La Cassazione annulla la sentenza che aveva condannato l’infermiera colpevole di aver somministrato al paziente un farmaco sbagliato causandone il decesso.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n.49768.2018 resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione in materia di colpa medica, con la quale è stata scrutinata una fattispecie di responsabilità professionale di natura penale ascritta ad una infermiera  tratta a giudizio per il reato di omicidio colposo secondo l’accusa cagionato per aver somministrato al paziente un farmaco diverso da quello prescritto.

Il caso clinico, l’iter processuale di merito ed il fatto addebitato.

Il doppio giudizio di merito si concludeva con la sentenza della Corte di appello di Firenze confermativa di quella del Tribunale di Siena che aveva condannato l’imputata per il delitto di omicidio colposo infliggendole la pena ritenuta di giustizia.

Dalla lettura della sentenza si ricava che all’infermiera  veniva addebitata l’erronea somministrazione al paziente  di insulina anziché di eparina due giorni prima del programmato intervento chirurgico.

In conseguenza di ciò il paziente andava incontro a un coma ipoglicemico, ben presto divenuto irreversibile, al quale veniva collegato eziologicamente il decesso.

Il giudizio di cassazione ed il principio di diritto.

Contro la sentenza della Corte territoriale gigliata veniva interposto ricorso per cassazione con il quale venivano articolati plurimi motivi di impugnazione impingenti, per quanto qui di interesse, anche il tema della regola cautelare ritenuta violata dai giudici di merito.

La Suprema corte ha accolto il ricorso sul punto e per l’effetto dichiarato estinto il reato per intervenuta prescrizione rimettendo la decisione di merito alla Corte di appello civile competente per il grado.

Di seguito si riporta il passaggio della motivazione di maggiore interesse perché affronta il tema della prova sulla regola cautelare che si assume violata:

“ Si premette che, ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare (Sez. 4, n. 31490 del 14/04/2016, Belli, Rv. 267387: in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia, indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie).

Ed invero, la ricorrente, nel motivo in esame, ammettendo in via ipotetica di essere a lei addebitabile la somministrazione di insulina al [omissis], solleva la questione della regola cautelare che si assume violata (si versa nell’ambito della colpa generica), atteso che il rimprovero mosso alla [omissis] é quello di avere iniettato una sostanza risultata letale (l’insulina) al posto di quella prevista (l’eparina).

Sul punto la Corte gigliata, a pagina 13 della sentenza impugnata, nell’evidente intento di accreditare la tesi della riferibilità soggettiva della somministrazione incriminata alla [omissis], disattende le dichiarazioni del consulente della difesa dott. [omissis] (secondo il quale lo scambio di eparina e insulina non sarebbe stato facile per la diversità dei flaconi) ed afferma, per converso, di propendere per la confondibilità dei due prodotti, illustrando poi le risultanze probatorie rilevanti sul punto.

In tal modo, però, introduce un elemento di elisione della regola cautelare di cui si contesta la violazione, riconducibile a profili organizzativi attinenti alle modalità di conservazione delle due sostanze e – di fatto – alla riconoscibilità e alla distinguibilità del prodotto da somministrare rispetto a quello in concreto somministrato.

Non viene chiarito dalla Corte distrettuale per quali ragioni la possibile confusione tra il flacone di eparina e quello di insulina, determinante l’errore in cui sarebbe caduta la [omissis],debba addebitarsi alla medesima, e non piuttosto, come prospettato nel ricorso in esame, ai soggetti responsabili della conservazione delle suddette sostanze.

Di conseguenza, non è chiarito in cosa sia consistita la negligenza (o l’imprudenza o imperizia) della [omissis] nel prelevare un flacone di insulina avente caratteristiche esteriori tali da renderlo confondibile con quello di eparina.

Su tale questione, deve riconoscersi che la risposta argomentativa della sentenza impugnata si appalesa affatto lacunosa”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA