La posizione di garanzia assunta dal datore di lavoro non determina la punibilità a titolo di responsabilità oggettiva perché deve essere sempre e debitamente motivata la relazione causale tra la colpa ascritta al soggetto attivo del reato e l’evento avverso subito dall’operaio.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n.43652/2019, con la quale la Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna emessa nei confronti del datore di lavoro, tratto a giudizio per rispondere del reato di lesioni colpose aggravate riportate dal lavoratore, ravvisando carenza motivazione nella sentenza della Corte territoriale sul tema della colpevolezza.

L’incidente sul lavoro, la contestazione penale e il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Ancona confermava la penale responsabilità dell’imputato (riducendo la pena inflitta in primo grado) tratto a giudizio per il reato di lesioni personali colpose consistite in “folgorazione durante il lavoro con frattura pluriframmentaria della testa dell’omero destro, ustioni alla mano destra, contusione con ematoma alla palpebra sinistra”, cagionate al lavoratore dipendente per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia,  aggravate dalla violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, segnatamente relative agli artt. 80 e 37 del d.lgs. 81/2008, avendo il giudicabile, in qualità di datore di lavoro, omesso di eseguire valutazioni sul rischio elettrico dei luoghi di lavoro e non fornendo adeguata formazione agli operatori addetti ai lavori su impianti elettrici.

Il principio di diritto e il giudizio di legittimità.

Il Supremo Collegio ha accolto il ricorso nella parte in cui veniva censurata carenza di motivazione sul tema della colpa annullando, per l’effetto, la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello perugina.

In punto di diritto si riportano i passaggi della motivazione che affrontano il tema delle posizione di garanzia assunta dal datore di lavoro e la colpa efficiente a radicare la sua penale responsabilità.

(i) La necessaria valutazione della componente soggettiva della condotta:

Il secondo e il quarto motivo colgono nel segno in quanto propongono correttamente un rilevante profilo eziologico che involge in particolare il terna della c.d. causalità della colpa, ovvero il profilo più squisitamente personale che va individuato nella capacità soggettiva dell’agente di osservare la regola cautelare, nella concreta possibilità di pretenderne l’osservanza ovvero nella esigibilità del comportamento dovuto.

Si rammenta che, secondo la giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 43966 del 06/11/2009, Rv. 245526), la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza dei verificarsi dell’evento un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante imponendo il principio di colpevolezza la verifica, in concreto, sia della sussistenza della violazione, da parte del garante, di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (c.d. concretizzazione dei rischi) sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso.

In quest’ottica va inoltre sottolineato che la responsabilità colposa non si estende a tutti gli eventi che comunque siano derivati dalla violazione della norma ma è limitata ai risultati che la norma stessa mira a prevenire. Tale esigenza conferma l’importante ruolo della prevedibilità ed evitabilità nella individuazione delle norme cautelari alla cui stregua va compiuto il giudizio ai fini della configurazione del profilo soggettivo della colpa. Occorre identificare una norma specifica avente natura cautelare posta a presidio della verificazione di un altrettanto specifico evento sulla base delle conoscenze che all’epoca della creazione della regola consentivano di porre la relazione causale tra condotte e risultati temuti e di individuare le misure atte a scongiurare o attenuare rischio.”

 (ii) Il giudizio di “contraffuale” sulla colpa se contestata nella forma dell’omissione:

Inoltre il profilo causale della colpa più strettamente aderente al rimprovero personale implica che l’indicato nesso eziologico non si configura quando una condotta appropriata (ii cd. comportamento alternativo lecito) non avrebbe comunque evitato l’evento. In tema di reati colposi l’addebito soggettivo dell’evento richiede non solo che l’evento dannoso sia prevedibile ma altresì che lo stesso sia evitabile dall’agente con l’adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (comportamento alternativo lecito) non potendo essere ascritta per colpa un evento che, con una valutazione ex ante non avrebbe potuto comunque essere evitato (Sez. 4, n. 16761 dell’11/03/2010, Rv. 247017).”

“Si ritiene infatti, del tutto condivisibilmente„ che non sarebbe razionale pretendere, fondando poi un giudizio di rimbroverabilità, un comportamento che sarebbe comunque inidoneo ad evitare l’evento antigiuridico. Tale assunto rende evidente la stretta connessione esistente tra le problematiche della colpa e quelle sull’imputazione causale atteso che molto spesso le valutazioni che riguardano lo sviluppo causale si riverberano sui giudizio di evitabilità in concreto.

Orbene, ciò posto, la Corte distrettuale, investita del compito di analizzare i profili causali dedotti dal ricorrente, avrebbe dovuto adeguatamente rispondere al cruciale quesito se in presenza di una condotta così improvvisa ed estemporanea come quella posta in essere dal dipendente omissis, caratterizzata anche dal mancato utilizzo del tester di cui aveva la disponibilità, ed attribuita ad un suo eccesso di sicurezza, i comportamento rispettoso della normativa sulla sicurezza sul lavoro da parte dei datore di lavoro avrebbe potuto realmente condurre a scongiurare l’evento lesivo o lo avrebbe determinato con modalità significativamente meno dirompenti tanto da incure a ritenere ragionevolmente che le lesioni non ne sarebbero conseguite

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Riferimento normativo.

