Integra il reato di falso materiale in atto pubblico la contraffazione delle ricevute di pagamento ad Equitalia commessa dal commercialista in danno del cliente.
Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n. 50196.2019 con la quale il Collegio del diritto ha confermato la sentenza della Corte di appello di Lecce che aveva confermato quella inflitta in primo grado ad un commercialista reo di aver consegnato al cliente ricevute di pagamento quietanzate apparentemente eseguite in favore di Equitalia e sgravi dell’Inps; documenti tutti che in sede processuale si erano rivelati materialmente contraffatti.
Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che la Corte distrettuale leccese, pur ritenendo insussistente il concorrente reato di truffa contestato al professionista, ha statuito che la condotta del fiscalista consistita nell’aver falsificato ed esibito al cliente una comunicazione di sgravio apparentemente proveniente dall’Inps e delle ricevute di pagamenti asseritamente eseguiti in favore dell’Ente di riscossione, costituisce azione integrante il delitto contro la pubblica fede di falso commesso dal privato in atto pubblico previsto e punito dagli artt. 477 e 482 cod. pen.
Contro la sentenza di appello veniva interposto ricorso per cassazione per denunciare con plurimi motivi di doglianza violazione di legge e vizio di motivazione, impingenti, per quanto qui di interesse, il tema della sussistenza del reato di falso in contestazione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
Di seguito si riporta di seguito il passaggio estratto dal compendio motivazionale della sentenza in commento di maggiore rilievo:
“..Quanto, infine, all’assunto che il falso materiale di un atto pubblico o di una certificazione amministrativa è concepibile solo laddove vengano alterati documenti autentici o autenticati o di cui sia stata dichiarata la conformità all’originale, tale tesi risulta infondata alla luce dei principi recentemente affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione, che hanno affermato che «la formazione di un atto inesistente non integra il reato di falsità materiale, salvo che la copia assuma l’apparenza di un atto originale»; per la sussistenza del reato è necessario che «la copia si presenti o venga esibita con caratteristiche tali, di qualsiasi guisa, da voler sembrare un originale, ed averne l’apparenza, ovvero la sua formazione sia idonea e sufficiente a documentare nei confronti dei terzi l’esistenza di un originale conforme; in tal caso la contraffazione si ritiene sanzionabile ex artt. 476 o 477 cod. pen., secondo la natura del documento che mediante la copia viene in realtà falsamente formato o attestato esistente (cfr., in motivazione, Sez. 5, n. 7385 del 14/12/2007, dep. 2008, Favia, Rv. 239112; v., inoltre, Sez. 5, n. 9366 del 22/05/1998, Celestini, Rv. 211443).» e che «lo stesso soggetto che produce la copia deve compiere anche un’attività di contraffazione che vada ad incidere materialmente sui tratti caratterizzanti il documento in tal modo prodotto, attribuendogli una parvenza di originalità, così da farlo sembrare, per la presenza di determinati requisiti formali e sostanziali, un provvedimento originale o la copia conforme, originale, di un tale atto ovvero comunque documentativa dell’esistenza di un atto corrispondente.».
Nel caso di specie il [omissis], sulla base della ricostruzione del fatto operata dal Tribunale di Salerno, ha creato e consegnato alla persona offesa una comunicazione di sgravio redatta su carta intestata dell’INPS e ricevute di pagamento ad Equitalia, in realtà mai emesse dagli enti pubblici, allo scopo di dimostrare l’adempimento dei suoi obblighi; ha, pertanto, prodotto i documenti da lui formati facendoli apparire quali originali e tanto basta per la sussistenza del reato a lui ascritto.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA