenute, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore delle modifiche, non è di per sé sufficiente l’allegazione della attestazione (dichiarazione – c.d. modello 770) proveniente dal sostituto di imposta.
Cassazione penale , sez. III , 28/11/2017 , n. 10810
Le nuove soglie di punibilità previste per i reati di omesso versamento delle ritenute e dell’Iva hanno comportato un’abrogazione parziale dei due precedenti delitti, restringendone l’ambito applicativo. Di conseguenza, anche le condanne divenute definitive devono essere revocate. Così si è espressa la Cassazione per la quale, dunque, il fenomeno della abolitio criminis ex articolo 2, comma 2, del codice penale si applica non solo all’ articolo 10-bis del decreto legislativo 74/2000 per le omesse ritenute, ma anche all’articolo 10-ter che ha escluso la configurabilità del reato per gli omessi versamenti dell’acconto Iva sotto i 250mila euro. Il giudice di merito, invece, aveva ritenuto che le modifiche configurassero una successione di leggi penali nel tempo con applicazione del trattamento più favorevole al reo solo in assenza del passaggio in giudicato.
Cassazione penale , sez. III , 23/11/2017 , n. 6737
Per integrare il reato di cui all’art. 10 bis D.Lvo n. 74 del 2000 è sufficiente il dolo generico. Quest’ultimo, tuttavia, “proprio in quanto dolo, non può essere scisso dalla consapevolezza della illiceità della condotta che viene investita dalla volontà”.
Cassazione penale , sez. III , 23/11/2017 , n. 55486
Va rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione: se, ai fini dell’accertamento del reato di cui all’articolo 10 bis d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 nel testo anteriore all’entrata in vigore dell’articolo 7, primo comma, lettera b), d.lgs. 24 settembre 2015 n. 158, per integrare la prova dell’avvenuta consegna ai sostituti d’imposta delle certificazioni delle ritenute fiscali possa essere sufficiente la dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro oppure occorrano allo scopo ulteriori elementi probatori.
Cassazione penale sez. III 12/07/2017 n. 3647
In tema di reati tributari, il delitto di omesso versamento di ritenute dovute o certificate di cui all’art. 10-bis del d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 differisce da quello previsto dall’art. 10-ter del medesimo d.lgs. per l’oggetto, che solo nel primo caso è costituito da somme già nella disponibilità del debitore; ne consegue che, in caso di carenza di liquidità di impresa, se l’omesso versamento dell’iva può astrattamente derivare dall’inadempimento altrui, l’impossibilità di adempiere all’obbligazione di versamento delle ritenute non può essere giustificata, ai sensi dell’ art. 45 cod. pen. , dalla insolvenza dei debitori, essendo di pertinenza del sostituto d’imposta la decisione di distrarre a scopi diversi le somme di denaro dovute all’erario.
Cassazione penale sez. III 11/05/2017 n. 34362
La modifica dell’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 ad opera dell’art. 7, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 158 del 2015, che ha escluso la rilevanza penale dell’omesso versamento di ritenute dovute o certificate sino all’ammontare di E. 150.000,00, ha determinato una “abolitio criminis” parziale con riferimento alle condotte aventi ad oggetto somme pari o inferiori a detto importo, commesse in epoca antecedente.
Cassazione penale sez. III 16/12/2016 n. 23784
In tema di reati tributari, la competenza per territorio per il delitto di omesso versamento delle certificate ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti (art. 10-bis D.Lgs. n. 74 del 2000) appartiene al giudice del luogo dove si compie, alla scadenza del termine previsto, l’omissione di cui al precetto normativo, luogo che di regola corrisponde, per le società, a quello in cui si trova la sede effettiva dell’impresa, intesa come centro della prevalente attività amministrativa e direttiva di organizzazione, coincidente o meno con la sede legale. (In motivazione, la S.C. – annullando la decisione di merito che, ritenendo erroneamente di dover applicare la regola fissata dall’art. 1182 cod. civ., aveva affermato la competenza del giudice del territorio ove era sita la Direzione provinciale della Agenzia delle Entrate destinataria del pagamento omesso – ha osservato che le fattispecie di cui agli artt. 10-bis e 10-ter, in quanto non comprese nei reati di cui al capo I del titolo II del D.Lgs. n. 74 del 2000, non partecipano della speciale disciplina della competenza a questi ultimi riservata dal secondo comma dell’art. 18 dello stesso decreto).
Cassazione penale sez. III 26/10/2016 n. 6591
In tema di reati tributari, va esclusa la configurabilità del delitto di omesso versamento delle ritenute d’imposta dovute e certificate, in presenza di una transazione fiscale concordata ai sensi dell’art. 182-ter legge fallimentare, ove omologata prima della consumazione del reato coincidente con la data di scadenza prevista per il versamento omesso. (In motivazione, la S.C. ha osservato che l’accordo transattivo tempestivamente omologato muta gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 10-bis D.Lgs. n. 74 del 2000, incidendo sia sul termine di pagamento, che può essere dilazionato ovvero frazionato in più rate, sia sull’importo stesso del tributo che, nel caso di imposte diverse dall’Iva e di quelle armonizzate, può essere addirittura ridotto per effetto dell’accordo, con eventuale rimodulazione del debito al di sotto della soglia di punibilità; di modo che il titolo di pagamento non è più costituito dalla dichiarazione annuale di sostituto di imposta o dai certificati rilasciati ai sostituiti, bensì dalla transazione fiscale, il cui eventuale successivo inadempimento comporta la revoca della transazione stessa, ma non anche la reviviscenza del reato).
Cassazione penale sez. III 28 /04/2016 n. 21987
In tema di reati tributari, il liquidatore di società risponde del delitto di omesso versamento delle ritenute certificate, previsto dall’art. 10-bis del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non per il mero fatto del mancato pagamento, con le attività di liquidazione, delle imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, ma solo qualora distragga l’attivo della società in liquidazione dal fine di pagamento delle imposte e lo destini a scopi differenti. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che tali conclusioni sono imposte dalle limitazioni fissate, dall’art.36 del d.P.R. 602 del 1973, alla responsabilità in proprio del liquidatore, che sussiste solo qualora egli non provi di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci e creditori ovvero di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari).
By Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata