Per la Cassazione vanno confermati gli arresti domiciliari se è attuale è concreta la possibile commissione di ulteriori reati tributari da parte dell’indagata anche diversi rispetto a quello per il quale è stata emessa la misura cautelare
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 47832/2019 – depositata il 25.11.2019, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione pronunciatasi in materia cautelare in esito al ricorso di legittimità interposto da una professionista.
L’incolpazione provvisoria e la fase cautelare di merito.
Il Tribunale della Libertà di Brescia, confermava il provvedimento con il quale il Gip in sede aveva applicato all’indagata la misura cautelare degli arresti domiciliari in ragione dei gravi indizi di colpevolezza su di lei gravanti in ordine al reato di cui all’art. 10-quater del dlgs n. 74 del 2000 per avere quella, in concorso con altri (fra i quali il marito, il quale era il gestore di fatto, unitamente alla Gina, di uno studio di consulenza commerciale e tributaria denominato – omissis -), partecipato ad un’attività delittuosa consistente nella promozione di finanziamenti societari realizzati attraverso il conferimento di crediti Iva inesistenti vantati da una società denominata – omissis – attraverso l’accollo di debiti tributari da questa operati, debito da compensare con i predetti crediti inesistenti.
Il ricorso per cassazione.
Contro l’ordinanza confermativa della misura veniva proposto ricorso per cassazione per denunciare la mancanza degli indizi di colpevolezza e l’assenza della ritenuta esigenza cautelare volta ad evitare la reiterazione del reato.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, specificando, nella parte motiva di seguito riportata, le ragioni del ritenuto pericolo di reiterazione di reati della stessa specie:
“rileva la Corte la manifesta infondatezza della censura formulata dalla difesa della indagata.
Va, infatti, detto che il Tribunale del riesame, e prima di esso il Gip del Tribunale di Brescia, hanno desunto la esistenza delle esigenze cautelari poste a base della adozione della misura restrittiva domiciliare a carico della indagata in funzione della esistenza di un “sistema criminale perfettamente organizzato e di un meccanismo ampiamente collaudato, destinato a ripetersi innumerevoli volte”, cui era asservita la intera struttura operativa dello Studio dati [omissis].
Ciò posto, rileva il Collegio che, a fronte di tale organizzazione, funzionalmente e stabilmente, secondo gli elementi sino a questo momento emersi, dedita a reati tributari caratterizzati dalla frode in danno dell’Erario, posti in essere attraverso la callida utilizzazione di strumenti giuridici apparentemente leciti, sebbene viziati nei loro presupposti materiali, organizzazione della quale la indagata, stante la condizione di impossibilità cui è sottoposto il marito, a sua volta destinatario di misure restrittive della libertà personale, è attualmente magna pars, del tutto correttamente i giudici della cautela hanno ritenuto sussistente il pericolo della recidivanza specifica.
In particolare correttamente il Tribunale di Brescia ha ritenuto, al riguardo, non determinante il contenuto della ricordata risoluzione della Agenzia delle Entrate, essendo, infatti, sul punto condivisibile l’argomentazione svolta in sede di merito in ordine alla concreta ed attuale possibilità che la indagata possa utilizzare la predetta organizzazione e la indubbia professionalità che sottende ad essa, per la realizzazione di reati certamente aventi un modus operandi evidentemente diverso da quelli per cui si procede, ma, per altro verso appartenenti al medesimo genus dei reati tributari (o comunque per i quali il soggetto passivo è da individuarsi in un soggetto pubblico) realizzati mediante frode.
Va, infatti, ricordato che la giurisprudenza di questa Corte, come per altro lo stesso Tribunale di Brescia ha rilevato, ha da tempo chiarito che la esigenza cautelare che la misura intende tutelare allorché il legislatore richiama il concetto di delitti della stessa specie di quello per cui si proced/ non deve intendersi riferita alla sola reiterazione del medesimo reato (Corte di cassazione, Sezione V penale, 2 gennaio 2019, n. 70) oggetto di indagini, ma deve intendersi estesa a tutti quegli illeciti – i quali consentano in linea astratta la adozione della misura di volta in volta in questione – che (vuoi per tipologia del bene-interesse tutelato, vuoi per le modalità operative) presentino quella che è stata icasticamente definita “uguaglianza di natura” rispetto ai reati ancora sub iudice (Corte di cassazione, Sezione V penale, 9 dicembre 2016, n. 52301)”.
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