Se fallisce la società l’avvenuta restituzione ai soci di somme da loro versate a titolo di mutuo integra l’ipotesi di bancarotta preferenziale e non quella di bancarotta fraudolenta per distrazione.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n.49136/2019 – depositata il 03.12.2019, con la quale la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata per carenza di motivazione sulla qualificazione giuridica da attribuire alla restituzione somme in favore dei soci contestata dall’ufficio del PM e ritenuta dai giudici di merito – senza fornire adeguata motivazione – come integrante una ipotesi di bancarotta fraudolenta per distrazione.
L’imputazione ed il doppio grado di merito.
La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava la decisione del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale in sede, con la quale è stata affermata la responsabilità penale dell’imputato per i reati di bancarotta impropria, patrimoniale e documentale, e per aggravamento del dissesto di una società di capitali dichiarata fallita nel mese di ottobre 2011.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Contro la sentenza della Corte territoriale la difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione articolando plurimi motivi di gravame per denunciare altrettanti vizi di legge e di motivazione.
La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso impingente la qualificazione giuridica del reato connesso alla restituzione di somme ai soci che nella “doppia conforme” di merito era stato sussunto nella fattispecie di bancarotta fraudolenta per distrazione da reato societario.
Con la sentenza in commento veniva annullato, altresì, il capo di sentenza afferente la durata delle pene accessorie sulla scorta della recente giurisprudenza costituzionale e di legittimità.
Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento che affrontano il tema del regime civilistico (e della relativa interpretazione giurisprudenziale) e dei conseguenti riflessi penali legati alla distinzione tra versamenti in conto capitale e finanziamenti a titolo di mutuo:
“E’ stato, difatti, esaustivamente affermato come la restituzione ai soci dei versamenti in conto capitale (o “in conto futuro aumento di capitale”) integra la bancarotta fraudolenta per distrazione, ai sensi degli artt. 223, comma 1 e 216, comma 1, n. 1 I. fall. e non il delitto di bancarotta fraudolenta da reato societario, previsto dal combinato disposto degli artt. 223, comma 2, n. 1 I. fall. e 2626 cod. civ. (indebita restituzione dei conferimenti), in quanto detti versamenti, confluendo in un’apposita riserva, non incrementano immediatamente il capitale sociale e, diversamente dai conferimenti, non attribuiscono alle somme che ne formano oggetto lo statuto penalistico proprio del capitale sociale (Sez. 5, n.8431 del 01/02/2019, Vesprini, Rv. 276031), con l’ulteriore precisazione per cui, al contrario, il prelievo di somme, quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo, integra la fattispecie di bancarotta preferenziale (ibidem, Sez. 5, n.8431 del 2019, Rv. 276031).
Siffatto assetto fonda sull’analisi della consolidata giurisprudenza delle Sezioni civili di questa Corte, rassegnata nella sentenza Vesprini richiamata, che ha evidenziato come «i versamenti operati dai soci in conto capitale (o con altra analoga dizione indicati), pur non incrementando immediatamente il capitale sociale, e pur non attribuendo alle relative somme la condizione giuridica propria del capitale (onde non occorre che siano conseguenti ad una specifica deliberazione assembleare di aumento dello stesso), hanno tuttavia una causa che, di norma, è diversa da quella del mutuo ed è assimilabile a quella del capitale di rischio, sicché non danno luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società, e possono essere chiesti dai soci in restituzione solo per effetto dello scioglimento della società, e nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione, fermo restando che tra la società ed i soci può viceversa essere convenuta l’erogazione di capitale di credito, anziché di rischio, e che i soci possono effettuare versamenti in favore della società a titolo di mutuo (con o senza interessi), riservandosi in tal modo il diritto alla restituzione anche durante la vita della società (Sez. civ. 1, n. 7692 del 31/03/2006, Rv. 588234; conf., ex plw.imis, Sez. civ. 1, n. 25585 del 03/12/2014, Rv. 633810; Sez. civ. 1, n. 2758 del 23/02/2012, Rv. 621560; Sez. civ. 1, n 21563 del 13/08/2008, Rv. 605073): pertanto, l’erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva “in conto capitale” (o altre simili denominazioni), versamento, quest’ultimo, che non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale resichicd claiinini (Sez. civ. 1, n. 24861 del 09/12/2015, Rv. 637899)».
Se ne è tratto il rilievo per cui «nella materia penale-fallimentare, il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con altra analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale (in questo senso, Sez. 5, n. 14908 del 07/03/2008, Frigerio, Rv. 239487, che ha qualificato in termini di bancarotta preferenziale la restituzione di finanziamenti che, non avendo «natura di conferimenti di capitale di rischio», «rappresentano il sorgere di un effettivo ed esigibile credito (chirografario) in capo ai soci, senza che da ciò consegua effettivo depauperamento dell’asse patrimoniale»; nella stessa prospettiva, Sez. 5, n. 13318 del 14/02/2013, Viale, Rv. 254985)».
E’ stato, in particolare, evidenziato – con argomentazione rilevante nel caso in disamina – come, al fine di escludere la configurazione del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione in relazione al prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale, si sia richiamata la fattispecie di cui all’art. 2626 cod. civ., ritenuta applicabile anche ai finanziamenti in conto capitale effettuati durante la vita della società alla stregua di una un’interpretazione estensiva della nozione di “conferimento” di cui all’indicata disposizione, interpretazione resa possibile – con la conseguente sussumibilità del caso in esame nella figura della bancarotta “da reato societario” ex artt. 223, secondo comma, n. 1), I. fall. e, appunto, 2626 cod. civ. – dal «fatto che la postergazione – sebbene non comporti una riqualificazione ope legis dei crediti – ne assimila in tutto e per tutto la disciplina ai conferimenti in conto capitale, non incidendo semplicemente sulla loro graduazione» (Sez. 5, n. 42568 del 19/06/2018, Esposito, sostanzialmente in linea con Sez. 5, n. 11210 del 15/11/1993, Callegaro, Rv. 196458, secondo cui integra il delitto di illegittima restituzione di conferimenti, previsto – nella disciplina all’epoca vigente – dall’art. 2623, n. 2 cod. civ., la condotta dell’amministratore della società che restituisca somme di danaro ai soci che le abbiano versate in conto capitale, in seguito ad una deliberazione dell’assemblea, in assenza dei presupposti dell’esuberanza in riferimento al conseguimento dell’oggetto sociale e del rispetto delle garanzie previste dall’art. 2445 cod. civ.).
E siffatta opzione ermeneutica è stata argomentativamente esclusa, ritenendo come l’interpretazione estensiva dell’art. 2626 cod. civ. si risolva in un’analogia in malam partem, valorizzando il regime giuridico dei versamenti in conto capitale, non imputati a capitale ma confluiti in un’apposita riserva, con conseguente “esclusione della riferibilità anche ai versamenti in esame dello statuto penalistico a tutela del capitale sociale”, alla luce della giurisprudenza civile che valorizza come i versamenti dei soci in conto capitale abbiano, di regola, causa diversa da quella del mutuo e assimilabile a quella del capitale di rischio, escludendo l’insorgenza di crediti esigibili nel corso della vita della società, con conseguente non configurabilità della bancarotta preferenziale in riferimento ai prelievi volti alla loro restituzione.
Di guisa che «la – mera – “assimilabilità” al capitale di rischio dei versamenti in conto capitale conduce, sul terreno penalistico, ad escludere che essi possano essere ricondotti nella nozione di “conferimento” a norma dell’art. 2626 cod. civ. e che, dunque, la loro restituzione possa integrare la fattispecie di indebita restituzione dei conferimenti e quella di bancarotta “da reato societario”», mentre il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale deve essere qualificato in termini di distrazione, nell’ampia definizione della condotta materiale declinata dalle massime di orientamento di questa Corte (Sez. 5, n. 44891 del 09/10/2008, Quattrocchi, Rv. 241830; ex plurimis, Sez. 5, n. 30830 del 05/06/2014, Di Febo, Rv. 260486) e nella prospettiva che assegna alla nozione di distrazione una funzione anche “residuale” (Sez. 5, n. 8755 del 23/03/1988, Fabbri, Rv. 179047; conf. Sez. 5, n. 7359 del 24/05/1984, Pompeo, Rv. 165673).
In riferimento agli indicatori rilevanti al fine di distinguere le due diverse tipologie di versamenti, se a titolo di mutuo ovvero di apporto al patrimonio dell’impresa collettiva, la sentenza Vesprini richiama all’interpretazione della volontà delle parti, secondo i criteri enunciati dalla giurisprudenza civile (Sez. civ. 1, n. 7692 del 31/03/2006, cit.; Sez. civ. 1, n. 15035 del 08/06/2018, Rv. 649557), ribadendo la necessaria ricostruzione della natura del versamento il cui prelievo si contesta, al fine della corretta qualificazione del fatto.
A siffatti principi non risultano essersi conformate le sentenze di merito. Già con l’atto di appello, l’imputato aveva dedotto come l’operazione contestata sub b) fosse stata qualificata a termini dell’art. 2497 cod. civ.(restituzione finanziamento soci), norma non evocata dal disposto dell’art. 223, comma 2 n. 1 I. fall.; rilievo al quale la Corte, a fonte di una contestazione esplicitamente riferita a “operazioni di restituzione di conferimenti”, ha replicato mediante l’improprio – ed anodino quanto all’argomentazione – richiamo all’art. 2626 cod. civ., omettendo di affrontare il tema, potenzialmente idoneo, alla luce della giurisprudenza richiamata, ad attribuire alle erogazioni dei soci natura di mutuo e non di conferimenti in conto capitale e, in questa prospettiva, al prelievo operato dall’imputato (ovvero a una parte di esso) natura di bancarotta preferenziale con conseguente sussistenza del vizio denunciato”.
by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata
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