Art. 80 d.lgs. 81/2008, obblighi del datore di lavoro:

  1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché i lavoratori siano salvaguardati dai tutti i rischi di natura elettrica connessi all’impiego dei materiali, delle apparecchiature e degli impianti elettrici messi a loro disposizione ed, in particolare, da quelli derivanti da (1) :
  2. a) contatti elettrici diretti;
  3. b) contatti elettrici indiretti;
  4. c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni;
  5. d) innesco di esplosioni;
  6. e) fulminazione diretta ed indiretta;
  7. f) sovratensioni;
  8. g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
  9. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei rischi di cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione:
  10. a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi comprese eventuali interferenze;
  11. b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;
  12. c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
  13. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di lavoro adotta le misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti, ad individuare i dispositivi di protezione collettivi ed individuali necessari alla conduzione in sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la permanenza del livello di sicurezza raggiunto con l’adozione delle misure di cui al comma 1.

3-bis. Il datore di lavoro prende, altresì, le misure necessarie affinché le procedure di uso e manutenzione di cui al comma 3 siano predisposte ed attuate tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni contenute nei manuali d’uso e manutenzione delle apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di quelle indicate nelle pertinenti norme tecniche.

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Giurisprudenza di legittimità in tema di posizione di garanzia sul rischio incolumità per il lavoratore.

Cassazione penale sez. IV, 15/05/2019, n.26898:

In materia di infortuni sul lavoro, è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore il committente che affidi lavori edili in economia ad un lavoratore autonomo senza averne previamente verificato l’idoneità tecnico-professionale, in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la responsabilità del committente che aveva affidato lavori edili ad un soggetto svolgente una diversa attività lavorativa, che si era avvalso della collaborazione del proprio padre, il quale, durante i lavori, svolti non in sicurezza, era deceduto a seguito della caduta da una scala).

Cassazione penale sez. IV, 08/05/2019, n.27787:

In tema di prevenzione di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro deve non solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da seguire a tale scopo, ma anche, e soprattutto, controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale tentazione di trascurarle.(Fattispecie relativa a responsabilità del datore di lavoro, che aveva colposamente cagionato la morte di un lavoratore impiegato in attività di taglio di piante in assenza di adeguata formazione, nonostante l’inesperienza e la carenza di conoscenze tecniche del lavoratore nel settore di riferimento).

Cassazione penale sez. IV, 10/01/2018, n.7188:

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini. (In applicazione di tale principio, la Corte – con riferimento a una fattispecie in cui i lavori appaltati erano stati oggetto di una catena di subappalti – ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto la responsabilità a titolo di lesioni colpose del primo appaltatore, per avere omesso di vigilare sull’adozione, da parte dell’ultimo subappaltatore della catena, di presidi anticaduta nel vano acensore in cui si era verificato l’infortunio, la cui mancanza era stata rilevata tre giorni prima dell’incidente dal coordinatore della sicurezza nominato dal primo committente).

Cassazione penale sez. IV, 15/07/2015, n.44131:

Ai fini della configurazione della responsabilità colposa del committente occorre verificare, in concreto, quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo.

Cassazione penale sez. IV, 17/05/2012, n.34747:

In tema di prevenzione di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro deve non solo predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da seguire a tale scopo ma anche e soprattutto controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori, di guisa che sia evitata la superficiale tentazione di trascurarle. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha confermato la responsabilità di due soci-amministratori di una s.n.c. che, in qualità di datori di lavoro, avevano colposamente cagionato la morte di un lavoratore, il quale aveva eseguito la verifica di funzionamento di un impianto di luminarie con strumenti pericolosi, in assenza di misure di sicurezza specificamente previste ed in difetto dell’attività di vigilanza necessaria ad accertare che il detto lavoratore facesse uso durante le lavorazioni dei guanti isolanti).

Cassazione penale sez. IV, 12/03/2010, n.16761:

In assenza di leggi scientifiche che consentano di formulare previsioni sullo sviluppo di eventi naturali calamitosi, ai fini dell’accertamento dell’elemento soggettivo del reato di omicidio colposo, il giudizio relativo alla prevedibilità dell’evento va compiuto, piuttosto che secondo criteri di elevata credibilità razionale, in relazione alla concreta possibilità che esso possa verificarsi e tenendo conto della natura e delle dimensioni di eventi analoghi già storicamente riscontrati e valutando altresì se possa essere esclusa la possibilità che questi eventi possano presentare dimensioni e caratteristiche più gravi o addirittura catastrofiche.

By Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata