Risponde di omicidio colposo il lavoratore impegnato su strada che provoca l’incidente per la ridotta velocità del mezzo meccanico su cui opera.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.48757/2019, depositata il 02.12.2019, con la quale la Suprema Corte ha confermato la penale responsabilità del giudicabile – capo cantoniere – tratto a giudizio per aver cagionato la morte di un motociclista operando nell’esercizio delle sue mansione di capo cantoniere senza rispettare la disciplina di settore che regolamenta gli interventi su strade pubbliche.

L’incidente, la contestazione penale e il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Bologna confermava la penale responsabilità dell’imputato  tratto a giudizio per il reato di omicidio colposo per aver cagionato la morte dell’utente della strada, in quanto, alla guida di un autocarro, intento nella ricerca della carcassa di una volpe, posizionata sotto il guard-rail, nell’espletamento delle sue mansioni di lavoro, creava una situazione di assoluto pericolo per la circolazione, con colpa consistita nel non aver messo in sicurezza il tratto di strada oggetto dell’intervento, in violazione del punto 12 d.m. 10 luglio 2002, dell’art. 21 cod. strada e del documento dei rischi dell’A.n.a.s., nell’aver viaggiato a velocità ridottissima (circa 5 o 8 km/h), accesi i lampeggianti, nella corsia di sorpasso di una super-strada, in modo da intralciare il normale flusso della circolazione, anche in considerazione della visibilità ridotta, a causa del traffico, nella normale corsia di marcia, nel non aver segnalato ai suoi superiori l’impossibilità di effettuare correttamente l’operazione da solo, così da provocare il violento tamponamento da parte del motociclista, il quale, mentre viaggiava regolarmente, rispettando i limiti di velocità, sebbene probabilmente ad una distanza dal veicolo che lo precedeva tale da non consentirgli la completa visuale della strada, si trovava improvvisamene sulla sua traiettoria, nel sorpassare un autotreno, un altro veicolo, senza poterlo evitare

L’impugnazione, il giudizio di legittimità ed i principi di diritto:

Contro la sentenza resa in grado di appello la difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione articolando plurimi motivi di impugnazione denunciando, per quanto di interesse, l’assenza di colpa e l’omessa motivazione sul denegato riconoscimento della causa di giustificazione dell’adempimento di un dovere.

Il Supremo Collegio ha accolto rigettato il ricorso con ogni provvedimento consequenziale.

In punto di diritto si riportano i passaggi della motivazione che affrontano il tema della colpa del lavoratore e della inapplicabilità della scriminante di cui all’art. 51 cod. pen.

(i) La responsabilità colposa dovuta alla ridotta velocità fonte di pericolo per gli utenti della strada:

le sentenze di primo e secondo grado hanno fatto corretta applicazione del principio secondo cui, nella circolazione su autostrada o superstrade, caratterizzata da specifiche esigenze di celerità e scioltezza del traffico, il conducente, pur conservando il non contestabile diritto di rallentare la velocità a seconda delle sue personali esigenze, non può, tuttavia, abusare di tale facoltà sino a rasentare la fermata, allorché le condizioni del traffico, della strada e della visibilità sconsiglino un tale comportamento (Sez. 4 n. 11507 del 24/03/1988 ud., dep.28/11/1988, Rv. 179808 – 01). Al contrario il ricorrente ha posto in essere, in modo imprudente, l’intervento programmato, percorrendo ad una velocità prossima a quella di fermata la corsia di sorpasso dell’autostrada, senza, peraltro, adottare sufficienti accorgimenti per neutralizzare il pericolo così creato”.

(ii) L’inapplicabilità della scriminate dell’adempimento del dovere.

“la scriminante relativa all’adempimento di un dovere, prevista dall’art. 51 cod. pen., è configurabile nel caso in cui la condotta dell’agente derivi dall’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline imposta da direttive o disposizioni superiori, mentre la stessa non può essere riconosciuta, quando la condotta sia caratterizzata da un atteggiamento di negligenza o imprudenza (Sez. 4, n. 53150 del 28/09/2017 ud. – dep. 22/11/2017, Rv. 271364 – 01), come accaduto nel caso di specie e come i giudici di merito hanno evidenziato, sicché la risposta alla censura in esame si desume, sia pure implicitamente, dalla motivazione della sentenza, tenuto conto dei limiti della scriminate invocata”.

By Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata