La distrazione di somme dal patrimonio sociale integra il reato di riciclaggio anche se la disposizione patrimoniale estranea agli scopi sociali interviene prima della dichiarazione di fallimento.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 51535/2019 – depositata il 20.12.2019 resa dalla II Sezione penale della Corte di Cassazione con la quale il Collegio del diritt, dando continuità ad un orientamento giurisprudenziale consolidato, ha ritenuto sussistente l’ipotesi di reato prevista e punita dall’art. 648 bis cod. pen. elevata a carico dell’amministratore di fatto di una società di capitali che secondo quanto accertato nel processo di merito aveva distratto la somma di € 60.000 dal capitale sociale a fronte di una fattura emessa da altra persona giuridica per operazioni inesistenti.

La difesa dell’imputato, tratto a giudizio nella qualità di amministratore di fatto della società, con un primo motivo di legittimità aveva denunciato vizio di legge e di motivazione della sentenza emessa dalla Corte di appello di Brescia, ventilando l’assenza del reato presupposto per essere la società stata dichiarata fallita solo in epoca successiva alla esecuzione della disposizione patrimoniale.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso statuendo sul punto della ricorrente materialità del reato quanto segue:

“  ..Quanto all’elemento oggettivo, il delitto presupposto del riciclaggio è stato ricavato dalla condotta distrattíva della somma di € 60.000 più IVA compiuta da [omissis], quale amministratore di fatto della società [omissis]  s.p.a., a fronte dell’emissione di una fattura per operazioni inesistenti rilasciata dalla società [omissis]   s.p.a..

La circostanza che la dichiarazione di fallimento della  [omissis]  s.r.l. sia intervenuta successivamente – peraltro nel caso in esame  in un arco temporale assai ristretto di pochi mesi – al compimento della condotta, non esclude il riciclaggio del provento del delitto di bancarotta fraudolenta, in quanto il riciclaggio, al pari della ricettazione, è configurabile anche nell’ipotesi di distrazione compiuta prima della dichiarazione di fallimento in tutti i casi in cui questa era ab origine qualificabile come appropriazione indebita, per effetto del rapporto di progressione criminosa esistente tra le fattispecie che comporta l’assorbimento del delitto di cui all’art. 646 cod. pen. in quello più grave di cui all’art. 216 L.F. quando il soggetto a danno del quale è stata realizzata la condotta appropriativa venga dichiarato fallito (ex multis vedi: Sez. 5, n. 572 del16/11/2016, dep. 2017, Rv. 268600).

Al riguardo, questa Corte ha più volte precisato che integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell’amministratore della società di capitali che abbia distratto somme del patrimoniosociale a favore di terzi che non risultino titolari di diritti di credito ovvero che non abbiano effettuato alcuna prestazione a vantaggio della società e per il perseguimento di un interesse estraneo a quello della persona giuridica (Sez. 2, n.49489 del 25/10/2017, Rv. 271325; Sez. 6, n. 39008 del 6/5/2016, Rv. 268090).

Nel caso in esame, le somme distratte – a fronte di un’inesistente prestazione perseguivano una finalità illecita estranea a quella sociale e confluivano su un conto corrente ove a loro volta venivano poi “spostate” in favore di persone fisiche o giuridiche al fine di farne perdere le tracce”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA